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"L'anello debole": presentazione del Rapporto Caritas sulla povertà

In occasione della “Giornata internazionale per l'eradicazione della povertà”, che si celebra ogni 17 ottobre, Caritas Italiana ha presentato L’anello debole. Rapporto 2022 su povertà ed esclusione sociale in Italia, giunto alla 21a edizione annuale (a questo link il video integrale della presentazione alla Sala Stampa Estera di Roma).

Il Rapporto – che mette insieme le statistiche ufficiali e i dati raccolti nei circa 2800 Centri d’ascolto Caritas sparsi sul territorio italiano – parla di 5,6 milioni di persone che nel 2021 vivono in condizione di povertà assoluta (1,4 milioni i bambini), dato accresciuto dalla pandemia e prevedibilmente in rapido peggioramento a causa degli effetti nefasti della guerra, della crisi alimentare ed energetica. Un bacino di poveri nel quale si distinguono sempre più persone che entrano ed escono a seconda delle vicissitudini umane e lavorative, e un gruppo sempre più consistente di “lavoratori poveri”, il 13% degli occupati cioè che non riescono a vivere dei loro guadagni.

Tra gli “anelli deboli” il Rapporto di Caritas Italiana dedica particolare attenzione ai «giovani, colpiti da molte forme di povertà: dalla povertà ereditaria, che si trasmette “di padre in figlio” per cui occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito; alla povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore, riesce a ottenere un diploma universitario».

Il cardinale arcivescovo di Bologna e presidente Cei, Matteo Zuppi, è intervenuto alla presentazione attraverso un videomessaggio che è un grande appello alla coesione e al prendersi cura dei più poveri per il bene di tutti. Il Rapporto Caritas rappresenta per il Paese quello che delle analisi del sangue con valori sballati indicano al paziente, ha sottolineato Zuppi: «Vedere che quasi sei milioni di persone sono in povertà assoluta è un valore sballato nell’organismo del nostro Paese, che richiede quindi, ovviamente, dei cambiamenti, delle terapie, delle scelte, perché se continuiamo ad avere un dato così tutto l’organismo si ammala». E ancora: «l’anello debole lo devi rendere forte altrimenti si spezza tutta la catena. L’anello debole lo rendi forte ristabilendo l’educazione o investendo seriamente sull’educazione» delle giovani generazioni.

In conclusione del suo messaggio, Zuppi affronta il nodo spinoso del Reddito di Cittadinanza (Rdc), invocando «molto equilibrio» da parte del nuovo governo. Il Rdc è percepito da 4,7 milioni di persone, afferma Zuppi, «ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti. Quindi c’è un aggiustamento da fare ma mantenendo questo impegno», fondamentale nel tempo di una crisi destinata ad aggravarsi.

Un appello praticamente analogo è stato lanciato anche dal presidente di Caritas Italiana, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli: «Non spetta a Caritas, né alla Chiesa dare precise indicazioni a chi ha il compito e la grave responsabilità di legiferare e di amministrare per il bene comune, cioè di tutti, anzitutto dei poveri. In ogni caso, anche rivedendo gli strumenti finora in essere e tenendo conto del quadro pesante dei prossimi mesi e delle risorse limitate, occorre trovare modalità per “tenere a galla” (se mi permettete una semplice immagine) chi rischia di affondare e poi anche per aiutarlo a imparare a nuotare e comunque a raggiungere una sponda sicura». L’assistenza ai poveri non deve concludersi con la seppur necessaria mobilitazione di risorse per far fronte all’emergenza, ha poi aggiunto: «Accanto a politiche di contrasto alla povertà comunque accompagnate con interventi di inclusione sociale (istruzione, genitorialità, sostegno psicologico, cura e salute, ecc.), servono misure contro la disoccupazione, di inclusione lavorativa».

L’obiettivo, spiega Redaelli, resta l’edificazione di un'economia «al servizio degli uomini», «finalizzata alla pienezza della dignità umana» e sottoposta «a regole che non sono soltanto quelle del mercato». Una sfida non certo facile, conclude, ma «condizione necessaria per non rimanere sopraffatti dalla logica della inevitabilità dei dati e delle tendenze».

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