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L’Università italiana va in guerra

L’Università italiana va in guerra

L’agenda della politica estera e di difesa è sempre più condizionata dalle holding dell’energia e dei sistemi d’arma mentre si afferma il modello-sistema militare, industriale, finanziario, accademico e della ricerca. Militarizzazione della società e dell’economia e militarizzazione dell’università e della didattica, processi paralleli che si autoalimentano, comprimendo sempre più gli spazi di partecipazione e agibilità democratica. Alla Cultura della Pace e della promozione di diritti e libertà, governi, forze politiche e vertici delle forze armate contrappongono la Cultura della Difesa e della Sicurezza.

Non c’è documento programmatico o di bilancio degli ultimi anni in cui non compaia almeno una volta il concetto Cultura della Difesa. Per comprenderne le origini e il significato bisogna andare al testo della legge n.124 del 2007 con cui sono stati “riformati” i servizi segreti. Tra gli obiettivi della nuova architettura d’intelligence viene specificato quello di “far crescere la consapevolezza per i temi dell’interesse nazionale, e della sua difesa, in tutte le declinazioni che esso assume di fronte alle sfide della globalizzazione e alle minacce transnazionali che arrivano dentro il sistema Paese mettendo a rischio la sua integrità patrimoniale e industriale, la sua competitività, la sicurezza delle sue infrastrutture e dei sistemi informativi”. I riferimenti sono alla Cultura della Sicurezza e l’organo preposto alla sua definizione è il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), che sovrintende alle attività delle due agenzie d’intelligence, l’AISE per la “sicurezza esterna” e l’AISI per quella “interna”. “Il DIS deve essere in continuo contatto con il sistema educativo nazionale, dalle scuole superiori alle università, e con tutti coloro che si occupano a vario titolo di intelligence e contribuiscono alla creazione di una via nazionale per la diffusione della cultura della sicurezza”, specifica la legge. Nei fatti viene sancita la cooptazione del sistema scolastico e accademico all’interno degli apparati sicuritari e militari riproducendo il modello implementato in quei paesi che hanno fatto della guerra l’essenza stessa della propria esistenza (Israele, petromonarchie, ecc.).

Con il secondo governo Conte, la Cultura della Difesa è stata elevata a principio politico-educativo-economico strategico. “L’obiettivo è quello di facilitare i cittadini a comprendere i temi di interesse strategico per la Difesa, acquisire sistemi ed equipaggiamenti per le forze armate, valorizzare le capacità dell’industria nazionale e sostenere la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica”, ha spiegato il ministro della difesa Lorenzo Guerini. L’intenzione è cioè quella di estendere a tutte le fasce sociali e generazionali l’incondizionato consenso per le forze armate, le missioni di guerra internazionali e le industrie belliche affinché ogni cittadino sia disponibile a maggiori sacrifici in termini di tagli salariali e accesso ai servizi sociali e al trasferimento di ulteriori risorse pubbliche alla produzione e all’acquisto di armi tecnologicamente avanzate. “Invito tutti ad essere attori di uno sforzo comune per far crescere la Cultura della Difesa e la consapevolezza del ruolo che riveste per il Sistema Paese”, ha aggiunto Guerini. “Dobbiamo avviare un percorso teso ad incrementare gli investimenti e allineare, progressivamente, il rapporto budget Difesa–PIL alla media degli altri Alleati europei”.

Nel Documento Programmatico per il triennio 2020-22, lo Stato Maggiore chiarisce il ruolo centrale dell’Università e della ricerca per il complesso industriale-militare. “Il processo di ammodernamento delle Forze Armate richiede una base industriale nazionale solida e capace di sviluppare prodotti all’avanguardia (…); è pertanto necessario dare ulteriore concretezza alla cooperazione tra Difesa, Università e Industria di settore”, vi si legge. “Nell’ambito di tali collaborazioni, la Difesa è chiamata ad aprirsi al mondo della ricerca universitaria, rappresentando le sfide tecnologiche da affrontare in collaborazione con l’Industria, che deve tradurre i requisiti operativi in prodotti competitivi sul mercato internazionale”. Da qui l’esigenza di un Piano Nazionale della Ricerca Militare da svolgere “presso industrie, piccole e medie imprese, università e enti di ricerca nazionali, pubblici e privati, volti a favorire il mantenimento/potenziamento dei livelli di eccellenza a livello europeo/mondiale in taluni specifici settori tecnologici”.

La pandemia non ha né compromesso né rallentato il processo di cooptazione delle maggiori istituzioni accademiche: nell’ultimo biennio sono state sottoscritte innumerevoli convenzioni tra forze armate e holding armiere e gli atenei pubblici e privati. L’ultimo risale allo scorso 13 gennaio: il Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti ha formalizzato la partnership con l’Università di Napoli “Federico II” e il Politecnico di Bari per “individuare percorsi virtuosi di ricerca e sviluppo sui temi dell’innovazione tecnologica e su quelli della riqualificazione delle aree militari con particolare interesse e riferimento agli aspetti urbanistici, ambientali e di risparmio energetico”. I due accordi “perseguono l’obiettivo di una cooperazione volta a diffondere la cultura della ricerca”, spiega il Ministero della Difesa. “Le partnership rappresentano un ulteriore passo in avanti nella realizzazione di una Rete Scientifica diffusa su tutto il territorio nazionale, di cui fanno già parte altri Atenei italiani, quali il Politecnico di Torino, il Politecnico di Milano, la Libera Università di Bolzano, le Università di Palermo e di Cagliari, che oltre a rappresentare un’interessante occasione di confronto tra le istituzioni vuole, altresì, fornire un contributo concreto allo sviluppo del Sistema Paese”. Un network di respiro nazionale che fonde nella narrazione Cultura della Difesa e della Sicurezza, Cultura della Ricerca e Sistema Italia.

Continua in: http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2022/04/luniversita-italiana-va-in-guerra.html in data 10 aprile

(Articolo pubblicato anche in Gli Asini, rivista n. 97, marzo 2022)

 

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