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Torino: archiviata l'inchiesta sulle vocazioni forzate

Torino: archiviata l'inchiesta sulle vocazioni forzate

TORINO-ADISTA. Nessuna prova che la volontà delle ragazze sia stata forzata: si conclude così, con l’archiviazione, l’indagine del sostituto procuratore Marco Salini sui tre preti torinesi don Salvatore Vitiello, don Damiano Cavallaro e don Luciano Tiso (v. Adista nn. 17, 18, 20, 22, 31, 35/20), accusati di violenza privata nei confronti di alcune ragazze, “trascinate” alla vita religiosa con sistemi di controllo, isolamento dal contesto familiare e pressioni sulle loro scelte. A livello penale, insomma, il comportamento dei tre preti tradizionalisti, tutti legati all’Associazione "Logos e persona", non è stato giudicato sanzionabile. Ne ha dato notizia, il 10 aprile, l’edizione torinese del quotidiano la Repubblica, precisando che sono stati passati al vaglio anche bonifici e trasferimenti di denaro.

Interlocutorio, fino a ora, l’atteggiamento dell’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia, che in una lettera al clero cittadino della primavera dello scorso anno aveva nei fatti preso le parti dei tre preti, attribuendo il conflitto a una presunta contrarietà da parte delle famiglie delle ragazze alla loro vocazione, quando invece, secondo le testimonianze delle famiglie stesse, non vi sarebbe stata alcuna opposizione alla scelta delle figlie ma semmai una forte preoccupazione per i metodi invasivi adottati dai tre preti, informati alla volontà di un controllo totale della vita delle ragazze, fino a isolarle dalla famiglia, secondo un copione che rimanda a dinamiche settarie e di abuso psicologico. Allo stesso tempo, Nosiglia ha sempre dato l’impressione di voler minimizzare la gravità della denuncia in Procura, cui nella lettera al clero non faceva riferimento, rimandando solo a «articoli di stampa o “opinioni” espresse sui social». L’arcivescovo, in ogni caso, affermava di essere stato sollecitato da alcuni preti della diocesi a intervenire «con concrete e specifiche decisioni, cosa che faremo, ma sempre in una prospettiva ecclesiale e dunque riservata e secondo le norme prescritte». A settembre, poi, una nota del Consiglio presbiterale su “Preti e discernimento vocazionale”: il richiamo ai tre preti c’era, benché giocato diplomaticamente come invito ad allargare la questione delle vocazioni alla comunità tutta.

Mentre le motivazioni precise dell’archiviazione non sono ancora note, alcune famiglie, rappresentate dall’avvocato Francesca Violante, stanno valutando l’ipotesi di opporsi al provvedimento. Gli avvocati dei tre preti, Mauro Ronco e Carmelo Leotta, hanno peraltro insistito sulla totale libertà di scelta delle ragazze, e sul carattere di?assistenza spirituale?dell’attività dei preti.


A livello pastorale, in ogni caso, c’è qualcosa di profondamente problematico su cui si attende (per ora invano) una seria presa di posizione da parte di Nosiglia. A fronte dei metodi discutibili di “reclutamento”delle giovani novizie, infatti, ci sono altri aspetti che devono essere indagati a fondo, come la "complicità di comunità religiose che accolgono vocazioni in questo modo, senza discernimento, senza cammino, senza che trascorra neanche un tempo congruo di conoscenza reciproca tra le ragazze e le comunità in cui dovranno entrare", come aveva sottolineato la teologa torinese Laura Verrani, attiva nel team femminile che raccoglie le denunce di vittime attraverso una casella di posta elettronica dedicata (vocazioniforzate@gmail.com, v. Adista Notizie n. 31/20). Una casella che, oltre ad accogliere famiglie allarmate, che riferiscono identiche modalità di cooptazione, testimonia situazioni pastorali, in alcune parrocchie torinesi, di per sé non collegate ai tre preti ma che si assomigliano relativamente allo stile ecclesiale imposto. Si tratts di preti ultraconservatori che, appena si insediano in una comunità parrocchiale, la trasformano imprimendole una direzione decisamente anticonciliare, esprimendo un potere assoluto rispetto ai fedeli e, come nel caso di Vitiello e compagni, una precisa ecclesiologia, in cui il sacerdote è il «cristiano di serie A». Un clericalismo che sfocia nell’ abuso, più o meno velato, più o meno grave, a seconda dei casi.

La Chiesa locale, insomma, è fortemente polarizzata e sofferente, e l’archiviazione degli aspetti penali della vicenda dei tre preti rischia di risultare funzionale a un’analoga archiviazione, se non formale almeno sostanziale, degli aspetti teologico-pastorali del caso da parte della gerarchia  (sia diocesana che vaticana,  investita del caso). Il tutto in una fase molto delicata per Torino, prossima al passaggio di consegne dalla gestione Nosiglia – il cui mandato è già stato prolungato di due anni, fino al prossimo autunno – a una nuova, sotto la quale le diocesi di Torino, Susa e Pinerolo potrebbero diventare una sola. Nosiglia cercherà una soluzione, si farà forte dell’archiviazione della Procura o passerà il dossier al suo successore?

 

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