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Note sul discorso di papa Francesco all'Organizzazione Mondiale del Lavoro

Note sul discorso di papa Francesco all'Organizzazione Mondiale del Lavoro

In questi giorni Francesco fa notizia da ospedalizzato e non ha ancora fatto conoscere qualche nuova dichiarazione sorprendente. In mancanza, mi premuro a far conoscere un documento è stato presentato dai media come una delle solite adesioni di dovere alle rituali scadenze dei grandi organismi internazionali. Il testo del Videomessaggio del Santo Padre Francesco In occasione della 109a  Conferenza Internazionale Del Lavoro (Ginevra, 17 Giugno 2021) è stato regolarmente pubblicato (e da me trascritto) dall'Osservatore Romano e fortunatamente conservato nell'edizione spagnola, per sanare una lacuna che ho tradotto ed è in corsivo. Non ci sono stati commenti specifici ad un discorso davvero impegnativo.

Perché questo testo è un po' come una Rerum novarum, ma Francesco non concede né mediazioni né sconti.

Per questo credo che sia bene farla leggere. La complessità dell'intervento richiede una lettura paziente e mi sono permessa di selezionare le citazioni che sottolineano la crisi attuale che attanaglia diritti ritenuti acquisiti e che vanno costantemente rinnovati seguando i cambiamenti di vita e di storia.

Omessi i convenevoli d'apertura, Francesco ha presentato all'Oil una eccezionale sollecitazione alla grande politica:

 

<<Questa Conferenza e? stata convocata in un momento cruciale della storia sociale ed economica, che presenta gravi e vaste sfide per il mondo intero. Negli ultimi mesi, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, attraverso i suoi resoconti periodici, ha svolto un lavoro encomiabile, dedicando particolare attenzione ai nostri fratelli e sorelle piu? vulnerabili.

Durante la persistente crisi, dovremmo continuare a esercitare una “cura particolare” del bene comune. Molti degli sconvolgimenti possibili e previsti ancora non si sono manifestati, pertanto si richiederanno decisioni attente. La diminuzione delle ore di lavoro negli ultimi anni si e? tradotta sia in perdita di posti di lavoro sia in una riduzione della giornata lavorativa di quanti mantengono il proprio lavoro. Molti servizi pubblici, come pure imprese, hanno dovuto far fronte a difficolta? tremende, alcuni correndo il rischio di fallimento totale o parziale. In tutto il mondo abbiamo osservato nel 2020 una perdita di posti di lavoro senza precedenti.

Con la fretta di tornare a una maggiore attivita? economica, al termine della minaccia del Covid- 19, evitiamo le passate fissazioni sul profitto, l’isolamento e il nazionalismo, il consumismo cieco e la negazione delle chiare evidenze che segnalano la discriminazione dei nostri fratelli e sorelle “scartabili” nella nostra societa?. Al contrario, ricerchiamo soluzioni che ci aiutino a costruire un nuovo futuro del lavoro fondato su condizioni lavorative decenti e dignitose, che provenga da una negoziazione collettiva, e che promuova il bene comune, una base che fara? del lavoro una componente essenziale della nostra cura della societa? e della creazione. In tal senso, il lavoro e? veramente ed essenzialmente umano. D i questo si tratta, che sia umano.

Ricordando il ruolo fondamentale che svolgono questa Organizzazione e questa Conferenza come ambiti privilegiati per il dialogo costruttivo, siamo chiamati a dare priorita? alla nostra risposta ai lavoratori che si trovano ai margini del mondo del lavoro e che si vedono ancora colpiti dalla pandemia di Covid-19; i lavoratori poco qualificati, i lavoratori a giornata, quelli del settore informale, i lavoratori migranti e rifugiati, quanti svolgono quello che si e? soliti denominare “il lavoro delle tre dimensioni”: pericoloso, sporco e degradante, e l’elenco potrebbe andare avanti.

Molti migranti e lavoratori vulnerabili, insieme alle loro famiglie, generalmente restano esclusi dall’accesso a programmi nazionali di promozione della salute, prevenzione delle malattie, cure e assistenza, come pure dai piani di protezione finanziaria e dai servizi psicosociali. E? uno dei tanti casi di quella filosofia dello scarto che ci siamo abituati a imporre nelle nostre societa?. Questa esclusione complica l’individuazione precoce, l’esecuzione di test, la diagnosi, il tracciamento dei contatti e la ricerca di assistenza medica per il Covid-19 per i rifugiati e i migranti, e aumenta quindi il rischio che si producano focolai tra quelle popolazioni. Tali focolai possono non essere controllati o addirittura nascosti consapevolmente, il che costituisce un’ulteriore minaccia per la salute pubblica.

La mancanza di misure di tutela sociale di fronte all’impatto del Covid-19 ha provocato un aumento della poverta?, la disoccupazione, la sottoccupazione, l’incremento della informalita? del lavoro, il ritardo nell’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, il che e? molto grave, l’aumento del lavoro infantile, il che e? ancora piu? grave, la vulnerabilita? al traffico di persone, l’insicurezza alimentare e una maggiore esposi- zione all’infezione tra popolazioni come i malati e gli anziani. A tale riguardo ringrazio per questa opportunita? di esporre alcune preoccupazioni e osservazioni chiave.

 

In primo luogo, e? missione fondamentale della Chiesa fare appello a tutti a lavorare congiuntamente, con i governi, le organizzazioni multilaterali e la societa? civile, per servire e prendersi cura del bene comune e garantire la partecipazione di tutti in questo impegno. Nessuno dovrebbe essere lasciato da parte in un dialogo per il bene comune, il cui obiettivo e?, soprattutto, costruire, consolidare la pace e la fiducia tra tutti. I piu? vulnerabili — i giovani, i migranti, le comunita? indigene, i poveri — non possono essere lasciati da parte in un dialogo che dovrebbe riunire anche governi, imprenditori e lavoratori. E? altresi? essenziale che tutte le confessioni e le comunita? religiose s’impegnino insieme. La Chiesa ha una lunga esperienza nella partecipazione a questi dialoghi attraverso le sue comunita? locali, movimenti popolari e organizzazioni, e si offre al mondo come costruttrice di ponti per aiutare a creare le condizioni di tale dialogo o, ove opportuno, aiutare a facilitarlo. Questi dialoghi per il bene comune sono essenziali al fine di costruire un futuro solidale e sostenibile della nostra casa comune e dovrebbero tenersi a livello sia comunitario sia nazionale e internazionale. E una delle caratteristiche del vero dialogo e? che quanti dialogano siano sullo stesso piano di diritti e doveri. E non che uno che ha meno diritti o piu? diritti dialoghi con uno che non li ha. Lo stesso livello di diritti e doveri garantisce cosi? un dialogo serio.

 

In secondo luogo, e? anche essenziale per la missione della Chiesa garantire che tutti ottengono la protezione di cui hanno bisogno a seconda delle loro vulnerabilita?: malattia, eta?, disabilita?, dislocamento, emarginazione o dipendenza. I sistemi di protezione sociale, che a loro volta stanno affrontando rischi importanti, devono essere sostenuti e ampliati per assicurare l’accesso ai servizi sanitari, all’alimentazione e ai bisogni umani di base. In tempi di emergenza, come la pandemia di Covid-19, si richiedono misure speciali di assistenza. Un’attenzione particolare alla prestazione integrale ed efficace di assistenza attraverso i servizi pubblici e? a sua volta importante. I sistemi di protezione sociale sono stati chiamati ad affrontare molte delle sfide della crisi, e allo stesso tempo i loro punti deboli sono diventati piu? evidenti. Infine, si deve garantire la protezione dei lavoratori e dei piu? vulnerabili mediante il rispetto dei loro diritti fondamentali, incluso il diritto della sindacalizzazione. Ossia, unirsi in un sindacato e? un diritto. La crisi del Covid ha gia? inciso sui piu? vulnerabili e questi non dovrebbero vedersi colpiti negativamente dalle misure per accelerare una ripresa che s’incentri unicamente sugli indicatori economici. Ossia, qui c’e? anche bisogno di una riforma del modo economico, una riforma a fondo dell’economia. Il modo di portare avanti l’economia deve essere diverso, deve a sua volta cambiare.

In questo momento di riflessione, in cui cerchiamo di modellare la nostra azione futura e di dare forma a un’agenda internazionale post-Covid-19, dovremmo prestare particolare attenzione al pericolo reale di dimenticare quanti sono rimasti indietro. Corrono il rischio di essere attaccati da un virus ancora peggiore del Covid-19: quello dell’indifferenza egoista.

Ossia, una societa? non puo? progredire scartando, non puo? progredire. Questo virus si propaga nel pensare che la vita e? migliore se e? migliore per me, e che tutto andra? bene se andra? bene per me, e cosi? si inizia e si finisce selezionando una persona al posto di un’altra, scartando i poveri, sacrificando quanti sono rimasti indietro sul cosiddetto “altare del progresso”. E?' una vera e propria dinamica elitaria, di costituzione di nuove e?lite al prezzo dello scarto di molta gente e di molti popoli.

Guardando al futuro, e? fonda- mentale che la Chiesa, e pertanto l’azione della Santa Sede con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sostenga misure che correggano situazioni ingiuste o incorrette che condizionano i rapporti di lavoro, rendendoli completamente soggiogati all’idea di “esclusione”, o violando i diritti fondamentali dei lavoratori. Una minaccia la costituiscono le teorie che considerano il profitto e il consumo come elementi indipendenti o come variabili autonome della vita economica, escludendo i lavoratori e determinando il loro squilibrato standard di vita: «Oggi tutto entra nel gioco della competitivita? e della legge del piu? forte, dove il potente mangia il piu? debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita» (Evangelii gaudium, n. 53).

L’attuale pandemia ci ha ricordato che non ci sono differenze ne? confini tra quanti soffrono. Siamo tutti fragili e, al tempo stesso, tutti di grande valore. Speriamo che quanto sta accadendo attorno a noi ci scuota profondamente. E? giunto il momento di eliminare le disuguaglianze, di curare l’ingiustizia che sta minando la salute dell’intera famiglia umana. D i fronte all’Agenda dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, dobbiamo continuare come abbiamo gia? fatto nel 1931, quando Papa Pio XI, dopo la crisi di Wall Street e nel bel mezzo della “Grande Depressione”, denuncio? l’asimmetria tra lavoratori e imprenditori come una flagrante ingiustizia che concedeva al capitale carta bianca e disponibilita?. Diceva cosi?: «Per lungo tempo certamente il capitale troppo aggiudico? a se? stesso. Quanto veni- va prodotto e i frutti che se ne ricavavano, ogni cosa il capitale prendeva per se?, lasciando appena all’operaio tanto che bastasse a ristorare le forze» (Quadragesimo anno, n. 55). Persino in quelle circostanze, la Chiesa promosse la posizione secondo cui la remunerazione per il lavoro svolto non solo deve essere destinata a soddisfare i bisogni immediati e attuali dei lavoratori, ma anche ad aprire la capacita? dei lavoratori di salvaguardare i risparmi futuri delle loro famiglie o gli investimenti capaci di garantire un margine di sicurezza per il futuro.

 

Cosi?, fin dalla prima sessione della Conferenza Internazionale, la Santa Sede sostiene una regolamentazione uniforme applicabile al lavoro in tutti i suoi diversi aspetti, come garanzia per i lavoratori. E? sua convinzione che il lavoro, e pertanto i lavoratori, possono contare su garanzie, sostegno e rafforzamento se li si protegge dal “gioco” della deregolamentazione. Inoltre le norme giuridiche devono essere orientate verso la crescita dell’occupazione, il lavoro dignitoso e i diritti e i doveri della persona umana. Sono tutti strumenti necessari per il suo benessere, per lo sviluppo umano integrale e per il bene comune.

La Chiesa cattolica e l’Organizzazione Internazionale del La- voro, rispondendo alle loro differenti nature e funzioni, possono continuare a mettere in atto le loro rispettive strategie, ma possono anche continuare ad approfittare delle opportunita? che si presentano per collaborare in un’ampia varieta? di azioni importanti.

Per promuovere questa azione comune e? necessario intendere correttamente il lavoro. Il primo elemento per detta comprensione ci invita a focalizzare la necessaria attenzione su tutte le forme di l voro, includendo le forme di impiego non standard. Il lavoro va al di la? di cio? che tradizionalmente e? conosciuto come “impiego formale” e il Programma di Lavoro Dignitoso deve includere tutte le forme di lavoro. La mancanza di protezione sociale dei lavoratori dell’economia informale e delle loro famiglie li rende particolarmente vulnerabili agli scontri, poiche? non possono contare sulla protezione che offrono la previdenza sociale o i regimi di assistenza sociale destinati alla poverta?. Le donne dell’economia informale, incluse le venditrici ambulanti e le collaboratrici domestiche, risentono dell’impatto del Covid-19 sotto diversi punti di vista: dall’isolamento all’esposizione estrema a rischi per la salute. Non disponendo di asili nido accessibili, i figli di queste lavoratrici sono esposti a un maggior rischio per la salute, perche? le madri devono portarli sul posto di lavoro o lasciarli a casa incustoditi. Pertanto, e? particolarmente necessario garantire che l’assistenza sociale giunga all’economia informale e presti speciale attenzione ai bisogni particolari delle donne e delle bambine.

La pandemia ci ricorda che molte donne di tutto il mondo continuano ad anelare alla liberta?, alla giustizia e all’uguaglianza tra tutte le persone umane: «per quanto ci siano stati notevoli miglioramenti nel riconoscimento dei diritti della donna e nella sua partecipazione allo spazio pubblico, c’e? ancora molto da crescere in alcuni paesi. Non sono ancora del tutto sradicati costumi inaccettabili. Anzitutto la vergognosa violenza che a volte si usa nei confronti delle donne, i maltrattamenti familiari e varie forme di schiavitu? [...]. Penso alla [...] disuguaglianza dell’accesso a posti di lavoro dignitosi e ai luoghi in cui si prendono le decisioni» (Amoris laetitia, n. 54).

Il secondo elemento per una corretta comprensione del lavoro: se il lavoro e? un rapporto, allora deve includere la dimensione della cura, perche? nessun rapporto puo? sopravvivere senza cura. Qui non ci riferiamo solo al lavoro di assistenza: la pandemia ci ricorda la sua importanza fondamentale, che forse abbiamo trascurato. La cura va oltre, deve essere una dimensione di ogni lavoro. Un lavoro che non si prende cura, che distrugge la creazione, che mette in pericolo la sopravvivenza delle generazioni future, non e? rispettoso della dignita? dei lavoratori e non si puo? considerare dignitoso.

Al contrario, un lavoro che si prende cura, contribuisce al ripristino della piena dignita? umana, contribuira? ad assicurare un futuro sostenibile alle generazioni fu- ture(4). E in questa dimensione della cura rientrano, in primo luo- go, i lavoratori. Ossia, una do- manda che possiamo farci nel quotidiano: come un’impresa, immaginiamo, si prende cura dei suoi lavoratori?

Oltre a una corretta comprensione del lavoro, uscire in condizioni migliori dalla crisi attuale richiedera? lo sviluppo di una cultura della solidarieta?, per contrasta- re la cultura dello scarto che e? all’origine della disuguaglianza e che affligge il mondo. Per raggiungere questo obiettivo, occorrera? valorizzare l’apporto di tutte quelle culture, come quella indigena, quella popolare, che spesso sono considerate marginali, ma che mantengono viva la pratica della solidarieta?, che «esprime molto piu? che alcuni atti di generosita? sporadici». Ogni popolo ha una sua cultura, e credo che sia il momento di liberarci definitivamente dell’eredita? dell’Illuminismo, che associava la parola cultura a un certo tipo di formazione intellettuale o di appartenenza sociale. Ogni popolo ha una sua cultura e noi dobbiamo accettarla cosi? com’e?. «E? pensare e agire in termini di comunita?, di priorita? della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. E? anche lottare contro le cause strutturali della poverta?, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. E? far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro [...]. La solidarieta?, intesa nel suo senso piu? profondo, e? un modo di fare la storia, ed e? questo che fanno i movimenti popolari» (Fratelli tutti, n. 116).

Con queste parole mi rivolgo a voi, partecipanti alla 109a Conferenza Internazionale del Lavoro, perche? come attori istituzionalizzati del mondo del lavoro avete una grande opportunita? d’influire sui processi di cambiamento gia? in atto. La vostra responsabilita? e? grande, ma ancora piu? grande e? il bene che potete ottenere. Vi invito pertanto a rispondere alla sfida che abbiamo di fronte. Gli attori stabiliti possono contare sull’eredita? della loro storia, che continua a essere una risorsa di fondamentale importanza, ma in questa fase storica sono chiamati a restare aperti al dinamismo della societa? e a promuovere la comparsa e l’inclusione di attori meno tradizionali e piu? marginali, portatori di impulsi alternativi e innovatori.

Chiedo ai dirigenti politici e a quanti lavorano nei governi d’i- spirarsi sempre a quella forma di amore che e? la carita? politica: «un atto di carita? altrettanto indispe sabile [e?] l’impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la societa? in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria. E? carita? stare vicino a una persona che soffre, ed e? pure carita? tutto cio? che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume — e questo e? squisita carita? —, il politico gli costruisce un ponte, e an- che questo e? carita?. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una formaltissima di carita? che nobilita la sua azione politica» (Fratelli tutti, n. 186).

Ricordo agli imprenditori la loro vera vocazione: produrre ricchezza al servizio di tutti. L’attivita? imprenditoriale e? essenzialmente «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, Dio ci promuove, si aspetta da noi che sviluppiamo le capacita? che ci ha dato e ha riempito l’universo di potenzialita?. Nei suoi disegni ogni persona e? chiamata a promuovere il proprio sviluppo, e questo comprende l’attuazione delle capacita? economiche e tecnologiche per far crescere i beni e aumentare la ricchezza. Tuttavia, in ogni caso, queste capacita? degli imprenditori, che sono un dono di Dio, dovrebbero essere orientate chiaramente al progresso delle altre persone e al superamento della miseria, specialmente attraverso la creazione di opportunita? di lavoro diversificate. Sempre, insieme al diritto di proprieta? privata, c’e? il prioritario e precedente diritto della subordinazione di ogni proprieta? privata alla destinazione universale dei beni della terra e, pertanto, il diritto di tutti al loro uso» (Fratelli tutti, n. 123). A volte, nel parlare di proprieta? privata dimentichiamo che e? un diritto secondario, che dipende da questo diritto primario, che e? la destinazione universale dei beni.

 

Invito i sindacalisti e i dirigenti delle associazioni dei lavoratori a non lasciarsi rinchiudere in una "camicia di forza", a puntare sulle situazioni concrete dei quartieri e delle comunità nelle quali sono impegnati, ponendo insieme lq questioni relazionate con le politiche economiche più vaste e. le "macro-relazioni". Anche in questa fase storica il movimento sindacale si confronta con due sfide importanti. La prima è la profezia che va riferita alla natura propria dei sindacati, la loro vocazione più genuina. I sindacati sono un'espressione del profilo profetici della società. I sindacano nascono e rinascono ogni volta che , come i profeti biblici, danno voce a chi non ce l'ha, denunciano quanti venderebbero il povero per un paio di sandali, come dice il profeta (Amos, 2,6), denudano i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più vulnerabili, difendono le cause degli stranieri, degli ultimi, dei rifiutati.. Evidentemente, quando un sindacato si corrompe, non può più agire così e si trasforma in una condizione pseudopadronale, anch'esso lontano dal popolo.    d

La seconda sfida: l'innovazione. I profeti sono sentinelle che vigilano dal loro posto di osservazione. Anche i sindacati devono sorvegliare le mura della citta? del lavoro, come una guardia che sorveglia e protegge quanti sono dentro la citta? del lavoro, ma che sorveglia e protegge anche quelli che stanno fuori dalle mura. I sindacati non svolgono la loro funzione fondamentale d’innovazione sociale se tutelano solo i pen- sionati. Questo va fatto, ma e? la meta? del vostro lavoro. La vostra vocazione e? anche di proteggere quanti ancora non hanno diritti, quanti sono esclusi dal lavoro e che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia.

Stimati partecipanti ai processi tripartiti dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e di que-sta Conferenza Internazionale del Lavoro, la Chiesa vi sostiene, cammina al vostro fianco. La Chiesa mette a disposizione le sue risorse, a cominciare dalle sue ri- sorse spirituali e dalla sua Dottrina Sociale. La pandemia ci ha insegnato che siamo tutti sulla stessa barca e che solo insieme potremo uscire dalla crisi.

Grazie>>

 

Traduzione dell'Osservatore Romano (tranne le righe in corsivo, traduzione d'autore dallo spagnolo)

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