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Responsum dell'ex Sant'Uffizio: intervista a don Dino D'Aloia

Responsum dell'ex Sant'Uffizio: intervista a don Dino D'Aloia

A pochi giorni dal Responsum del 15 marzo scorso, con cui la Congregazione per la Dottrina della Fede ha decretato il “no” alla benedizione delle unioni omoaffettive, don Dino D’Aloia, parroco della Parrocchia di Sant’Antonio da Padova del Comune di San Paolo di Civitate (Foggia), ha diffuso una lettera aperta (qui il testo integrale, qui la notizia di Adista) che invita papa Francesco a rivedere quella posizione. Fabio Trimigno, del gruppo “Zaccheo” di cristiani Lgbt pugliesi, ha scambiato con lui alcune impressioni e lo ha intervistato per Adista.


Il Responsum del 15 Marzo 2021 che la Congregazione per la Dottrina della Fede ha dato al quesito se “La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?” ha creato non poca amarezza tra gli omosessuali cattolici. Qual’ è il tuo pensiero in merito al Responsum?

Credo davvero, come ha detto Jeorg Batzing il presidente della Conferenza dei vescovi tedeschi, che ad un tema così delicato andava data una risposta più articolata e, aggiungo io, più aderente oltre che alle conoscenze scientifiche acquisite negli ultimi decenni in materia, anche ai documenti ufficiali quali l’enciclica Amoris Laetitia e il volume Cosa è l’uomo della Pontificia Commissione Biblica. Pare proprio che i dicasteri vaticani caminino in ordine sparso e senza coordinamento tra loro. Forse gli estensori di questo Responsum non hanno avuto la possibilità e la grazia di accompagnare dal vivo i cammini e le esperienze omoaffettive di cui parlano. La vita vissuta delle persone omosessuali la si incontra molto meglio mettendo da parte i sillogismi dei concetti astratti dei libri e guardando da vicino i visi di carne. Capisco bene - e me ne dispiaccio profondamente - il dolore che ha potuto provare chi ha visto chiamare "peccato" la propria storia di amore. È come aver visto buttare la propria gioielleria nel fango. Bisogna essere cauti nell’usare le parole perché a volte non promuovono vita ma rassomigliano a pietre usate per lapidare il condannato di turno.

Inoltre penso anche che l’uscita del Responsum era inopportuna visto che la chiesa tedesca si sta cimentando nel suo sinodo anche su questo tema. A che serve promuovere l’ascolto di una Chiesa dal basso se prima ancora che si esprima le diciamo cosa deve essere tenuto fermo? Ci vuole il coraggio di portare a termine le prospettive incoraggiate e intraprese. A meno che non si sia voluto giocare di nuovo d’anticipo, come è stato fatto con la questione del celibato dei preti in Amazzonia con il libro di Benedetto XVI ma in questo caso le consultazioni del popolo di Dio sarebbero solo un pro-forma.

Ma se “i visi di carne" di cui tu parli sono i volti di uomini e donne, storie incarnate di figli e figlie di Dio, si può ritenere "peccato" il progetto di vita e l'aspetto unitivo di una coppia omoaffettiva?

Credo che la parola peccato, che vuol dire "mancare il bersaglio", non raggiungere cioè l'obiettivo che è appunto l'amore e la gioia di tutti non abbia nulla a che vedere con l'unione oblativa fra due persone omo o etero in cui troviamo fedeltà, cura, tenerezza, responsabilità. Queste cose sono invece frutti della Grazia e vengono da Dio che ne è l'unica fonte.

Il Catechismo delle Chiesa Cattolica (n.2358) afferma che «un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate». Dunque se l’omosessualità è profondamente radicata in una creatura, ciò significa che Dio stesso ha radicato nelle profondità di quella creatura una inclinazione naturale, frutto della Sua grazia. Come può allora questa inclinazione, frutto di una volontà divina, essere considerata oggettivamente disordinata?

Sulla genesi dell'omosessualità ci sono tanti pareri anche discordanti. Fatto sta che le persone omosessuali la descrivono non come una scelta ma come un modo di essere e di percepire la vita e le relazioni estremamente profondo, connaturato a loro, qualcosa che non è possibile sradicare dalla propria vita. Non possono esistere e amare che in questo modo. Questo è già sufficiente per dire che questa è la loro natura, il modo in cui devono vivere ed essere felici. Ogni uomo ha diritto a fare tutto ciò che può fare per essere felice già in questa vita. Questo mi sembra il più grande dei dogmi. A questo dogma poi va aggiunto un altro: Dio vuole la nostra felicità, perché se il nostro Dio non la volesse siamo noi che non vogliamo avere nulla a che fare con Lui!

Secondo la tua esperienza di sacerdote e parroco, una coppia omoaffettiva, a prescindere se sia ufficialmente benedetta o meno dalla Chiesa, può aspirare ad essere "una sola carne" per una testimonianza cristiana?

Tutti coloro che si vogliono davvero bene diventano una sola carne e gli omosessuali non costituiscono un'eccezione a questa regola umana e cristiana e quindi anche le loro coppie possono testimoniare che l'amore di Dio e degli uomini esiste per davvero.

Gli omosessuali cristiani posso considerarsi “un dono” per la Chiesa universale ed essere strumento per aiutare a comprendere sempre più il mistero di Dio e il Suo amore per l’umanità?

Ogni uomo, ogni amicizia, ogni affetto, ogni bacio, ogni offerta di sé ci spiega nella carne il mistero di Dio. Sono strumenti, esperienze vive e sacramenti con cui esperimentiamo la Bellezza profonda delle cose, del cielo, delle rose.

Alla luce del Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede, diversi religiosi e religiose - che seguono persone Lgbt sia in cammini individuali che in percorsi attuati nelle linee pastorali di alcune Diocesi - temono che molti si allontaneranno dalla Chiesa. Tu, come uomo, fratello, amico e sacerdote cosa senti di dire a noi cristiani Lgbt, credenti e resistenti a questi colpi di pietre?

Sinceramente sono stupito nel vedere come, malgrado non siano molto accettati, diversi omosessuali continuino a voler restare legati alla Chiesa. Li ammiro molto. Vuol dire che le riconoscono comunque il ruolo di madre anche se spesso li tratta da figli. Capisco anche che tanti siano già andati via perché non deve essere facile. Ci si può stancare e andar via sbattendo la porta. Tuttavia la Chiesa e la sua stessa dottrina offrono gli strumenti utili per vivere la propria vita a una profondità maggiore che sa fare a meno anche della benedizione pubblica. Sto parlando della coscienza morale che è la facoltà più intima e autorevole che, dopo che abbiamo molto pregato e che ci siamo messi in rispettoso ascolto dell'insegnamento della Chiesa, deve emettere il suo giudizio in autonomia e guidarci ad agire di conseguenza. A quel punto, forti e sereni della nostra scelta davanti a Dio sapremo pregare per la Chiesa ed aiutarla con la parola e l'esempio a crescere e a camminare con noi come i figli fanno tante volte con i genitori quando si tratta di fargli capire le cose nuove della vita in cui spesso i giovani sanno di più degli anziani. Sappiano dunque le persone lgbt che hanno questa missione di pazienza e tenacia nella vita della chiesa. Non demordano, è importante. Inoltre sapranno che ormai degli spazi si sono aperti e troveranno diverse associazioni e tanti religiosi e religiose che potranno costituire quei punti di riferimento amorevoli, quel volto di Chiesa davvero accogliente di cui loro e tutti noi abbiamo sempre tanto bisogno.


* Immagine di ___GDM___!, tratta dal sito Wikimedia Commons. Licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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