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Spunti per il PD a congresso. Partecipazione e programmi

Spunti per il PD a congresso. Partecipazione e programmi

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 42 del 10/12/2022

Credo che il futuro del Partito Democratico interessi non solo a chi milita in questa formazione o a chi lo ha votato negli ultimi anni, ma a una platea più ampia di persone che si riconoscono in alcuni valori di fondo che lo animano, seppure nelle differenze di opinione. Che esista una grande forza a chiara impronta riformista, radicata nei valori costituzionali, collegata con altre simili compagini in Europa e nel mondo, e che questa possa avere la capacità di competere con il centrodestra a livello nazionale così come europeo, regionale e locale (e possibilmente di batterlo), credo sia importante per chi si riconosce in un “arco progressista”, al di là delle diverse sensibilità.

Per queste ragioni, sarebbe un bene se il percorso congressuale del PD fosse seguito non come una questione di pura riorganizzazione interna, ma che venisse accompagnato da un contributo di idee e proposte da parte di tante persone e gruppi, indipendentemente da una vicinanza o appartenenza. Spetta naturalmente in primis al PD sollecitare questi contributi ed essere aperto ai nuovi stimoli che ne possono derivare.

Una sincera e reale apertura all’esterno non deve mettere però in secondo piano quel 19% di cittadini che ha votato il PD alle ultime elezioni e naturalmente gli iscritti e simpatizzanti che lo hanno sostenuto. Sono loro prima di tutto che devono essere protagonisti non solo del percorso congressuale ma in generale nella vita e nelle scelte politiche quotidiane del partito.

Un altro errore da non fare è pensare che un/una segretario/a, possa da solo/a risolvere tutti i problemi in campo. La leadership – democraticamente scelta – è sempre stato un elemento imprescindibile nella storia dei partiti e movimenti politici e oggi questo è forse ancora più vero che in passato. Chi si candida a guidare il PD dovrà quindi essere consapevole di assumersi una responsabilità rilevante ed essere pronto/a a rappresentare, in modo efficace e convincente, una sintesi delle proposte e delle sensibilità. Nello stesso tempo, le vicende degli ultimi anni mostrano che un po’ in ogni area, ma in particolare in quella riformista-progressista, leadership apparentemente robuste possono tramontare con la stessa rapidità con cui sono emerse. I leader sono indispensabili, ma cercare taumaturghi sarebbe sbagliato e illusorio. È dunque altrettanto fondamentale una classe dirigente preparata e intelligente e una comunità di persone attive, nonché idee e programmi all’altezza delle sfide.

Un’altra istanza riguarda quale tipologia di partito sia necessaria. Un partito di “pochi ma buoni” o che valorizza la partecipazione dei propri aderenti; che desidera e sollecita il contributo di chi è vicino pur non essendo iscritto; che promuove iniziative tematiche sul territorio, coinvolge le nuove generazioni, dialoga con i cittadini, le associazioni e i soggetti organizzati? Se quella giusta, come io credo, è la seconda strada, non basterà enunciarla, ma occorrerà concretizzarla giorno per giorno, a partire dai territori e con un collegamento più forte e più equilibrato tra questi e il livello centrale.

Oltre alla propria vita interna, il PD è chiamato a ridefinire visione e priorità. I temi programmatici devono essere declinati alla luce di due fari irrinunciabili: i valori costituzionali - che delineano una Repubblica democratica, solidale e che promuove una giusta qualità della vita per tutti – e l’europeismo come scelta irreversibile. Va rilevato per inciso che molti dei punti contenuti nello scorso programma elettorale del PD – e che non sono emersi a sufficienza durante la campagna (si pensi al salario minimo) – meriterebbero di essere ripresi e ulteriormente sviluppati. Oltre all’urgenza assoluta del problema bollette e rincari energetici di questo momento, da più parti si sottolinea, giustamente, la centralità del tema del lavoro. Si tratta di declinarlo nei suoi vari aspetti: lavoro stabile per gli uomini e per le donne, per i giovani (primo antidoto al calo demografico); scuola, formazione e università (che devono fornire conoscenze e cultura e non essere intese solo come “strumentali” a qualcos’altro), sostegni alle imprese, ricambio e assunzioni nella pubblica amministrazione, salari adeguati, dignità e sicurezza in qualsiasi settore, ampliamento dei posti negli asili e così via. La questione del lavoro non va messa in conflitto con la sostenibilità e la lotta all’emergenza climatica: la transizione ecologica infatti è prioritaria e non può essere rimandata, ma nessuno deve restare indietro o escluso per questo. Centrali sono poi i diritti sociali e personali, una vera parità tra uomini e donne, la promozione della pace e del disarmo, che riconosce le responsabilità di chi provoca la guerra e la differenza tra aggressori e aggrediti, ma non smette di cercare modalità non militari di prevenzione e soluzione dei conflitti; un welfare solido e comunitario, una sanità pubblica forte e ovunque efficiente, il diritto alla casa, un approccio al tema profughi e immigrazione giusto e umano (e condiviso anche in sede UE), che rifiuti la logica dei respingimenti e volto a una vera integrazione, il sostegno ai giovani e alle famiglie (attuali e future), un confronto serio e plurale sui temi eticamente sensibili, evitando scorciatoie, la lotta alle mafie e all’illegalità. Sono alcuni dei punti che a mio avviso meritano di essere messi in luce e approfonditi nel percorso congressuale del PD.

Sandro Campanini è già coordinatore di C3dem, consigliere comunale a Parma per il Pd

*Foto presa da Flickr, immagine originale e licenza 

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