
Vecchia, inadeguata, discriminatoria: la legge sulla cittadinanza compie 30 anni
Il 5 febbraio scorso la Legge 91 del 1992, che disciplina l’acquisizione della cittadinanza secondo il principio dello ius sanguinis, ha compiuto 30 anni di vita. In questi 30 anni tanta acqua è passata sotto i ponti e quella stessa legge, nata per scongiurare ogni discriminazione tra cittadini nati sul territorio nazionale e cittadini nati all’estero in seguito alle grandi emigrazioni, oggi discrimina circa un milione e mezzo di persone nate e cresciute in un Paese che riconosce come “cittadino” solo chi ha almeno un genitore italiano. «La legge attuale è incapace di rappresentare l’Italia e gli italiani di oggi, discriminando di fatto in maniera sproporzionata i cittadini di origine straniera», si legge sul sito della campagna “Dalla parte giusta della storia”, promossa da una rete di associazioni e attivisti/e, per lo più di origine straniera, impegnati in Italia nella riforma della legge sulla cittadinanza, la quale, dicono, «non rispecchia più l’attuale società italiana, tiene in ostaggio vite e opportunità per il nostro Paese».
La cittadinanza è requisito necessario per il godimento pieno dei diritti di persona e di lavoratore all’interno di uno Stato, e per la capacità di influire sulle scelte politiche di quello stesso Stato attraverso l’istituto del voto. La rete propone dunque una riforma della cittadinanza capace di includere quel milione e mezzo di persone oggi invisibili, cittadini di fatto ma non di diritto.
4 i criteri chiave, secondo la campagna, i quali «costituiscono l’architrave per una buona legge sulla cittadinanza»: si propone il diritto di acquisizione della cittadinanza per chi nasce, chi cresce e chi risiede stabilmente in Italia, secondo requisiti chiari ma congrui e non discriminatori. Il quarto punto, invece, chiede procedure rapide e snelle per l’acquisizione della cittadinanza, oggi una vera e propria corsa ad ostacoli (leggi il documento integrale con le 4 proposte).
In un comunicato diffuso in occasione del 30° anno della Legge 91/92, il Centro Studi e Ricerche IDOS, autore insieme alla rivista Confronti del Dossier Statistico Immigrazione, si augura che questo sia l’ultimo compleanno e che si proceda speditamente alla riforma di una norma che, rispetto alla situazione attuale, «appare totalmente anacronistica». «Soprattutto – aggiunge il presidente Idos Luca di Sciullo – in una fase storica come quella attuale, in cui l’Italia ha un urgente bisogno di rilancio sociale, civile, economico e culturale è grave dover constatare che un ricco e fresco potenziale innovativo, come quello che saprebbero esprimere, anche in preziosa chiave transnazionale, le nuove generazioni, se solo venissero riconosciute nella pienezza dei loro diritti di cittadinanza, venga ancora mortificato e tenuto ai margini da una legge antiquata, nata già vecchia. Una legge che in ben 30 anni nessuna legislatura ha avuto la dignità e il coraggio di riformare, perseguendo un immobilismo politico tanto più colpevole quanto più non cessa di venire alimentato, per un verso, da vuoti schemi ideologici e, per altro verso, da pavidi opportunismi elettorali. E a farne le spese, oltre alle centinaia di migliaia di “italiani di fatto”, è l’intero sistema Paese».
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!