
Colonia: pubblicato il secondo rapporto sugli abusi chiesto da Woelki. Che ne esce formalmente pulito
COLONIA-ADISTA. È stato reso pubblico il 18 marzo il Rapporto indipendente sulla lotta agli abusi sessuali nell’Arcidiocesi di Colonia che l’arcivescovo card. Rainer Woelki aveva commissionato allo studio legale locale Gercke & Wollschläger, dopo aver rifiutato di pubblicare il primo, dello studio legale di Monaco, per presunti difetti metodologici (v. qui, qui, qui e qui).
Come prevedibile, la figura del cardinale esce immacolata da questo secondo rapporto, non comparendo a suo carico alcuna violazione dei doveri in termini di gestione degli abusi, mentre al contrario vengono citati altri ecclesiastici di Colonia.
Un terzo di tutte le violazioni ricade sull'ex arcivescovo Joachim Meisner, deceduto nel 2017. In 14 dossier sono state accertate 24 violazioni: del dovere di informare, di denunciare, di sanzionare e di prevenire e di prendersi cura delle vittime (le cinque tipologie di doveri stabilite dagli avvocati). Oltre all'archivio arcivescovile, Meisner aveva una sua cartella personale intitolata "Fratelli nella nebbia", nella quale, secondo Gercke, «conservava documenti che richiedevano riservatezza».
Il rapporto risale anche al predecessore di Meisner, Joseph Höffner (morto nel 1987), responsabile di otto violazioni in sei casi; accusa l'ex direttore del personale nonché vicario generale, attualmente arcivescovo di Amburgo, mons. Stefan Heße, di undici violazioni in nove casi; il vicario generale mons. Norbert Feldhoff (13 violazioni in otto fascicoli), l'ex vicario generale e attuale vescovo ausiliare mons. Dominikus Schwaderlapp di otto violazioni in cinque fascicoli; il ruolo del funzionario Günter Assenmacher non può essere chiarito in modo definitivo, ma è appurato che ha fornito due volte informazioni legali errate.
Woelki non ha perso tempo e ha immediatamente sollevato dal loro incarico tanto Assenmacher quanto Schwaderlapp. Inoltre, inoltrerà il rapporto a Roma. Ha detto di aver «desiderato, vissuto ma anche temuto questo giorno come nient'altro», ha detto Woelki; è noto da anni che vi erano sacerdoti colpevoli che non erano stati puniti o che le persone colpite non venivano prese sul serio o protette «Questo è un insabbiamento», ha aggiunto, spiegando che i responsabili non avevano denunciato i fatti a Roma e apparentemente avevano impedito il procedimento, o non sanzionato. Ha accennato a una dichiarazione di Meisner: «“Niente di sospetto”, il che oggi non è più possibile e pensabile». Woelki ha anche sottolineato che le violazioni hanno riguardato esclusivamente casi in cui i sospettati erano preti: «Questo la dice lunga, mi tocca e mi fa vergognare profondamente».
I dati del rapporto
Il rapporto - oltre 800 pagine – copre il periodo dal 1975 al 2018 ed esamina in dettaglio 236 fascicoli, riferendo di 314 vittime di abusi sessuali, tutti minori tranne uno, e di 202 aggressori, di cui quasi due terzi appartenenti al clero, il 33% laici e il 4% istituzioni. La maggior parte delle 314 persone colpite sono maschi (57%). Tutti i dati fanno riferimento esclusivamente a un'analisi dei dossier. Il 55% delle vittime aveva fino a 14 anni, per il 18,8% non c'erano informazioni precise sull’età, ma si è scoperto che erano minorenni. Gli adulti costituivano solo lo 0,3 per cento delle persone colpite.
I reati sono in gran parte di natura sessuale: 31,8% di abuso, 16,9% di violazione della relazione a distanza, 15,3% di abusi sessuali gravi, 5,7% di altre violazioni sessuali e «rapporti sessuali non chiari», 15% di elementi non specificati con "riferimento al sesso". Il 9,6% dei casi riguardava violazioni dei confini verbali. Un quarto delle aggressioni è avvenuto durante incontri privati, il resto in vari campi di attività della Chiesa, come la scuola e il lavoro giovanile.
Il 36% dei casi risale a prima del 1975; dal 2010 c'è stato un rinnovato aumento, poco più di un quarto dei casi sospetti sono stati individuati durante questo periodo, mentre è contestualmente aumentato il numero di casi sospetti divenuti noti. Quasi tre quarti dei casi sono diventati noti solo da quel momento in poi. Nel periodo dal 1975 al 1979, invece, non si conosceva alcun caso, sebbene il 40 per cento dei presunti reati sia avvenuto durante o prima di tale periodo.
La responsabilità di Woelki
Nel dicembre 2018, Woelki aveva inizialmente incaricato lo studio legale di Monaco Westpfahl Spilker Wastl (WSW) di un parere su come affrontare i casi di abuso nella sua diocesi. Occorreva esaminare i dossier per vedere se le autorità diocesane avevano agito in conformità con la legge della Chiesa e dello Stato. La presentazione di questo rapporto è stata inizialmente rinviata a marzo 2020 e poi completamente annullata da Woelki lo scorso ottobre per "carenze metodologiche". Ma alcune informazioni contenute nel rapporto sono comunque filtrate all’esterno: come gli insabbiamenti dell’attuale vescovo di Amburgo Heße, quando era responsabile delle risorse umane a Colonia. Tuttavia, secondo una ricerca del quotidiano Kölner Stadt-Anzeiger, lo stesso Woelki non avrebbe denunciato accuse contro un prete di cui era amico a Roma; il Vaticano non ha visto in questo alcun comportamento scorretto da parte del pastore. La notizia, però, ha fatto scalpore a livello locale tanto da spingere associazioni laicali e parroci di Colonia a chiedere le dimissioni di Woelki.
Certamente, l’azione maldestra di Woelki e la “comunicazione catastrofica” che l’ha accompagnata hanno peggiorato le cose. Il rapporto di Gercke giunge ora a “ripulire” provvidenzialmente l’immagine dell’arcivescovo dai sospetti, nonostante la mancata denuncia dell’amico sacerdote O. di Düsseldorf, morto nel 2017.
L'indagine, che contiene anche dichiarazioni di Woelki e di altri funzionari della chiesa, presenta il caso come segue: sembra che O. abbia abusato sessualmente di un bambino in età da asilo negli anni '70. Nel 2010 l'interessato si è presentato per la prima volta all'Arcidiocesi e nel 2011 ha approfondito le accuse. L'allora responsabile delle risorse umane, Stefan Heße, invitò la vittima a un colloquio, ma per motivi di salute e perché viveva lontano, l'interessato non si presentò. Tuttavia, ricevette un risarcimento di 15.000 euro dall'Ufficio centrale di coordinamento della Conferenza episcopale tedesca, tre volte la cifra normale a quell’epoca: evidentemente il suo racconto era considerato credibile. Secondo il rapporto, Heße telefonò a Woelki, a quel tempo vescovo ausiliare, in merito alla questione nel giugno 2011. Era responsabile della regione nord, in cui O., suo amico da molto tempo, era attivo. Heße gli chiese se potesse immaginare che O. avesse commesso un abuso, cosa che Woelki negò. Tuttavia, Heße tacque delle accuse specifiche ed evitò di indagare.
Non è stata condotta un'indagine canonica preliminare e il caso non è stato denunciato al Vaticano: due violazioni che gli esperti attribuiscono all'arcivescovo Joachim Meisner (1933-2017), all'epoca il responsabile. Avrebbe dovuto avviare un'indagine preliminare, indipendentemente dalle valutazioni di Woelki su O. Senza dire che il caso avrebbe dovuto essere denunciato anche al pubblico ministero, secondo gli esperti legali.
Nel 2014, quando diventò arcivescovo di Colonia, Woelki fece stilare un elenco di sacerdoti sospettati di abusi. Quando arrivò al nome di O., chiese i file e scoprì le accuse specifiche contro il suo amico. Avrebbe dovuto avviare un'indagine preliminare canonica e denunciare il caso a Roma, ma non fece nessuna delle due cose. Qui gli estensori del rapporto appena pubblicato sostengono la posizione di Woelki risollevando un argomento che l'Arcidiocesi aveva già avanzato: O. versava in pessime condizioni di salute e non poteva essere interrogato. Il procedimento penale contro O. non avrebbe più potuto essere avviato.
Secondo alcuni canonisti, tuttavia, Woelki sarebbe stato comunque obbligato a denunciare il caso a Roma. Per l’avvocato Gercke, d'altra parte, in base alla situazione giuridica dell'epoca, a differenza di oggi, ciò non era obbligatorio: l'arcivescovo non avrebbe dunque violato il suo dovere di fornire informazioni. E anche il primo rapporto, sostiene l’avvocato, avrebbe “assolto” Woelki. Se ne attende dunque la pubblicazione, prevista per fine marzo, per poter confrontare i risultati.
Nel frattempo, Woelki ha annunciato la creazione di una commissione indipendente – composta di esperti di varie discipline - alla quale affiderà la gestione dei casi di abuso. «Ma una prima promessa è stata finalmente mantenuta – ha detto - scoprire ciò che è stato e ciò che è. Per chiarire gli insabbiamenti e far luce su chi siano stati i responsabili».
* Foto di Raimond Spekking tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!