
Diritti negati: 30 anni di politiche migratorie in un libro di Asgi e Magistratura democratica
In occasione dei 20 anni del quadrimestrale Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), in collaborazione con Magistratura Democratica (Md), ha pubblicato il volume Ius migrandi. trent’anni di politiche e legislazione sull’immigrazione in Italia, edito da Francoangeli, curato da Monia Giovannetti e Nazzarena Zorzella.
«Lo ius migrandi – si legge nella presentazione del volume –, da secoli riconosciuto come diritto naturale universale e contemplato tra i più importanti principi del diritto internazionale, rivela la sua parziale compiutezza nell'asimmetria esistente tra il riconoscimento di un diritto di emigrare e i limiti imposti all'immigrazione» dai singoli Stati e dall’Unione Europea.
L’analisi degli ultimi 30 anni di leggi e politiche italiane di gestione dei fenomeni migratori «ci permette, da un lato, di riconoscere le costanti insite negli strumenti tecnico-giuridici adottati per governare il fenomeno dell'immigrazione e dall'altra di soffermarsi a riflettere su come garantire oggi il "diritto di avere diritti"».
Il libro, che raccoglie i contributi di circa 50 autori provenienti dal mondo giuridico, dall'università o dalla società civile organizzata, indaga anche gli effetti «sulla condizione dei migranti» causati «dall'esponenziale politicizzazione del fenomeno immigrazione, che ha alimentato la retorica pubblica traducendosi in politiche di esclusione e “disprezzo per il diritto”, e dall'altro lato, la necessità di rivendicare la forza stessa dei diritti universali e indivisibili, in difesa non solo dei migranti ma dell'identità civile e democratica dei nostri ordinamenti».
Il libro di Asgi e Md, secondo Nigrizia, «racconta il fallimento dei governi che si sono succeduti nel nostro Paese, governi incapaci di affrontare in maniera razionale ed efficiente una realtà che, con il tempo, è diventata sempre più una costante storica e strutturale». Tra gli «errori fondamentali» delle politiche migratorie italiane, spiega l’articolo di Jessica Cugini, «l’impossibilità di un ingresso regolare da parte degli immigrati; l’irrigidimento delle politiche volte più al contenimento/espulsione che all’integrazione di chi arriva; la regolarizzazione che passa soprattutto attraverso procedimenti di sanatorie». Il tutto nell’ambito di un quadro politico più ampio, quello europeo, incapace di assumere responsabilità e decisioni condivise, sostenendo politiche di esternalizzazione delle frontiere e delegando a Paesi come Libia e Turchia il lavoro “sporco” dei respingimenti.
Tipico delle politiche italiane, sottolinea ancora Nigrizia, è anche quell’approccio securitario che rende i fenomeni migratori un’emergenza continua, da contenere, controllore, respingere e stigmatizzare. Un problema di pubblica sicurezza più che di accoglienza e integrazione.
È anche grazie a queste politiche emergenziali e miopi «se Straniero irregolare equivale, in Italia, a un nemico esterno, pericoloso criminale cui imputare la mancanza di propri diritti o della propria precarietà (è colui che ruba il lavoro) e insicurezza»; e anche se «Straniero è chi nasce o cresce in Italia, senza avere diritto a diventare cittadino o cittadina» a causa di una legge sulla nazionalità «vecchia di vent’anni»; o, ancora, se «Straniero è chi, comunque privo di diritti, diventa alibi per una mancanza di diritti più ampia di cui diventa capro espiatorio».
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