La crisi degli abusi e la fine della Chiesa Cattolica come la conoscevamo
Tratto da: Adista Documenti n° 11 del 26/03/2022
Qui l'introduzione a questo testo.
È bello essere qui oggi con voi, con tutti voi. È bello vivere questo momento insieme. Anche se non abbiamo quasi voglia di festeggiare. In primo luogo, perché in questo momento in Ucraina, in Europa, le persone stanno morendo in una guerra brutale e criminale (...). In secondo luogo, (...) perché ci è inesorabilmente chiaro che la cosiddetta crisi degli abusi non è finita. Né per noi personalmente né per la Chiesa. In pratica, questo significa per me, e per molte vittime, che i sacerdoti che hanno abusato di me e coloro che glielo hanno permesso finora non sono stati ritenuti responsabili. Sono ancora tutti in carica. Gli stessi sacerdoti e le stesse suore che mi hanno tormentato per anni sono ancora i miei pastori. I vescovi nelle cui diocesi continuano a lavorare i miei carnefici, i funzionari romani che non hanno nemmeno indagato su uno dei miei carnefici e hanno assolto l'altro in forma sommaria, continuano a prendere decisioni in altri casi di abuso, e allo stesso tempo agiscono come investigatori in materia di abuso. Il pensiero è semplicemente insopportabile.
È insopportabile per noi vittime sopportare la discrepanza tra l'immagine pubblica degli attori della Chiesa e le loro azioni nei nostri confronti. Come vittime conclamate, accompagniamo sempre altre vittime. Di solito lo facciamo nell’ombra, gratis e talvolta fino al limite dell’esaurimento.
E così vediamo di continuo come le autorità episcopali rendano ogni giorno la vita difficile alle vittime: lasciandole senza risposta, facendole aspettare per sempre, facendole sbattere contro muri di cemento burocratico, scacciandole con frasi vuote, a volte mostrandosi all’inizio e in superficie amichevoli, per poi respingerle, intimidirle e ritraumatizzarle, mentre allo stesso tempo le autorità e i vescovi proteggono e assolvono i colpevoli con piena consapevolezza. Se le cose episodicamente da qualche parte vanno in modo diverso, è un’eccezione, e questo va detto chiaramente. I vertici ecclesiastici continuano a relativizzare e ritraumatizzare, e intanto dicono al pubblico e al popolo della Chiesa che molte cose sono migliorate e che ora si persegue intensamente la prevenzione e la trasparenza, cosa che il pubblico e i cosiddetti fedeli ordinari sono spesso fin troppo felici di ascoltare e credere. E se le nubi scure dell'indignazione pubblica si concentrano su un vescovo, basta che, davanti alla telecamera, pensi ad alta voce solo per una volta all'ordinazione delle donne, e l'umore cupo svanisce sotto i raggi della buona volontà generale.
In breve, questa cosiddetta crisi degli abusi è un disastro: una situazione irrimediabilmente confusa di ignoranza massiva, mancanza di trasparenza, incompetenza, pio desiderio, pubbliche relazioni, mancanza di scrupoli, concentrazione di potere, occultamento del potere, manipolazione, sofferenza spaventosa e kitsch spirituale, e in tutto ciò ci sono pochissime voci nel deserto, affogate nel groviglio. Capite la gravità della situazione?
Abbiamo un grosso problema, l'illusione della Chiesa come mondo perfetto. Sembra assurdo, ma anche in un'epoca in cui la parola Chiesa è quasi sinonimo di abuso, molti vi si aggrappano ancora. Sono illusioni che abbiamo avuto anche noi come vittime. In molti credevamo ancora nella Chiesa, anche dopo gli abusi. Sì, questo prete o questa comunità ha abusato di me, ma se il vescovo lo scopre, se lo denuncio a Roma, se ne occuperà, indagherà, farà giustizia... E anche se nel mio caso non ha funzionato, in linea di principio possiamo ancora fidarci della Chiesa. È solo questione di tempo prima che un numero sufficiente di responsabili capisca la gravità della situazione. Poi agiranno e tutto alla fine andrà bene. Non lo lasceranno di certo andare avanti così…
Questa speranza lascia poi il posto a una disillusione graduale e quanto mai dolorosa. All'inizio si può non credere che non fanno nulla o che addirittura mentono, intimidiscono o calunniano le vittime, mentre dicono davanti alle telecamere e ai microfoni che pensano prima alle vittime e che "si lasciano sempre toccare". Mi sento male ormai quando sento frasi del genere. Lo sopporto sempre meno. Lo sappiamo tutti. Ognuno di noi ha sintomi diversi. Io, per esempio, comincio a tremare in modo incontrollabile. So che non si vede dalla mia faccia: ma dover sentire questa impotenza, dover sopportare questo cinismo sfacciato e gelido, ha avuto un tale impatto su di me negli ultimi anni che mio marito, l'unico testimone, ha avuto davvero paura per me. E so, o sospetto, che molti di voi la pensino allo stesso modo. Che anche voi siate arrivati a questo punto. E sappiamo anche che alcuni non sono sopravvissuti. Non dimentichiamoli. Molti di loro potrebbero essere vivi oggi se i responsabili avessero agito responsabilmente in tempo.
La crisi degli abusi non ha fine. Tante volte negli ultimi dodici anni ho pensato: ho visto davvero tutto. Non può andare peggio. E invece sì. C'è ancora tanto sommerso negli abusi nella Chiesa cattolica. Vorrei solo sottolineare due enormi aree problematiche. In primo luogo, l'abuso spirituale organizzato in gruppi ecclesiali settari, dove le persone vengono deliberatamente rese inermi. Sono uomini, donne, bambini, intere famiglie, in mezzo a noi. Anche lì c'è abuso sessuale e spesso nemmeno un tentativo di simulare volontà di chiarezza. Per di più, c'è lo sfruttamento del lavoro e della conformità spirituale con gravi danni alla salute delle vittime e gravi danni istituzionali alla Chiesa, che nonostante tutto continua a proteggere questi gruppi. Secondo: l’elevato numero di gravidanze e aborti a seguito di abusi sessuali, anche tra minori. Nella maggior parte dei casi, gli autori, i preti cattolici, costringono le loro vittime ad abortire. E se i vescovi responsabili lo scoprono, molto rapidamente riabilitano gli autori. Mentre molte vittime, oltre a tutti i traumi, lottano col senso di colpa perché la Chiesa, maestra della vergogna, da un lato assolve l'autore dell'aborto, ma dall’altro ha sempre impresso nelle vittime l’idea che l'aborto è il peggiore di tutti i peccati.
In generale, il dibattito pubblico non ha nemmeno scalfito la superficie di ciò che è stato fatto e si sta facendo alle donne nella Chiesa cattolica. Personalmente ho rinunciato a sperare che questo pozzo della Chiesa, che sta divorando ogni speranza e fiducia, abbia un fondo: questa crisi è senza fondo. Non ha fine. È la fine della Chiesa cattolica. Perché?
L'illusione che la Chiesa stessa si è costruita e che tutti noi abbiamo perpetuato ci illude ancora oggi che la crisi degli abusi sia conseguenza di singoli casi o addirittura una crisi di comunicazione, o un faticoso processo di riforma: in alcuni luoghi dobbiamo apportare miglioramenti. Sarà faticoso, ma lo faremo.
L'amara verità, però, è che una riforma necessita di un minimo di struttura funzionante, di una costituzione, di un ordinamento, di fondamenta che non abbiano bisogno esse stesse di essere riformate. Queste fondamenta non esistono nella Chiesa cattolica. Se c'è un vescovo che ha detto qualcosa di vero sugli abusi, è stato Heiner Wilmer, quando ha detto che «l'abuso di potere è nel Dna della Chiesa». Cos'è questo Dna? Si pensava che fosse la creaturalità, la carità e l'incarnazione: una comunità in cui ci percepiamo come creature amate di Dio, in cui ognuno e tutti, per quanto insignificanti o imperfetti, hanno la stessa dignità e gli stessi diritti inalienabili. Quella, pensavamo, era la Chiesa. Ovviamente ci sbagliavamo tutti. Quella – semmai – può essere la fede cristiana, ma non è il Dna della Chiesa. Il Dna della Chiesa cattolica è la disparità tra le persone, che la sua leadership difende con veemenza e a cui si aggrappa a tutti i costi. Nella nostra Chiesa, sembra che solo poche persone siano immagini di Dio e che un'espressione di sé simile a Gesù sia loro estranea. Affermano di essere rappresentanti di Cristo che, come vescovi per grazia di Dio, hanno sovranità esclusiva sulla dottrina, le risorse, il diritto, la sua interpretazione e applicazione, e che non sono né legittimati né controllati da altri, ma esigono un'obbedienza incondizionata. La nostra Chiesa funziona come un ordine feudale di proprietà risalente al tempo in cui tali ordini dominavano l'Europa. Il fatto che la Chiesa non sia riuscita a sbarazzarsene in tempo è ormai la sua rovina.
Perché in sostanza questo è un ordine che contraddice diametralmente il Vangelo, perché divide le persone in preziose e senza valore, in quelle che hanno ragione e quelle che devono piegarsi a questo diritto. È la stessa logica che continua a esistere nelle menti autoritarie di tutto il mondo e che, dove prevale, inevitabilmente sfocia in violenza e sfruttamento.
Lo sappiamo: l'abuso esiste ovunque. Ma nella stragrande maggioranza delle società e dei sistemi giuridici di oggi, l'abuso di potere è chiaramente definito come una deviazione dalla norma. Nella Chiesa cattolica, invece, non ci può essere alcun abuso, a rigor di termini, perché ciò che chiamiamo abuso di potere sullo sfondo della nostra moderna comprensione del diritto e dell’etica, vale a dire il potere assoluto e incontrollato dei governanti su tutti gli ambiti della vita dei subordinati, tende a essere la norma dell'esercizio del potere nella Chiesa cattolica, che non la intende come abuso. I credenti non hanno diritti degni di questo nome nella Chiesa, nessun diritto all'autodeterminazione o alla libertà, nessun diritto di parola o di difesa che possa porre limiti al governo della Chiesa. Non c'è alcun diritto all'autonomia intellettuale o sessuale, alla libertà di coscienza, nessun diritto delle donne, dei bambini, nessun diritto umano, in questa Chiesa. Mentre gli Stati e le società di tutto il mondo hanno sancito tali diritti nelle loro costituzioni, la Chiesa vi si è opposta con veemenza e perseveranza. I diritti dei bambini, in particolare, hanno consentito alle società moderne di comprendere l'abuso sui minori come l'orribile crimine che è, non un'offesa alla morale, ma un crimine contro il diritto di una persona all'autodeterminazione. Invece il diritto della Chiesa vede qui, anche dopo la più recente riforma del diritto penale, solo chierici che trasgrediscono il loro dovere di celibato violando "il sesto comandamento" non contro, ma "con un minore", con tutte le conseguenze che ciò comporta per i procedimenti penali e per il modo in cui la Chiesa tratta gli imputati, i colpevoli e le vittime. Ancora oggi – a 12 anni dallo scoppio della crisi in Germania e quasi a 40 anni da quello negli Stati Uniti – i procedimenti ecclesiastici sono segreti. A oggi, le vittime di reati sessuali non sono viste come tali nei procedimenti ecclesiastici. A oggi, non hanno accesso ai fascicoli e non possono costituirsi parte civile. Questa è l'amara verità: nonostante tutta la retorica sul venire a patti con il passato, tutte le perizie, le linee guida e le riforme cosmetiche, alla Chiesa cattolica mancano ancora le basi più elementari per comprendere l'abuso come tale. Questa è la lezione più amara che abbiamo dovuto imparare come vittime, e che gran parte della Chiesa, dei media laici e della politica ancora non vuole ammettere.
È una parte di quel massacro che è la crisi degli abusi: l'illusione della Chiesa buona e degna di fiducia. Nonostante la crisi degli abusi o proprio per questo. La maggioranza, all’inizio, non voleva ammettere che i preti abusassero dei bambini e che i vescovi continuassero a impiegarli; ora non vuole ammettere che il tempo e pochi gesti non basteranno. Ovunque nella Chiesa si parli di abusi, c'è una grande fame di parole di speranza. Si vogliono sentire parole di incoraggiamento, anche e soprattutto da noi vittime. Ma personalmente sono a un punto in cui non posso più parlare e scrivere in questo modo. Ho perso ogni fiducia e aspettativa nella Chiesa cattolica. Per tutto ciò che ho vissuto personalmente e insieme ad altre vittime, per ciò che ho visto con lo studio accademico e attraverso l'analisi dei dossier, ho semplicemente perso l'illusione a cui tanti altri ancora si aggrappano.
Basta leggere i testi giuridici e i documenti dottrinali della Chiesa cattolica. Basta parlare con persone che hanno sentito il disagio delle norme ecclesiastiche. Come vittime di abusi nella Chiesa, basta chiedere giustizia e ci si libera da ogni illusione sulla Chiesa. Può sembrare paradossale, ma è molto liberatorio. Per noi vittime è vero: contro chi è sopravvissuto a ciò cui siamo sopravvissuti noi, la Chiesa non può più nulla. Non è più colpito dalla retorica episcopale, dalle immagini sorridenti del papa e dai testi promozionali della Chiesa. Sappiamo cosa abbiamo visto. Vediamo che il re è nudo, anche se altri lodano ancora i suoi abiti nuovi e stravaganti. Eppure avremmo potuto liberarci da queste illusioni molto tempo fa. La consapevolezza era a portata di mano. Le voci di allarme c'erano, ma erano troppo poche e sono state sistematicamente e costantemente emarginate nel corso dei decenni, mentre tante altre sono state zitte per troppo tempo.
Prima e dopo il Concilio, in molti sembravano non aver capito la radice del problema: non riformatori e conservatori, né giochi di perle di vetro sovratemporali e teologici. Molti dibattiti degli ultimi decenni hanno riguardato l'oltraggiosa presunzione di un piccolo gruppo di persone di governare su tutti gli altri al posto di Dio. Si trattava della follia politica di staccarsi dalla realtà, dalla ricerca teologica e dal popolo della Chiesa, come ha fatto e continua a fare il governo centrale della Chiesa a Roma. Le conseguenze di questo sistema su milioni di persone che sono di fatto alla mercé dell'arbitrio clericale, senza diritti, sono disastrose. Purtroppo, molti dei cattolici più privilegiati, contro il loro migliore giudizio, sono scesi a compromessi con questo sistema, rimanendo a lungo cautamente in silenzio, alcuni per il resto della loro vita, e evitando in generale argomenti, richieste e azioni che avrebbero smascherato coloro che detengono il potere. Sono in parte responsabili del fatto che molte altre persone indifese fossero – e siano tuttora – impotenti alla mercé della violenza del clero.
Ci è voluto molto tempo prima che le associazioni ecclesiali e la teologia accademica affrontassero la questione degli abusi. Per le vittime è tardi. Molti di noi hanno potuto fare affidamento su strutture statali e sistemi di aiuto e su una stampa indipendente, quando hanno iniziato a parlare.
Penso spesso alle persone colpite prima dello scoppio della crisi o alle vittime di Paesi come l'Ungheria, l'Italia o la Polonia; dove Stato, media, società e Chiesa sono così strettamente intrecciati, esse sono ancora più vulnerabili e impotenti. Per non parlare dei paesi dell'Africa e dell'Asia. Quindi siamo ancora all'inizio del risveglio. Ma noi, le vittime, e quelli che ci hanno ascoltato e compreso, abbiamo fatto un passo decisivo: abbiamo detto ciò che era, e diciamo ciò che è.
C'è qualcosa di profetico e quasi poetico nel fatto che, tra tutte le persone, coloro che hanno sperimentato l'arbitrio più crudele dei vertici sono i primi a non avere più paura di smascherarli. Non hanno paura di parlare. Sappiamo cosa abbiamo visto e sperimentato. Non possiamo più essere presi in giro. Gli alti funzionari e le persone con incarichi e permessi ecclesiastici, invece, hanno ancora paura e rimangono fedeli a un sistema di potere ingiusto, e devono stare attenti alle parole che usano e alle orecchie dell'episcopato. Noi no.
Sono le persone più impotenti in questa Chiesa a renderle il maggiore servizio, perché denunciano chiaramente il sistema disfunzionale di potere e, per di più, profondamente non cristiano di questa Chiesa. Perché ricordano a chi la governa e ai credenti la lezione più importante, vale a dire il messaggio della dignità divina di ogni singolo essere umano.
Tutti portiamo in noi questa dignità e possediamo i diritti inalienabili che ne derivano. Sarebbe stato compito della Chiesa rispettare e difendere questi diritti contro le resistenze e l’arbitrio. Qualunque cosa accada alla Chiesa, continuerà a essere il nostro compito. Il rispetto e la difesa della dignità di ogni essere umano è qualcosa con cui tutti dovremo misurarci.
Foto di Oscar Keys presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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