
Immigrazione e ingiustizia climatica. Anticipazione del Dossier Immigrazione 2022
Un focus su “L’immigrazione in Italia è sempre più “climatica” è stato diffuso dal Centro Studi e Ricerche IDOS, in collaborazione con Centro Studi Confronti e Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, come anticipazione del Dossier Statistico Immigrazione 2022, che sarà presentato il 27 ottobre, alle 10.30, a Roma presso il Nuovo Teatro Orione (via Tortona, 7) e in contemporanea in tutte le Regioni (tutte le presentazioni qui).
A fine 2021, si legge sul documento diffuso il 24 ottobre, si registrava un incremento dell’8% di migranti forzati nel mondo, arrivati poi a quota 100 milioni dopo l’aggressione russa all’Ucraina iniziata il 24 febbraio. La quantità dei profughi per cause climatiche resta incerta, perché Italia ed Europa non riconosco loro lo status di rifugiati. Eppure l’Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc) ribadisce che, negli ultimi 15 anni, spiega l’anticipazione del Dossier Immigrazione 2022, «i disastri naturali sono stati la causa principale della maggior parte degli sfollamenti interni. Solo nel 2021 sono stati registrati 23,7 milioni di nuovi sfollati per cause ambientali, contro i 14,3 milioni prodotti dai conflitti. Tra i Paesi più colpiti: Cina, Filippine e India». Un numero destinato a crescere per via dei cambiamenti climatici, tanto che, secondo la Banca Mondiale, «entro il 2050 i migranti ambientali potrebbero arrivare a 220 milioni di persone».
L’impatto del cambiamento climatico, spiega IDOS, «non è uguale per tutti». È maggiormente esposto ai rischi connessi ai mutamenti del clima chi vive in aree più fragili, chi non dispone di risorse e politiche di adattamento e resilienza, chi per sua condizione (bambini, donne, anziani) è maggiormente vulnerabile. In sintesi, afferma il Dossier Statistico, «a essere colpiti sono soprattutto i Paesi poveri e i poveri che vivono nei Paesi ricchi».
Emblematico il caso italiano, sottolinea l’anticipazione del Dossier: «Nel 2021 i primi Paesi di origine delle persone arrivate nella nostra penisola erano tra quelli più colpiti da siccità e alluvioni».
Dove vanno i migranti climatici? Altro dato paradossale, rispetto alla pecezione e alla narrazione dominante nei Paesi ad alto reddito: sempre nel 2021, «l’83% dei rifugiati è stato accolto in Paesi a reddito basso o medio. Eppure, negli Stati più ricchi e maggiormente responsabili della crisi climatica continua a diffondersi un allarmismo sull’arrivo in massa di profughi climatici. Sempre più denaro pubblico viene speso per militarizzare i confini piuttosto che per ridurre le cause del disastro climatico, alimentando il cosiddetto global climate wall, un muro climatico globale, fatto di ingenti investimenti economici per barriere, droni, tecnologie di sorveglianza, a detrimento degli aiuti necessari ai Paesi più vulnerabili per mitigare e adattarsi al cambiamento climatico».
Il conflitto in Ucraina, con l’aumento dei generi alimentari e la crisi energetica, non fa che peggiorare la situazione, spingendo numerosi Paesi a riprendere trivellazioni e a rispolverare il carbone.
Secondo Luca Di Sciullo (presidente IDOS) «Ingiustizia climatica e ingiustizia sociale si saldano e la migrazione diventa l’unica strategia di adattamento per chi non ha altra alternativa che fuggire dalla povertà in tutte le sue forme. Non basta evitare i conflitti per risolvere la questione delle migrazioni forzate; è anche necessario imparare a convivere in maniera più sostenibile con il nostro pianeta, rovesciando l’attuale modello di sviluppo e ragionando concretamente sul diritto a migrare».
Leggi l'anticipazione sul sito del Centro Studi IDOS
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