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Anne Soupa: come

Anne Soupa: come "femminilizzare la Chiesa?"

PARIGI-ADISTA. Spetta ai cattolici, tutti insieme, laici e clero, prendere in mano le redini del cambiamento della Chiesa, a favore di un ingresso delle donne a pieno titolo nei ruoli decisionali. Lo ha affermato Anne Soupa, co-fondatrice del Comité de la Jupe , che nel 2020 si candidò vescova nella diocesi di Lione al posto del card. Philippe Barbarin, in un articolo sul sito Marianne.net, in cui spiega le ragioni della convocazione dei battezzati e delle battezzate di cui è promotrice.

Di seguito il testo in una nostra traduzione.

 

«Più forte è la dominazione maschile, maggiore è la violenza sessuale» ha affermato martedì (5 ottobre) la sociologa Nathalie Bajos alla conferenza stampa della CIASE. Chiaramente, invita alla femminilizzazione della Chiesa cattolica. Si noti innanzitutto che la Chiesa è popolata da donne che, se scioperassero, porterebbero la Chiesa a chiudere i battenti. Ma quello che manca è la parità. Tutte le funzioni decisionali sono vietate alle donne, perché non possono essere sacerdoti mentre il sacerdote è la figura centrale di tutta l'istituzione, esse sono le sue piccole mani. Dal Vaticano II che ha aperto le porte ai laici, un'istituzione maschile e patriarcale è riuscita a creare un sottoproletariato femminile al suo servizio.

I motivi dell’esclusione delle donne risalgono a tempi antichi. Nei primissimi secoli del cristianesimo erano numerose nelle comunità. Poi, quando apparvero i sacerdoti nel senso moderno del termine, intorno al 250 d.C., furono catturate nel conservatorismo dell'Impero Romano e rimosse dal sacerdozio. Il colpo di grazia arrivò con la Riforma Gregoriana (XI sec.), che decise di affidare solo ai sacerdoti i tre grandi "uffici" della Chiesa, cioè governare, insegnare e santificare. Per molto tempo, questa decisione si è rivelata saggia. Ma oggi sta soffocando l'istituzione che manca di sangue fresco. Vescovo può essere solo un uomo celibe e sacerdote, prodotto (per la Francia) da una delle poche centinaia di ordinazioni annuali di sacerdoti. Quanti di loro sono in grado di governare una diocesi?

Come rigenerare il personale ecclesiastico attraverso l'arrivo delle donne? Come procedere? Roma dovrebbe prima smettere di assegnare alle donne un destino, quello di aiutare gli uomini in quanto mogli e madri. Che diventino veri soggetti, riconosciuti nello spazio pubblico ecclesiale.

Poi si aprono due strade. La prima sarebbe di ordinare le donne sacerdote. Questa è la soluzione adottata dalle Chiese della Riforma, luterane e riformate, che hanno pastori donne da oltre 50 anni. È anche la soluzione anglicana, da quasi 30 anni. La Chiesa cattolica, invece, non sembra accettarlo. Il mondo romano, il cardinalizio in particolare, è ostile a questo passo, e ne fa addirittura il primo indicatore dell'attuale divario che divide la Chiesa tra conservatori e cattolici aperti.

Ma soprattutto dobbiamo chiederci se la funzione del sacerdote è ancora chiamata a un futuro, e se sì, a quali condizioni. Infatti, se l'attaccamento della Chiesa al sacerdote era ancora profondo fino a queste ultime rivelazioni, ora il prete è sospettato dalle conclusioni del CIASE: sacralizzazione abusiva, identificazione quasi magica con Cristo, mascolinità pericolosa: l’accusa è pesante. Come, ad esempio, continuare a dare credito a questo articolo 1008 del Codice di diritto canonico, che richiede che il ministero ordinato sia «di divina ispirazione»? Un bambino sarebbe dunque abusato da un prete per volontà di Dio? Siamo arrivati al culmine dell'assurdo. No, la realtà è questa: la fiducia nel sacerdote è persa e non tornerà senza profonde riforme. Altrimenti il ministero ordinato scomparirà, e addirittura farà crollare con sé l'istituzione.

La seconda strada, quindi, potrebbe avere un futuro più grande davanti a sé. Consisterebbe nel fatto di non passare dalla casella “sacerdote”, ma di affidare alle donne la responsabilità del loro battesimo. Il sacramento del battesimo, infatti, non è solo il segno dell'ingresso nella famiglia della Chiesa, ma conferisce a chi lo riceve una missione per tutta la vita. Questa strada è quella scelta da papa Francesco, nella sua esortazione del novembre 2013 (Evangelii gaudium). Circa otto anni dopo, ha cominciato a mantenere la sua promessa nominando una suora, Nathalie Becquart, sottosegretario al Sinodo dei Vescovi, poi Alessandra Smerilli, numero 2 del dicastero dello sviluppo integrale. Ma di questo passo, sapendo che ci sono circa 5.000 vescovi, ci vorrebbero circa 2.500 anni per raggiungere la parità...

Si vede chiaramente che, da parte vaticana, non ci si mette il cuore. Riuscirà a decidere di riformare radicalmente il Codice di diritto canonico per aprire la maggior parte degli incarichi alle donne? A nominare vescovi laici, uomini e donne, incaricati di governare, circondati da sacerdoti addetti a certi sacramenti? Ad affidare ai laici, uomini e donne, il sacramento degli infermi, quello della riconciliazione e quello del battesimo (che è già loro, in linea di principio, accessibile)? In breve, femminilizzare la Chiesa non può continuare a essere un’operazione cosmetica. Tutto il campo ecclesiale va arato in profondità.

Chi potrebbe svolgere questo lavoro? Spetta a tutti i cattolici. Se i cattolici di oggi non vogliono essere gli ultimi, saranno loro stessi, laici o sacerdoti, a prendere l'iniziativa di riformare insieme il governo della loro Chiesa. Questo è il senso dell'appello che rivolgiamo, Christine Pedotti e io, per un ampio convegno dei battezzati sulla riforma del governo della Chiesa. Questi cattolici di base avranno bisogno di un dinamismo che venga dal profondo delle loro convinzioni, da un senso di dialogo interno e da un solido spirito di creatività.

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