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La crisi climatica aggrava la fame nel mondo. I Paesi più ricchi se ne assumano la responsabilità

La crisi climatica aggrava la fame nel mondo. I Paesi più ricchi se ne assumano la responsabilità

Hunger in a heating world. How the climate crisis is fuelling hunger in an already hungry world è il nuovo rapporto di Oxfam che racconta l’aggravarsi della fame a seguito dei cambiamenti climatici nei 10 Paesi già colpiti da fenomeni di acuto impoverimento (Somalia, Haiti, Gibuti, Kenya, Niger, Afghanistan, Guatemala, Madagascar, Burkina Faso e Zimbabwe). «In soli 6 anni il numero di persone colpite dalla fame è più che raddoppiato nei 10 Paesi che hanno registrato il maggior numero di eventi climatici estremi», come cicloni, alluvioni e desertificazione. «Erano 21 milioni nel 2016, oggi sono 48 milioni, 18 milioni dei quali realmente sull’orlo della carestia», spiega un comunicato di Oxfam Italia del 16 settembre, giorno della pubblicazione del dossier.

«La crisi climatica non è più un’emergenza pronta ad esplodere, ma una realtà di portata epocale che si sta consumando sotto i nostri occhi», ha spiegato Francesco Petrelli (policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia). «Il numero di eventi climatici sempre più estremi e imprevedibili è cresciuto di ben 5 volte nell’ultimo mezzo secolo. Per milioni di persone già colpite dagli effetti della guerra in Ucraina e dalle crescenti disuguaglianze, è impossibile fronteggiare i disastri climatici». Secondo Petrelli «siamo di fronte ad una tempesta perfetta che produce una crescita esponenziale della fame globale, per la quale devono essere adottate misure urgenti, radicali e non più rinviabili».

Nel Rapporto di Oxfam si parla di Paesi che pagano il prezzo più elevato dei cambiamenti climatici in termini di vite umane, danni a case e infrastrutture, migrazioni forzate, pur essendo paradossalmente responsabili, tutti insieme, dello 0,13% delle emissioni globali di CO2 in atmosfera. I Paesi del G20, più ricchi e ben più in grado di far fronte agli eventi estremi, sono producono invece il 76,60% delle emissioni di CO2. «La fame alimentata dalla crisi climatica», prosegue Petrelli, «è la riprova delle profonde disuguaglianze che attraversano il pianeta. (...). Nell’indice globale che misura quanto i diversi Paesi siano in grado di adattarsi al cambiamento climatico, quelli più colpiti sono agli ultimi posti». E intanto i leader del G20, «che controllano l’80% dell’economia mondiale» sono in prima linea nella difesa delle grandi aziende inquinanti, «spesso tra i primi sostenitori delle loro campagne politiche ed elettorali». È dunque evidente, avverte Petrelli, «quanto sia urgente un cambio di paradigma per far fronte a questa immane crisi».

Il rappresentante di Oxfam Italia chiede dunque ai leader mondiali riuniti nell’Assemblea generale Onu di questa settimana e alla Cop27 di novembre, di mantenere le promesse «sul taglio delle emissioni e sui finanziamenti per l’adattamento alla crisi climatica dei Paesi poveri e più colpiti». Occorre poi stanziare fondi per far fronte all’emergenza. «Farlo è un dovere etico, non è carità. È un’assunzione di responsabilità che riguarda il nostro comune futuro», sottolinea Petrelli. «È poi evidente, che non possiamo risolvere la crisi climatica senza correggere le disuguaglianze presenti nel sistema alimentare e in quello energetico. La strada da seguire è far pagare chi inquina di più: un’addizionale di appena l’1% sui profitti annui delle multinazionali che producono energia da combustibili fossili porterebbe circa 10 miliardi di dollari di entrate per gli Stati, sufficienti a colmare gli ammanchi finanziari per far fronte all’aumento della fame globale».

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