Gesù non ha voluto fondere il suo Vangelo con la religione
Tratto da: Adista Documenti n° 29 del 31/07/2021
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La crisi religiosa, che cresce in maniera inarrestabile, soprattutto nei Paesi più industrializzati (i più ricchi), si sta manifestando non solo nell'abbandono delle pratiche religiose, ma soprattutto in quello del culmine e dell'origine di tali pratiche: Dio stesso. Però, poiché farsi direttamente “atei” pare brutto, in ampi settori dell'opinione pubblica, i sapientoni di cose religiose cercano scappatoie che possono funzionare stupendamente per mascherare le proprie ambigue posizioni di abbandono o anche negazione di Dio. Un esempio – forse pertinente in questa delicata questione – potrebbe essere il recente libro di Roger Leaners [sic] “Después de Dios, ¿otro modelo es posible?”.
Chi pensa in questo modo (o vi si avvicina) dovrebbe iniziare a considerare che la totalità della realtà non si esaurisce nell'“immanente”. Il cristianesimo ha basato la propria esistenza precisamente sull'accettazione del fatto che il “trascendente” è assolutamente imprescindibile perché sia possibile la totalità della realtà. Proprio per questo, quando il Vangelo afferma: «Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18), quello che in realtà si dice alla base e al fondo di tale affermazione è che, se non accetti la “trascendenza”, quello che non accetti è il Vangelo. Cioè quello che non accetti è il cristianesimo.
L'insegnamento di Gesù agli apostoli è stato in tal senso netto e chiaro, secondo la risposta data a Filippo dallo stesso Gesù: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9). Cosa stava vedendo Filippo? Un uomo condannato a morte. Perché era un uomo considerato molto pericoloso per il tempio (Gv 11, 48), una minaccia per i sacerdoti e per la Religione. A dimostrazione che la Religione non sopporta il Vangelo. Un uomo buono, Gesù, che neppure Pilato voleva uccidere, mentre i professionisti del “sacro” si prendevano gioco di lui persino nella sua agonia (Mt 27, 38-44 par.). Perché, per loro, Gesù (con il suo Vangelo) era un «delinquente condannato a morte» (G. Theissen).
E il fatto è che la “condotta” (Mt 11, 2) di Gesù ha sconcertato persino Giovanni Battista. La Religione si sconvolge dinanzi al Vangelo. Vinciamo la paura! E domandiamoci: crediamo nel Dio della religione? Crediamo nel Dio del Vangelo? Il Dio del Vangelo si fa conoscere solo nelle opere di Gesù: (Gv 5, 20. 36; 9, 3 s; 10, 25. 32. 37 s): «se non credete a me, credete almeno alle opere». Cioè: credete alla mia condotta. Che condotta? Dare la vita: al paralitico, al cieco, al defunto, al povero, all'indifeso… È la condotta nei confronti degli altri, tanto più se bisognosi.
Nel caso della Religione, la condotta è esattamente quella contraria. Perché non è una condotta essenzialmente “per gli altri”, bensì, prima di tutto, “per se stessi”: è la sottomissione, l'obbedienza, la stretta osservanza, la subordinazione «a superiori invisibili» (Walter Burkert). E tutto questo, per cosa? Per liberarsi da sentimenti di colpa, per realizzare i propri desideri, per avere fortuna, trionfo e gloria.
Ebbene, considerando che esistono due forme di relazione con Dio, “per sé” e “per gli altri”, l'enorme problema che ci si presenta consiste nel fatto che la Chiesa, dal primo al quarto secolo, ha vissuto e si è comportata in maniera tale che, pur avendo la sua origine in Gesù e nel suo Vangelo, ha finito per fondere, in una difficile e strana unità, ciò che nella “teologia narrativa” dei vangeli si mostra, si vede e si coglie come lo scontro mortale tra la Religione e il Vangelo.
Ma questa fusione e confusione di Religione e Vangelo ha molto risentito del fatto, perfettamente comprensibile, che esiste, di fatto e inevitabilmente, uno “squilibrio sociale” tra la Religione e il Vangelo. La Religione dà denaro, potere, importanza, influenza ed esige sottomissione. Mentre il Vangelo si basa sullo svuotamento ed esige vicinanza e identificazione con il povero e l'emarginato, portando il discepolo ad assumere, come progetto di vita, la “sequela di Gesù”.
Secondo i vangeli, Gesù non ha mai voluto fondere il suo Vangelo con la Religione del tempio e dei sacerdoti. Il clero, che regge la Chiesa, ha modificato il progetto del Vangelo: sono i sacerdoti, dai loro templi, a leggere e spiegare il Vangelo come conviene loro, in maniera che non complichi la loro vita. È ciò che la Religione sa fare meglio. E che spiega come mai ci sia tanta gente molto religiosa che è tanto distante dal Vangelo. La domanda che sorge è inevitabile: crediamo in Dio? In che Dio crediamo?
Albrecht Dürer, San Filippo (tempera su tela, 1516) - foto [ritagliata del 2010] tratta da wikimedia commons, immagine originale e licenza licenza; fonte foto: Web Gallery of Art
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