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Guerra in Ucraina, emergenza profughi: le proposte del Tavolo Asilo e Immigrazione

Guerra in Ucraina, emergenza profughi: le proposte del Tavolo Asilo e Immigrazione

L’8 marzo scorso 32 organizzazioni sociali afferenti al Tavolo Asilo e Immigrazione – tra le quali Acli, Action Aid, Amnesty International Italia, Arci, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), Caritas Italiana, Centro Astalli (gesuiti in Italia), Cgil, Cnca, Emergency, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Fondazione Migrantes della Cei, Legambiente, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, Medici per i Diritti Umani (Medu), Medici Senza Frontiere Italia, Oxfam Italia e Save The Children Italia – hanno inviato una «nota urgente» al presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando sulla crisi in Ucraina e, in particolare, sull’accoglienza in Italia di quanti si vedono costretti ad abbandonare il Paese a causa della guerra. Le proposte del Tavolo Asilo riguardano due ambiti distinti di modifica del Decreto Legge n. 16 del 28 febbraio scorso relativo al potenziamento del sistema di accoglienza a fronte della crisi in Ucraina.

Estendere e perfezionare la protezione

Il primo riguarda l’attuazione in Italia della Direttiva 55 del 2001, attivata il 3 marzo scorso dal Consiglio d’Europa per rispondere tempestivamente al grande afflusso di sfollati ucraini con un meccanismo di protezione temporanea che possa garantire agli sfollati ucraini uno status simile a quello di rifugiato. «Tale decisione – si legge sul sito del Consiglio – riflette il pieno impegno dell'Unione Europea a dimostrare la sua solidarietà nei confronti dell'Ucraina e ad adempiere al proprio dovere nei confronti delle popolazioni vittime di questa guerra ingiustificabile». Senso di “solidarietà” e del “dovere” del tutto apprezzabili in questo momento ma che, aggiungiamo noi, sarebbe stato bello riscontrare anche in risposta ad altri contesti di crisi (in Medio Oriente o in Africa per esempio) che ugualmente hanno provocato migrazioni forzate, ma di fronte alle quali l’Europa ha reagito come una fortezza assediata, innalzando recinzioni ed esternalizzando le frontiere grazie ad accordi milionari con Paesi terzi come la Turchia e la Libia.

Il Tavolo Asilo chiede dunque di ampliare la platea dei destinatari di protezione temporanea anche a chi si trovava in Italia prima della crisi (per ragioni di vacanza, studio, lavoro, ecc.) e che ora non può rientrare in sicurezza per via della guerra; oppure a cittadini di Paesi terzi che vivono, studiano e lavorano in Ucraina (ad esempio molti africani scelgono di studiare e formarsi nelle università ucraine per via del più sostenibile costo della vita rispetto ad altri Paesi europei). Bisogna poi anche semplificare e velocizzare le procedure di riconoscimento della cittadinanza ucraina, vista anche la difficoltà a reperire i documenti necessari in periodo di guerra.

Allargare l’accoglienza

In merito alle misure adottate dal governo italiano nel Dl del 28 febbraio per accogliere i profughi ucraini, il Tavolo Asilo riconosce l'esigenza di «reperire con procedure d’urgenza dei posti di accoglienza». Ma del decreto non piace la sproporzione tra i 5mila posti previsti nei CAS (i grandi Centri di Accoglienza Straordinaria) e i 3mila, invece, per il SAI (il Sistema di Accoglienza e Integrazione affidato agli enti locali). Una decisione che finisce «per consolidare la già presente netta dualità nel sistema italiano di accoglienza che oggi è profondamente sbilanciato verso i CAS senza la realizzazione di alcun effettivo piano di svuotamento/assorbimento verso il SAI», come peraltro richiede la normativa, sempre disattesa. E così, il Tavolo Asilo chiede al governo di emendare il decreto di fine febbraio prevedendo per lo meno un innalzamento della possibile occupazione dei posti SAI a 5mila unità e di considerare effettivamente i CAS come luoghi di transito provvisorio. Le 32 organizzazioni chiedono inoltre di potenziare le forme di «accoglienza esterna», spontanea e diffusa, già previste nell’ambito del SAI. Ad esempio l’accoglienza in famiglia, che deve essere sostenuta economicamente dal pubblico e realizzata in accordo con le Prefetture e con la società civile: «Solo con una adeguata valorizzazione e sostegno della solidarietà dal basso sarà possibile evitare o almeno contenere l’allestimento di strutture provvisorie quali tendopoli e caserma, costose e di bassissima qualità». (giampaolo petrucci)

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