Brasile: vince Lula. Il suo programma per i poveri, l'ambiente, gli indigeni
BRASILIA-ADISTA. Si insedierà il 1° gennaio, in qualità di presidente del Brasile, Luis Inacio Lula da Silva, che ieri al secondo turno delle elezioni presidenziali ha battuto il suo antagonista, Jair Bolsonaro, con il 50,9% (59.630.140 in numeri assoluti) dei voti contro il 49,1% (57.675.427). Circa 156 milioni erano gli aventi diritto al voto (la popolazione è intorno ai 200); l’astensione è stata del 20,09; le schede nulle hanno superato i 5 milioni e 700mila.
Non più di un paio di milioni di differenza (sugli oltre 124 milioni di schede votate) fra i due contendenti. Una vittoria di misura rispetto ai sondaggi. D’altronde, il governo Bolsonaro ha reso difficile a molti brasiliani – soprattutto delle periferie e delle vaste campagne – recarsi alle urne, spesso molto lontane dai luoghi di residenza, sia moltiplicando posti di blocco, come sostiene O Globo, sia non rispettando in molte città il diritto all’uso gratuito dei mezzi di trasporto, previsto per legge.
Fra i 27 Stati che compongono la Federazione, il miglior successo Lula lo ha raggiunto nello Stato di Piaui (parte nord-orientale del Paese, nell'arida regione del sertão) con il 77% dei voti, il peggiore nello Stato di Roraima (nel nord del Paese, al confine con il Venezuela) dove ha raggranellato solo il 24% del consenso. Lo Stato dove i due avversari hanno pareggiato è quello di Minas Gerais (situato nel Sudeste).
«Hanno provato a seppellirmi vivo ma sono risorto», ha dichiarato parlando a São Paulo, definendo le elezioni appena vinte una delle «più importanti della nostra storia» e promettendo di «ristabilire la pace tra le divergenze» dopo una campagna elettorale ad alzo zero.
Oggi 77enne, Lula ha iniziato il suo impegno politico ancora negli anni '70, quando, all'epoca della dittatura militare, Lula era direttore dell'Unione metallurgica di São Bernardo do Campo. Nel 1975 Lula fu eletto presidente del sindacato, che rappresentava 100.000 lavoratori. Nel 1980 crea il Partido dos Trabalhadores (PT) e qualche anno dopo fonde anche la Central Única dos Trabalhadores (CUT).
Si presenta come candidato presidente nel 1989, nel 1994 e nel 1998, perdendo anche per un pugno di voti. Vince invece nel 2002 e nel 2006. Quando termina nel 2010, il suo governo ha un gradimento dell’80%.
Seguono gli anni in cui è accusato e processato per corruzione (affare Lava Jato) e sconta 580 giorni di carcere fino all’assoluzione completa che nell’anno in corso gli consente di ripresentarsi alla contesa presidenziale. Non ce la fa per pochissimo al primo turno, il 2 ottobre, ha dovuto attendere ancora quasi un mese.
È stato programmatico il suo discorso a urne calde a São Paulo. Accenniamo qui ad alcuni degli argomenti che ha affrontato.
Lula ha segnalato l’importanza della pacificazione: «Solo così potremo costruire un Paese per tutti. Un Brasile egualitario, la cui priorità sono le persone che ne hanno più bisogno. Un Brasile con pace, democrazia e opportunità». Poi la urgente lotta alla fame, riprendendo una politica coronata da successo nelle su precedenti presidenze. «Non possiamo accettare come normale – ha detto – che milioni di uomini, donne e bambini in questo Paese non abbiano da mangiare o che consumino meno calorie e proteine ??del necessario».
Fondamentale, ha aggiunto, è prendersi cura della cultura: «libri invece di armi» e teatro e cinema «perché la cultura nutre la nostra anima», ha affermato. Se, durante il governo Bolsonaro, i certificati di registrazione delle armi da fuoco è cresciuto del 474%, «è ora di deporre le armi che non avrebbero mai dovuto essere impugnate», ha detto, «le pistole uccidono. E noi scegliamo la vita».
Venendo all’economia, ha promesso che «tornerà a girare, con la creazione di posti di lavoro, l'aumento dei salari e la rinegoziazione dei debiti per le famiglie che hanno perso il potere d'acquisto». I poveri torneranno «a far parte del bilancio», come i «piccoli e medi produttori rurali, responsabili del 70% del cibo che arriva sulle nostre tavole»
Parlando della questione femminile, ha affermato che è necessario «rafforzare le politiche per combattere la violenza contro le donne e garantire che guadagnino lo stesso salario degli uomini nello stesso ruolo».
Lula ha rafforzato il suo impegno per l'agenda ambientale, dando priorità alla lotta contro la distruzione dell'Amazzonia di cui Bolsonaro ha fatto scempio e alla lotta contro le attività illegali nella regione. Ha ricordato che, nelle sue precedenti amministrazioni, aveva ridotto dell'80% la deforestazione nel bioma. «Il Brasile e il pianeta – sono state le sue parole - hanno bisogno di un'Amazzonia viva. Un albero in piedi vale più di tonnellate di legno raccolte illegalmente da chi pensa solo a un facile profitto, a scapito del deterioramento della vita sulla Terra. Un fiume di acqua limpida vale molto di più di tutto l'oro estratto a spese del mercurio che uccide la fauna e mette a rischio la vita umana».
E poiché la lotta per la difesa dell’Amazzonia è tutt’uno con la protezione delle popolazioni indigene, ha assicurato che «riprenderemo il monitoraggio e la sorveglianza dell'Amazzonia e combatteremo qualsiasi attività illegale, sia mineraria, mineraria, disboscamento o occupazione agricola impropria», perché «quando un bambino indigeno muore assassinato dall'avidità dei predatori dell'ambiente, una parte dell'umanità muore insieme a lui». In difesa delle minoranze, ha sostenuto, è necessario «affrontare senza sosta razzismo, pregiudizio e discriminazione, in modo che bianchi, neri e indigeni abbiano gli stessi diritti e opportunità».
*Foto tratta da pixabay.com, immagine originale e licenza
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