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Guerra ed energia: non esistono alternative alla transizione ecologica

Guerra ed energia: non esistono alternative alla transizione ecologica

Sul nuovo numero di Iriad Review, periodico di studi sulla pace e sui conflitti pubblicato dall’IRIAD (Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo), si parla di temi di scottante attualità, legati all’aggressione russa all’Ucraina: “La guerra delle risorse energetiche e l’ecotransizione”; “La politica della difesa russa nel XXI secolo”; “L’arsenale nucleare russo”.

Sfoglia la rivista sul sito dell’IRIAD

Sul conflitto in corso incombe costantemente la minaccia nucleare, ma la Russia può vantare anche «un arsenale convenzionale dalle dimensioni non trascurabili», spiega nell’articolo di apertura il direttore editoriale Maurizio Simoncelli. «In questo numero analizziamo sia la dimensione degli arsenali nucleari russi, sia l’industria degli armamenti, due questioni che sono emerse proprio durante questa guerra, dove s’intreccia la dimensione della guerra convenzionale con altre forme, quella della cyberwarfare, quella mediatica e della propaganda, e diverse altre, tra cui rilevante è quella delle sanzioni economiche», intorno alle quali non si riesce a trovare in Europa una posizione comune, per via delle forniture russe di gas, che nel 2021 rappresentavano il 45% delle importazioni totali. Di fatto, spiega Simoncelli, acquistando ancora oggi il gas russo, l’Unione Europea contribuisce al finanziamento della guerra di Putin. E Paesi come Germania e Italia, che importano dalla Russia rispettivamente il 40% e il 38% del proprio fabbisogno di gas, e che negli ultimi anni non hanno investito a sufficienza nelle rinnovabili, non riescono oggi ad affrancarsi da quelle forniture in tempi rapidi. L’Italia, accusa Simoncelli, «solo oggi si accorge della pericolosità della dipendenza da un Paese predominante e che è opportuno non solo diversificare i fornitori, ma anche cominciare a pensare ad un piano in sintonia con la transizione ecologica, opzione ancor più obbligata in relazione ai drammatici cambiamenti climatici».

Eppure, il governo Draghi, in questi tempi di crisi, ha risuscitato persino l’ipotesi di riaprire le centrali a carbone, inquietante e ipocrita, sottolinea ancora Simoncelli, visto che «nel 2020 il 55,8% del carbone utilizzato dalle nostre centrali proveniva dalla Russia! Come si dice, dalla padella alla brace».

Non solo: tra le ipotesi di “sostituzione” del gas russo, il governo ha addirittura paventato l’ipotesi di aprire centrali nucleari, spettro che si pensava scacciato una volta per tutte dai referendum del 1987 e del 2011. «Oltre ai tempi necessari per la costruzione (si parla di almeno dieci/quindici anni)» e al problema dello stoccaggio delle scorie, spiega Simoncelli, esistono anche altri problemi: innanzitutto, il popolo italiano sulla faccenda si è espresso chiaramente; secondo, tali centrali «sarebbero ottimi obiettivi da attaccare in caso di conflitto o di attacco terroristico»; terzo, la conformazione del territorio e il rischio sismico rende l’Italia una terra poco ospitale per le centrali nucleari.

La soluzione più conveniente e meno rischiosa sotto ogni punto di vista resta per l’Italia l’incremento delle energie rinnovabili: «Con un largo uso delle energie rinnovabili non si sarebbe fortemente esposti né all’attuale e massiccio import di gas e petrolio, né all’azione di un fornitore che può usare le sue materie prime per condizionarci pesantemente, né a non poter controllare i prezzi dell’energia e a subirne passivamente le oscillazioni e le speculazioni. La transizione ecologica non è dunque un’ipotesi utopica, ma un progetto politico ed economico che sta dimostrando tutta la sua importanza e validità proprio in questo momento di guerra. La nostra classe politica ed il governo, sia a livello nazionale sia a livello europeo, sapranno trarne utili indicazioni strategiche per il futuro?».

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