Nessun articolo nel carrello

Abusi sulle religiose: i silenzi de

Abusi sulle religiose: i silenzi de "Il velo del silenzio" di Salvatore Cernuzio

È stato salutato dalla stampa globale come “il” libro che finalmente scoperchia il vaso di Pandora degli abusi sulle religiose, versante ancora molto sommerso di una piaga che ha radici e ramificazioni molto estese. È il volume Il velo del silenzio. Abusi, violenze, frustrazioni nella vita religiosa femminile del giovane giornalista Salvatore Cernuzio, uscito ai primi di dicembre per i tipi delle Edizioni San Paolo. Il pedigree del volume di Cernuzio, vaticanista presso Vatican News e prima ancora all’agenzia Zenit e a Vatican Insider, è tutto interno all’istituzione vaticana: la prefazione è affidata a suor Nathalie Becquart, sottosegretario della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, e l’introduzione al gesuita p. Giovanni Cucci, docente presso la Pontificia Università Gregoriana, intervenuto a più riprese, in passato, sul tema degli abusi sulle religiose su La Civiltà cattolica.

Il libro, tuttavia, non è il primo studio in Italia sul fenomeno. Nel 2016 era uscito Vorrei risorgere dalle mie ferite di Anna Deodato che, sulla scorta della sua lunga esperienza di accompagnamento vocazionale di religiose abusate, tracciava le coordinate e il quadro delle dinamiche e delle figure del contesto abusante, offrendo un’analisi sistematica (v. Adista Notizie n. 6/19). La risonanza che il libro di Cernuzio ha avuto sui media nazionali e internazionali è quindi da ascrivere, almeno in parte, al contesto tutto istituzionale in cui è nato. Non una risonanza ingiustificata, ovviamente, dal momento troppo poche sono ancora le manifestazioni di un interesse rigoroso nei confronti di questo tema. Soprattutto in Italia, dove la cappa di omertà e di silenzio su questi temi è ancora molto spessa, di rado le vittime trovano il coraggio di parlare, consentendo di fare luce su dinamiche e meccanismi che rendono possibile l’abuso. Nel libro, 11 religiose o ex religiose raccontano in forma anonima - lasciando nell’ombra anche la congregazione di appartenenza - la propria storia di dolore, frustrazione, annichilimento, esito di una lenta decostruzione dell’identità, di un progressivo impoverimento delle dimensioni di vita, di un rapporto di totale subordinazione alle superiore, di un esercizio dell’autorità da parte di queste ultime spesso tirannico, arbitrario, discriminante e umiliante.

Storie che drammaticamente si assomigliano e i cui comuni denominatori, individuabili al di là delle differenze di latitudine e di contesto, evidenziano «un sistema malsano, basato su strutture di potere e su quel clericalismo che papa Francesco in diverse occasioni ha stigmatizzato come un “cancro” per la Chiesa», scrive Cernuzio. Vittima di questo sistema è «la vita, la psiche, la maturità affettiva e sessuale di ragazze giovani, giovanissime o adulte», trattate sempre come «figlie perennemente minorenni da superiore madri e matrigne» che dispongono arbitrariamente della loro vita, sovrapponendo potere spirituale e gestione del quotidiano. Da questo punto di vista, il volume si pone sicuramente come un utile strumento per il Sinodo sulla sinodalità, per aiutare le comunità religiose – come afferma nella prefazione suor Nathalie Becquart, che cita infatti il documento preparatorio al Sinodo - «ad adottare uno stile sempre più sinodale» e a prevenire le possibili derive. E si cita il clericalismo come cultura con cui bisogna fare i conti, in vista di una «conversione dell’agire ecclesiale».

Nel quadro generale che il libro di Cernuzio compone, tuttavia, spicca macroscopica un’assenza: quella della figura maschile abusante, che un ruolo di primo piano ha, invece, nel dramma delle suore violate. Si tratta di una figura che, nelle diverse situazioni della vita religiosa femminile, assume ruoli differenti: quello di padre spirituale, di confessore, di figura di autorità per tutta la comunità. Questa figura (citata solo in modo astratto e laterale qua e là, il più delle volte in modo positivo) non manca dal quadro solo perché il libro, per dichiarazione dell’autore, non tratta di abusi sessuali. Questi sono l’ultimo anello di una catena di abusi di potere e spirituali. Le storie raccontate nel libro, invece, sono sempre ed esclusivamente centrate su dinamiche interne alla congregazione religiosa, sul rapporto tra donne, tra superiora e religiosa subordinata o tra suore, e anche quando, nell’unico caso sugli 11 raccontati, si parla di un abuso sessuale perpetrato da un prete, lo si fa con l’obiettivo di mettere in luce soprattutto l’atteggiamento giustificativo della superiora, che colpevolizza la donna e salva l’uomo: «Evidentemente siete state voi a provocare i preti». Ma la radice della sostanziale “complicità” della superiora non viene tematizzata.

Tenere fuori la figura maschile dalla questione degli abusi sulle religiose è un limite di vasta portata: significa voler eludere - se non intenzionalmente, almeno inconsciamente, introiettando una cultura dura a morire) il tema della violenza di genere istituzionalizzata e dunque pienamente metabolizzata, una violenza che permea di sé quella cultura del clericalismo tout court stigmatizzata nel volume, e di cui sono impregnate spesso le superiore abusanti, resa possibile dalla sacralizzazione della figura del prete, ministro ordinato, maschio, come agente in persona Christi, mediatore esclusivo del divino. La presenza, non rara nelle comunità religiose, di un solo confessore, magari lo stesso prete che poi partecipa a decisioni che riguardano le singole religiose, crea un invischiamento pericoloso tra potere istituzionale e accompagnamento di coscienza. È lì che nasce l’abuso.

Tutto ciò, chiamando in causa la struttura verticistica e la cultura maschile e maschilista su cui poggia ancora la teologia dei ministeri nella Chiesa cattolica, dovrebbe interrogare profondamente chi si occupa di indagare il dramma delle religiose abusate. Si tratta di una cultura pervasiva, che emerge inconsciamente anche nel linguaggio, persino in questo stesso libro, dove nell’intervista, in appendice, allo psichiatra Tonino Cantelmi, si usa l’espressione «dimissione dallo stato clericale» per indicare l’uscita di una monaca dalla vita religiosa femminile.

Nella prefazione del libro di Deodato, invece, il gesuita p. Hans Zollner, presidente del Centre for Child Protection della Pontificia Università Gregoriana, membro della Commissione per la protezione dei minori sottolineava, in proposito, che è fondamentale chiedersi «come si definiscono e vivono i ruoli di uomo e donna nelle società e all’interno della chiesa? Quali sono le strutture specifiche del potere nella chiesa e come possono essere al servizio del vangelo senza distorcerne il messaggio? Qual è la posizione della donna consacrata nei confronti delle figure di autorità, siano esse i sacerdoti o le superiore delle comunità e congregazioni religiose?». Se le vittime a cui dà voce il libro di Cernuzio non ricevono una formazione idonea o vengono ridotte a una posizione gravemente subalterna, in un servizio che diventa schiavitù; se non vengono riconosciute nei loro doni e nel loro valore femminile, appiattite, al contrario, in un’uniformità schiacciante, è proprio perché nella Chiesa la donna, consacrata e no, è cresciuta e vissuta in un ruolo gregario, nell’impossibilità di fare sentire realmente la propria voce all’interno di una linea di potere tutta maschile.

Una riforma della Chiesa – e della vita religiosa - che non metta a tema il superamento di questa violenza istituzionale di genere della Chiesa cattolica contro la donna, guardandola in faccia e chiamandola con il suo nome, sarà sempre una riforma a metà.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.