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Un Piano di Ripresa senza coraggio. L’affondo di Sbilanciamoci!

Un Piano di Ripresa senza coraggio. L’affondo di Sbilanciamoci!

“Manca il coraggio di cambiare”, scrive Giulio Marcon, deputato dal 2013 al 2018 con Sinistra Ecologia e Libertà, oggi portavoce della Campagna Sbilanciamoci! (alla quale aderiscono numerose realtà laiche e di ispirazione religiosa come ActionAid, Altreconomia, Arci, Associazione Obiettori Nonviolenti, Associazione per la Pace, Beati i Costruttori di Pace, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Emergency, Emmaus Italia, Fondazione Finanza Etica, Legambiente, Lunaria, Mani Tese, Nigrizia, Pax Christi, Un ponte per… e WWF Italia).

A cominciare da un’analisi delle parole contenute nelle oltre 300 pagine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) presentato da Mario Draghi e poi trasmesso alle Camere tre giorni fa, «le parole “competizione”, “concorrenza” e “impresa” ricorrono 257 volte: il doppio delle citazioni di “lavoro”; mentre “diseguaglianze” solo 7 volte». Ma non è solo una questione, seppur importante, di lessico. Infatti, denuncia ancora Marcon, «alle imprese vanno 50 miliardi, al lavoro solo 6,6. Un piano senza coraggio». Con «un impianto tecnocratico e liberista», il Pnrr presenta una serie di riforme sicuramente interessanti ma mancano «quelle che potrebbero dare il senso di un cambiamento sociale e più giusto del Paese»: niente svolta, dunque, su fisco, mercato del lavoro, sanità pubblica, intervento pubblico in economia, politica industriale, strategie di lotta alla disuguaglianza (anche digitale e sanitaria), ecc. «Il discorso è sempre lo stesso», attacca il portavoce di Sbilanciamoci!: «Con la crescita si risolverà tutto. Ricetta falsa: non è così e non è stato così in questi anni».

Poco coraggio anche dal punto di vista ambientale (bonus 110%, idrogeno, sussidi ambientalmente dannosi, semplificazioni (o deregolamentazione) per la Valutazione d’Impatto Ambientale e codice appalti, infrastrutture satellitari) e «molti dubbi anche sulla governance».

Insomma, scrive Marcon, «si doveva fare diversamente. Un piano con molte cose utili (ma anche diverse sbagliate) in una cornice liberista, sempre la stessa, sbagliata e fallimentare, senza il coraggio di affrontare i nodi di una economia diversa fondata sul cambiamento radicale del modello di sviluppo che ci sta portando alla rovina. Senza mai metterlo in discussione».

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