
Il patrarca libanese Raï teme l'Iran e il petrolio che porta: «Preserviamo la nostra indipendenza»
«Porto al popolo libanese e al governo i saluti del presidente iraniano Ebrahim Raisi», ha dichiarato il ministro degli esteri di Teheran, Hossein Amir Abdollahian, sottolineando che il suo Paese sarà sempre al fianco di Beirut «per rompere l’ingiusto assedio a cui è soggetto» e superare la grave crisi economica e sociale, cui si è aggiunta una pesante carenza energetica. «l’Iran non si risparmierà nel sostenere il Libano se necessario» e ha proposto di costruire due centrali elettriche nel Paese entro 18 mesi.
Le parole, pronunciate dal ministro iraniano il 7 ottobre, giungendo a Beirut direttamente da Mosca, altra tappa del suo tour, hanno allertato il patriarca maronita, card. Béchara Raï, che ieri ha invitato il governo a preservare l'indipendenza del Libano, mettendo in guardia contro gli aiuti che «nasconderebbero il desiderio di dominare il Paese».
Un aiuto – su richiesta del partito Hezbollah – non da poco per un Paese che da un paio di giorni è letteralmente al buio, che consiste in un notevole quantitativo di carburante, trasferito in Libano (in barba all’embargo statunitense contro il Paese sciita) dalla Siria dove era giunto su navi iraniane . «È vero che il Libano sta attraversando una grave crisi e ha bisogno dell'aiuto dei suoi amici e delle istituzioni monetarie internazionali – ha riconosciuto Raï – ma lo Stato deve preservare l'indipendenza del Paese, la sua sovranità e le sue relazioni naturali affinché certi aiuti non siano un copertura per un dominio del Paese volto a snaturare la sua identità e il suo ruolo pacifico in Oriente».
Il patriarca è intervenuto anche sulla questione delle elezioni legislative previste per la primavera del 2022, chiedendo una «fin d’ora la supervisione internazionale delle elezioni» e che siano organizzate «entro i termini costituzionali». Raï teme che «il cambio di data, la modifica della legge elettorale in vigore e l'elusione della partecipazione dei libanesi all'estero» possano essere invocati come pretesto per rinviare queste elezioni e «opporsi così alla volontà dei cittadini e la comunità internazionale».
Queste elezioni legislative, spiega il quotidiano libanese L’Orient-Le Jour (10 ottobre) «sono considerate da molti libanesi come un primo trampolino di lancio verso il cambio dei vertici al potere, accusati da un ampio segmento della popolazione di corruzione e incompetenza». «La maggior parte dei partiti politici – aggiunge il quotidiano – si è detta favorevole al 27 marzo anziché al 9 maggio, decisione interpretata negli ambienti dell'opposizione» ad esempio dal Movimento Patriottico Libero (fondato nel 1996 dall'ex generale e presidente della Repubblica Michel Aoun e trasformato in partito nel 2005), «come la ricerca di mettere in difficoltà i partiti anti-sistema, più lenti nell’organizzarsi per partecipare al ballottaggio».
Beirut in una foto tratta da pexels.com, immagine oritinale e licenza
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