
Hans Küng: il debito che ho anch’io
Se ne va il pensatore/teologo che più di tutti aveva raccolto il coraggio del papa più grande degli ultimi secoli, Giovanni XXIII, lo aveva seguito nella costruzione del Vaticano II e continuava e cercare di realizzarne lo Spirito: una schiena abbastanza dritta per conservare la coerenza, intellettuale e di coscienza, nei confronti di una Chiesa riluttante a rileggere meglio un vangelo mai esaurito nel tempo. I nemici del Concilio - inutile tergiversare - avrebbero vinto se non fosse per i pochi resistenti che stanno purtroppo venendoci meno. Mi assumo la responsabilità di non riuscire a dimenticare l’invito a pranzo di papa Benedetto XVI neoeletto che credevo risarcitorio delle condanne da lui stesso patrocinate e dell’amicizia perduta dal tempo comune a Tubinga quando il ’68 esaltava gli studenti attorno al più brillante dei due. Non ci fu alcun nuovo inizio relazionale, né una riabilitazione delle opere dello studioso uomo di fede e teologo destinato a restare nella storia di questi anni. La comune generazione che mordeva il freno sotto Pio XII e non si allontanò dalla fede solo perché incontrò un papa che le ridiede vita e perché incontrò molti spiriti magni che nutrirono le nostre menti, non può non sentire l’assenza di un altro punto di riferimento che si alllontana. Ma sente anche che tutti quelli che l’hanno stimato non possono limitarsi a rimpiangerlo: se Francesco, con altro stile, accompagna la memoria del Concilio, siamo ancora impegnati a sostenere la fatica di resistere al presente scivolamento all'indietro. I libri di Hans sono qui, scritti in maniera chiara e vanno ancora riletti e discussi pubblicamente e portati nelle scuole, teologiche e non.
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