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Inazione climatica: la società civile trascina lo Stato in tribunale

Inazione climatica: la società civile trascina lo Stato in tribunale

Il 14 dicembre prossimo «lo Stato dovrà rispondere in aula delle sue responsabilità di fronte all’emergenza climatica». Così la Campagna “Giudizio Universale-Invertiamo il processo” – nata da movimenti e associazioni italiane sulla scia di analoghe iniziative legali promosse in Paesi come Olanda, Francia, Irlanda, Belgio, Germania per costringere nei tribunali istituzioni e imprese ad adottare politiche ambientali realmente efficaci – annuncia la prima udienza della prima causa per inazione climatica contro lo Stato italiano, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La causa, si legge nel comunicato diramato ieri, è stata depositata al Tribunale Civile di Roma a giugno scorso da 203 ricorrenti: «17 minori, rappresentati in giudizio dai genitori, 162 cittadini e 24 associazioni», tra le quali A Sud, promotrice e animatrice dell’iniziativa e della stessa Campagna per la giustizia climatica “Giudizio Universale”.

Ad assistere i 203 ricorrenti, spiega la Campagna, «un team legale composto da avvocati e docenti universitari, fondatori della rete di giuristi “Legalità per il clima”».

Obiettivo generale della causa è spingere il Tribunale di Roma a dichiarare lo Stato italiano «responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica», per l’inadeguatezza delle sue politiche ambientali in relazione agli obiettivi fissati nel 2015, con l’Accordo di Parigi. Tale inefficienza, si legge ancora, «ha come effetto la violazione di numerosi diritti fondamentali. Tra le argomentazioni della causa legale spicca, infatti, la relazione tra diritti umani e cambiamenti climatici e la necessità di riconoscere un diritto umano al clima stabile e sicuro».

Tra gli obiettivi più specifici spicca l’intento di costringere lo Stato, per via legale, «a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livello 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali».

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