
Medio Oriente: torna il vecchio ordine, la pace fredda dei regimi
C’è aria di costruzione di una pace fredda in Medio Oriente. Una pace che sa di ritorno all’ancien régime. L’intenzione sembrerebbe quella di archiviare definitivamente le primavere arabe del 2011 e del 2019 e soprattutto le loro domande, raggiungere un armistizio regionale e poi vedere. Così la memoria di Ben Ali in Tunisia torna a splendere nel colpo di mano del presidente Said; ciò che si era affermato tra difficoltà ma anche speranze nel 2011 sparisce. Sparisce anche ciò che si era affermato tra difficoltà e chiare speranze in Sudan, il frutto più importante delle primavere del 2019 arabo. Il golpe d’ottobre a Khartoum riporta nel presente la non brillante memoria del golpista Omar al-Bashir, capo di Stato a lungo nonostante fosse stato riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità. Chi pensava a sviluppi diversi in Siria, in virtù della ripresa del negoziato sulla definizione di una nuova costituzione favorito dal patrono di Bashar al-Assad, Vladimir Putin, ora può mettersi l’anima in pace. E’ tutto saltato, chissà se definitivamente, stando a quanto affermato dall’inviato speciale dell’ONU, Geir O. Pedersen, che ha certificato che un consenso su come procedere non è stato trovato neanche questa volta. E’ da due anni che va avanti così. Il regime, questo il senso del suo discorso, non ha aperture da fare.
Poco ore dopo l’annuncio di Pedersen presentato ufficialmente come “grande delusione”, a Damasco però è giunto il Prefetto delle Chiese Orientali, cardinale Leonardo Sandri. Il porporato ha definita la visita come “tanto attesa”. Lui stesso infatti ha ricordato che dal 2011 non aveva mai messo piede a Damasco. Il fatto che la tanto attesa visita sia potuta avvenire in pendenza di fallimento del negoziato costituzionale induce a porsi una domanda: perché? Cosa è cambiato oggi rispetto a un anno fa? E’ cambiato che in Medio Oriente c’è aria di pace fredda, la pace che sa appunto di ritorno all’ancien régime. Quel bel tempo in cui il 99% degli iracheni votava per Saddam, il 99% dei siriani per Assad, il 99% degli egiziani per Mubarak, e molti altri si risparmiavano anche questa inutile fatica.
Libano senza giustizia
Un altro cardinale, il patriarca maronita Bechara Rai, sembra dare un segnale analogo da Beirut. Qui si tenta di bloccare da tempo l’inchiesta mai decollata sulla distruzione del porto di Beirut, distruzione che ha comportato anche gravissimi danni all’intero quartiere cristiano che è il più vicino. Siccome i magistrati inquirenti volevano inquisire due ministri vicini a Hezbollah, che notoriamente controllava il porto, Hezbollah ha inscenato una pacifica manifestazione di protesta, con lanciarazzi RPG e mitragliatori portati in piazza. Alcuni cecchini sono intervenuti dai tetti e di questo è stato accusato il partito cristiano di Samir Geagea. Che ora un tribunale militare vorrebbe interrogare su richiesta proprio di Hezbollah. Strano Paese quello in cui viene interrogato un leader politico sull’azione di cecchini e non possono essere sottoposti a indagine ministri competenti sull’esplosione del porto commerciale che ha ucciso una città e l’economia nazionale. Ma insomma, tant’è.
Il fatto è che lo strano intreccio di inchieste si è subito rivelato per ciò che è: un tentativo di fermare l’indagine sul porto in cambio dell’alt alla seconda. Lo ha proposto il più stretto alleato di Hezbollah al patriarca maronita, che avrebbe accettato. Eppure proprio lui, il patriarca, è stato l’unico a denunciare nei mesi trascorsi l’azione ormai intimidatoria di Hezbollah verso il resto del popolo libanese. Cosa è successo? Pressioni di Samir Geagea sul patriarca? No. Lui ha rifiutato lo scambio, ha detto che deporrà, se però verrà interrogato anche il leader di Hezbollah, che ha convocato la manifestazione ‘pacifica’ con i lanciarazzi bene in vista. E allora non potrebbe essere che il patriarca ha capito che c’è un’aria di pace, quella dell’ancien régime, che gira nell’aria?
Chi vuole che le lancette della storia tornino indietro ai bei tempi delle dittature che non si discutevano sembra avere il vento in poppa. Ma da quando? Forse da quando il presidente Obama suggerì ai leader mediorientali in un’intervista a “The Atlantic” rilasciata alla fine del suo secondo mandato presidenziale di passare dalla guerra calda alla pace fredda. Per favorirla scelse il difficile negoziato sul nucleare con l’Iran. Ora tutti accetterebbero la pace fredda, alla condizione che ognuno a casa sua possa tornare alle vecchie maniere, cancellare le richieste del 2011 e del 2019 arabo e varare la pace fredda tra despoti, poi si vedrà. Ma la pace fredda non prevede nessun tipo di cittadinanza, né per la maggioranza etnico religiosa né per le minoranze che non vorrebbero più essere tali. Quella della richiesta di piena cittadinanza per tutti, senza distinzioni, è la bestia nera dei rais del passato e del presente. In Vaticano questo lo sanno. La parola stabilità nel mondo arabo vuol dire “la cittadinanza non esiste, per nessuno tolta l’élite di turno al potere.”
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