
Protesta contadina in India: dov’è il sostegno della Chiesa Cattolica?
Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 09/10/2021
40822 NUOVA DELHI-ADISTA. Non si ha notizia, finora, di una dichiarazione della Chiesa indiana sullo sciopero generale del 27 settembre a sostegno della lotta dei contadini (v. qui). Contro le tre leggi qualche voce ecclesiale si è invece avvertita nel novembre 2020, al momento dell’inizio alla prima grande manifestazione di protesta. All’epoca, il vescovo di Kannur (Kerala meridionale) mons. Alex Vadakumthala, presidente della Commissione episcopale indiana per il Lavoro, aveva affermato che «queste leggi non sono pensate per il benessere degli agricoltori e, se attuate nella forma attuale, saranno disastrose per i piccoli e medi agricoltori», aggiungendo che «il governo dovrebbe ascoltare le proteste e abrogare le controverse leggi».
Negativo, nel settembre 2020, il giudizio sulle nuove leggi che regolamentano produzione e commercio dei prodotti agricoli di p. Joseph Ottaplackal, presidente dell'Indian Farmers Movement (INFAM), organismo sostenuto dalla Chiesa con sede nello Stato del sud del Kerala. «Le nuove leggi – aveva dichiarato – sono una vera minaccia per il settore agricolo e gli agricoltori»: «i piccoli agricoltori», ovvero l'80% dei 700 milioni di persone che lavorano i campi con meno di due ettari di terra, «non saranno in grado di contrattare con le aziende. Le grandi aziende ne trarranno vantaggio e determineranno il prezzo dei prodotti, e gli agricoltori non saranno in grado di contrattare con loro».
A quanto pare, però, queste espressioni di solidarietà con i contadini in protesta non sono state supportate, in quei giorni, da prese di posizione ufficiali. Matters India – una piattaforma web di tendenza progressista che «racconta storie di Chiesa e società affinché gli indiani pensino e agiscano al di là delle loro differenze regionali, linguistiche, rituali e di casta e per consentire loro di vedere la bontà negli altri indipendentemente dalla loro fede» – ha rilanciato il 16 dicembre scorso un duro articolo (già apparso per la prima volta sul settimanale Indian Currents) del padre gesuita Prakash Louis, scrittore, attivista, animatore e formatore, già direttore dell'Indian Social Institute di New Delhi. «È estremamente inquietante e doloroso – si legge – che la Chiesa indiana finga di non avere nulla a che fare con questa protesta dei contadini. Anche se la leadership ufficiale non si unisce alla protesta, deve rilasciare una dichiarazione secondo cui la Chiesa è profondamente turbata nel vedere la difficile situazione dei contadini in protesta sulla strada nel rigido inverno di Delhi».
«Se la pubblicazione di una dichiarazione è considerata contraria all'élite al potere», ipotizza l’autore dell’articolo, «almeno avrebbe potuto chiedere ai suoi seguaci di pregare per i contadini che protestano. Come in passato, la Chiesa indiana si trova in un momento storico in cui ha una grande opportunità di stare con coloro che sono sfruttati ed emarginati dai governi».
«Ma sembra che la Chiesa, come al solito», picchia sodo padre Louis, «si rintanerà nel suo complesso di minoranza e non prenderà nemmeno atto dei milioni di agricoltori che stanno conducendo una lotta contro un governo autocratico, autoritario, antidemocratico e antiagricoltori. È deplorevole e deprimente che la Chiesa non voglia farsi vedere al fianco dei contadini che stanno lottando per i loro diritti e chiedono il ritiro di tre leggi agricole che ritengono andrebbero contro i loro interessi».
Ma la Chiesa «dovrebbe rendersi conto di un fatto fondamentale: “Nessun agricoltore, niente cibo”. È il duro lavoro dei contadini sotto il sole e la pioggia, giorno e notte, che fornisce cibo a tutti. Se ai contadini vengono negati i loro diritti, che spetta all'attuale governo proteggere, allora la più colpita sarà la gente comune. Potrebbe anche arrivare alla morte per fame». Quindi, è la sollecitazione del gesuita, «la Chiesa indiana dovrebbe uscire dal suo torpore o zona di comfort e unirsi ad altri nel sostegno dei contadini che protestano». «La Chiesa non può restare muta spettatrice, né fingere di essere al sicuro», è la conclusione dell’articolo. «Se questa opportunità viene persa, la gente di questo Paese non starà dalla parte dei cristiani quando un governo autoritario e autocratico tenterà di spazzare via un misero 2,3 per cento (i cattolici, ndr) della sua popolazione. Gesù sicuramente dirà della Chiesa indiana: "In verità vi dico, come non l'avete fatto a uno di questi ultimi, non l'avete fatto a me"».
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