Il cardinale di Managua: continuare il dialogo con Ortega. I critici: quale dialogo?
«Dobbiamo sempre portare avanti il dialogo. Il dialogo inizia ma non si sa quando finisce, dobbiamo andare avanti, promuoverlo sempre. Il Papa sempre ci dà questa indicazione: il dialogo non può finire». Così ha risposto ai microfoni della Radio Vaticana il 31 ottobre scorso il card. Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua.
Si era appena incontrato con papa Francesco: «Il Santo Padre conosce bene la nostra situazione, è sempre informato – ha assicurato –, mi ha detto di andare avanti con la predicazione e con l’accompagnamento della nostra gente, rimanere specialmente con la nostra gente umile e sensibile e vicino ai sacerdoti». E di andare avanti con il dialogo in corso, come rivelato da papa Bergoglio, il 15 settembre, nella conversazione con i giornalisti di ritorno dal Kazkistan: «Sul Nicaragua, le notizie sono chiare, tutte. C’è dialogo, in questo momento c’è dialogo. Si è parlato con il governo, c’è dialogo. Questo non vuol dire che si approvi tutto quel che fa il governo o che si disapprovi tutto. No. C’è dialogo, e quando c’è dialogo è perché c’è bisogno di risolvere dei problemi. In questo momento ci sono dei problemi».
Brenes ha insistito sulla necessità del dialogo anche nell’intervista rilasciata lo stesso 31/10 all’agenzia Roma Report, spiegando che «nella nostra predicazione come pastori in Nicaragua, vogliamo essere i pastori che annunciano la speranza. Il Santo Padre ci ha sempre detto che non possiamo guardare indietro di fronte ai problemi, ma dobbiamo guardare sempre avanti. Ed è ciò che in pratica hanno proposto i vescovi del Nicaragua e anche del Centroamerica». «Il Vangelo ci dice che dobbiamo sempre pregare per coloro che ci criticano, per coloro che dicono cose contro di noi» cercando di «avere un cuore calmo» e pregando. «Il dialogo non dovrebbe mai fermarsi, abbiamo esperienza, in Nicaragua c'è stata la guerra e ci sono stati dialoghi».
Non sembra convenire con questo atteggiamento il presidente nicaraguense Daniel Ortega, che accusa la Chiesa di aizzargli contro la popolazione che dal 2018 manifesta per le strade contro un regime che ritiene oppressivo, violento e incapace di far fronte alle difficoltà economiche. Il suo governo nel corso del 2022 ha espulso il nunzio apostolico mons. Waldemar Stanislaw Sommertag; ha condannato mons. Rolando Alvarez, critico del regime, agli arresti domiciliari per attività «destabilizzanti e provocatorie», e una decina fra sacerdoti e laici suoi collaboratori sono nelle celle di massima sicurezza e sotto inchiesta; ha negato l'ingresso nel Paese a diversi sacerdoti critici nei confronti della sua politica, e altri 55 sono andati in esilio; ha chiuso i media cattolici ed espulso dal Paese diverse organizzazioni cattoliche, fra le quali le Missionarie della Carità.
Non ha fatto un minimo passo diplomatico indietro, Ortega, neanche dopo il messaggio inviatogli dal papa per la festa nazionale del 15 settembre, quando nel Paese centroamericano si festeggiano i 197 anni dell’indipendenza. Gesù, «Principe della pace», aveva scritto il pontefice, conceda a tutti «i doni di una fraterna riconciliazione e una pacifica e solidale convivenza», indirizzando un cordiale saluto a tutti i figli e figlie di «quest’amata Nazione».
Neanche 15 giorni dopo arriva un durissimo attacco del presidente nicaraguense. Il 29 settembre, in un discorso alla televisione nazionale, in occasione del 43° anniversario della polizia nazionale (v. Infoabe.com), dice: nella Chiesa cattolica «tutto è imposto, è una dittatura perfetta, è una tirannia perfetta (...) Chi elegge i sacerdoti, chi elegge i vescovi, chi elegge il papa, i cardinali, quanti voti, chi li dà?». «Se vogliono essere democratici - suggerisce - comincino a eleggere il papa, i cardinali, i vescovi con il voto cattolico». Chiama vescovi e sacerdoti «assassini» e «golpisti» per il sostegno che, secondo il suo governo, le chiese hanno dato alle proteste dell'opposizione nel 2018. I manifestanti, spiega, «uscivano dalle chiese, non da tutte, armati per lanciare attacchi contro le stazioni di polizia (...) e alcuni sacerdoti invitavano la gente (a) mettermi piombo». Sostiene che i vescovi hanno appoggiato la proposta dell'opposizione di abbreviare il suo periodo di governo, quando fungevano da mediatori di un dialogo che cercava una via d'uscita dalla crisi, stigmatizzando «un'istituzione come la Chiesa cattolica che usa i vescovi qui in Nicaragua per inscenare un colpo di Stato».
Secondo il sito costarricense Voz de America, testata giornalistica multimediale internazionale d'America (fornisce contenuti in più di 45 lingue), dopo l'annuncio del card. Brenes, diverse organizzazioni hanno messo in dubbio le sue parole. Fra le varie, Il Centro nicaraguense per i diritti umani (Cenidh) si è chiesto: «Quando è iniziato il dialogo? È contraddittorio per noi che affermi che mentre in Nicaragua c'è un silenzio totale di fronte all'aumento delle persecuzioni contro la chiesa ei suoi sacerdoti». «A quale dialogo si riferisce il cardinale Leopoldo Brenes? Che tipo di dialogo avete con Ortega e Murillo, i dittatori che sono spietati nel perseguitare la Chiesa cattolica in Nicaragua e che tengono sequestrato monsignor Álvarez e hanno in carcere 11 sacerdoti e seminaristi?».
*Particolare della facciata della cattedrale di Managua. Da foto Creative Commons
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