
Quell’orrore si poteva evitare: "Africa" ricorda il genocidio del Ruanda
Il 7 aprile 1994 è la data che segna, nella memoria storica africana ma anche mondiale, l’inizio dell’orrore più assoluto, quello che nemmeno si riesce a raccontare senza rabbrividire. Nei 100 giorni del genocidio ruandese persero la vita a colpi di machete circa 800mila persone, per lo più appartenenti alla minoranza tutsi ma anche hutu cosiddetti “moderati”, secondo alcune stime anche un milione. Altri 2 milioni di persone si videro costrette a fuggire oltreconfine. Eppure, di quella atrocità, la comunità internazionale era ben informata, denuncia la rivista Africa dei padri bianchi. «Rappresentanti del cosiddetto “mondo avanzato” che si presero a cuore le vicende del piccolo Paese africano non ve ne furono molti», si legge nell’articolo dal titolo “Il genocidio che si poteva evitare”. Alla guida dei caschi blu dell’Onu in Ruanda c’era allora il generale canadese Roméo Dallaire il quale ha pagato tanto orrore con una «forma particolarmente grave di disturbo post-traumatico da stress, che lo ha spinto nel 2000 a un tentativo di suicidio», ricostruisce l’autore dell’articolo Daniele Scaglione, saggista che sul genocidio del 1994 ha scritto Rwanda. Istruzioni per un genocidio (Infinito, 2010) e Rwanda, la cattiva memoria (Infinito, 2014; con Françoise Kankindi).
Ed è proprio Dallaire la figura chiave che accompagna il ricordo dell’orrore ruandese nell’articolo di Africa. Dopo i «cento giorni di follia», il generale – che parlava consapevolmente di «ferite da peacekeeping» e che si sentiva responsabile di tanto orrore – «veniva assalito da incubi in cui vedeva corpi mutilati e cadaveri in decomposizione, cadeva in profonde crisi depressive, manifestava tendenze suicide».
Dellaire si sentiva responsabile, non altrettanto i leader dei Paesi occidentali, che si voltarono sistematicamente dall’altra parte, lasciando che l’orrore si consumasse. «Il genocidio del Ruanda – spiega Africa – non sarebbe stato possibile se i colonizzatori europei non avessero enfatizzato e ufficializzato la divisione tra Hutu e Tutsi; se questa divisione non fosse poi stata strumentalizzata da chi ha guidato il Paese dopo l’indipendenza. Non ci sarebbe stato un massacro così grande in così poco tempo (un ritmo di morte confrontabile solo a quello di Auschwitz) se un gruppo di estremisti non lo avesse pianificato in modo meticoloso e scientifico, arruolando e armando forse oltre un milione di assassini. E il genocidio si sarebbe potuto evitare, si sarebbe potuto fermare, se il generale Roméo Dallaire avesse ricevuto i 5000 soldati ben addestrati che chiedeva. Ma quei soldati non sono mai arrivati».
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