
Yemen, «una vera catastrofe umanitaria»: Oxfam a 6 anni dall'inizio della guerra
250mila morti, 16 milioni di abitanti senza cibo, 2.2 milioni di bambini in emergenza fame, oltre 5 milioni di persone in fuga, infrastrutture distrutte, uno dei tassi di mortalità da Covid-19 più alti del mondo… A sei anni dall’inizio della guerra (22 marzo 2015), Oxfam torna a denunciare la pesantissima situazione in cui versa la popolazione yemenita, vessata dal conflitto e dalle sue conseguenze – «uno dei più sanguinosi della storia recente» – e, oggi, anche dalla pandemia. Tra le altre cose, la coalizione a guida saudita ha bombardato anche numerose strutture sanitarie, dimezzando in tutto il Paese la disponibilità di ospedali, i quali riescono a garantire appena 700 posti di terapia intensiva, non più di 500 ventilatori polmonari e, al momento, ancora nessun vaccino.
«Lo Yemen è preda di una vera catastrofe umanitaria», spiega l’organizzazione umanitaria, che nel Paese sostiene la popolazione con progetti – che è possibile sostenere con delle donazioni – di assistenza sanitaria per il contenimento del contagio da coronavirus e in difesa dei diritti delle donne. E mentre le Nazioni Unite parlano della «più grave carestia mai vista negli ultimi decenni», Oxfam «rilancia un appello urgente alla comunità internazionale perché agisca sulle parti in conflitto per arrivare ad una pace immediata, aumentando i fondi per sostenere la risposta umanitaria».
Con un sistema sanitario azzerato, in un contesto di guerra senza regole, è difficile testare e diagnosticare la reale incidenza del virus nel Paese. In molti non possono farsi curare, altri non riescono ad accede ai pochi ospedali rimasti, denuncia Paolo Pezzati (policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia): «È difficile quantificare la reale portata del problema, ma lo scenario lascia intendere che il Covid stia accelerando rapidamente. Ogni giorno si è testimoni di nuove tragedie e molte morti, senza cure mediche, sono addebitabili a sintomi simili al Covid».
Intanto il conflitto divampa a Marib (città a 200 km dalla capitale Sana’a) e innesca nuove ondate migratorie, prosegue Pezzati. La popolazione «ogni giorno deve scegliere se restare, rischiando la vita, o scappare. Molti bambini continuano a morire negli scontri; si cerca riparo nel deserto dove non c'è né acqua, né cibo. Le responsabilità delle grandi potenze internazionali, tra cui l’Italia, che per anni hanno venduto armi alle parti in conflitto, sono evidenti e devono una volta per tutte scuotere le coscienze di tutti».
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