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"La Sfida di Gaia": un libro di Latour sul superamento dell'Antropocene

La sfida di Gaia. Il nuovo regime climatico (ed. Italiana, Meltemi editore, 2020; ed. Originale 2015) di Bruno Latour è uno scritto complesso. Bruno Latour è stato un filosofo, sociologo e antropologo francese, morto il 9 ottobre 2022.

La complessità è la sostanza dell’esistenza contro tante semplificazioni contemporanee. Del resto Gaia è un concetto complesso, non facile da cogliere per menti ancora troppo abituate e sintonizzate con un modello di scienza positivistico e perciò riduzionistico, separato dai saperi umanistici.

L’introduzione al lavoro è del climatologo Luca Mercalli, che ne riconosce le difficoltà ma comprende perfettamente quale sia la sua finalità: far capire che il cambiamento climatico in cui siamo immersi rappresenta la “crisi”, la messa in discussione in modo radicale di un modello di vita (o stile di vita) che vorrebbe apparire “senza alternative”. La fine della storia. Forse si tratta della lotta fra le “Cassandre” e il “pifferaio magico”. In realtà, come Luca Mercalli afferma al termine della sua introduzione: «Homo sapiens: esperimento fallito. La geostoria riprende i comandi. Riprenderà con gli scarafaggi: c’è ancora qualche miliardo d’anni a disposizione».

Ma cos’è Gaia? Gaia è un termine introdotto nel 1979 dallo scienziato inglese James Lovelock per designare un superorganismo, diciamo la Terra, in cui organismi viventi e materia inorganica interagiscono fra di loro. Lovelock è stato anche deriso, o comunque molto criticato per la sua ipotesi. Tuttavia essa coglie qualcosa di fondamentale. Qualcosa che Bruno Latour fa propria e descrive in quest’opera che riassume i contenuti di sei conferenze tenute nel 2012.

Gaia non è la Natura come tradizionalmente intesa, soggetta alle leggi deterministiche di causa ed effetto. Un’entità disanimata che si contrappone al mondo umano, o all’entità essere umano. E che in quanto tale può essere oggetto di predazione e di dominio. In questo senso Latour si oppone alla distinzione fra Natura e Cultura e parla di mondo naturale. Gaia non è un monolite, ma è un pluriverso o multiverso dove “agiscono” una molteplicità di attori, di agency, cui corrispondono una molteplicità di territori che interagiscono fra loro, retroagendo e mescolandosi l’uno con l’altro. Noi esseri umani siamo immersi in tale sistema. Le nostre azioni non sono neutre, ma provocano una reazione da parte di Gaia che diventa nei termini latouriani un “Cosmocolosso”. Una realtà viva che reagisce violentemente agli abusi cui noi lo sottoponiamo. L’Antropocene definisce questa era in cui gli abusi umani hanno superato il limite di tollerabilità.

Interessante il discorso sui clima-scettici, rappresentanti di lobbies di potere molto forti, che hanno abilmente rovesciato le carte manipolando una forse ingenua, o mal preparata, opinione pubblica, facendo passare i difensori dell’ecologia come “catastrofisti” che si oppongono a quell’ordine mondiale ormai raggiunto, fondato sul mito di un progresso infinito a spese di una materialità disanimata che in quanto tale può essere tranquillamente predata.

Ma Gaia è vivente in ogni sua parte e ci impone di fare i conti con i nostri limiti, e soprattutto in tali limiti di riconoscere la nostra “terrestrità”. La nostra comune apparenza con tutto ciò che ci circonda, senza rincorrere l’illusione di un’Eternità posta al di là della Terra e definita dal mito di un progresso infinito. Quello delle famose «magnifiche sorti e progressive». Non siamo al di là, ma completamente al di qua. Non è necessario postulare Dio. Prendere coscienza di tutto ciò consentirebbe anche un nuovo agire realmente politico, contro la passività del ritenersi “arrivati” inseriti in un ordine eterno e immutabile. Quindi è proprio la “geostoria” che bisogna rimettere in moto, passando dall’Antico regime climatico (“Ancien Regime”) basato sui fossili, al Nuovo regime climatico in cui si ridisegnano i ruoli di religione, scienza, e di ogni sapere. In fondo quel passaggio è una potente metafora della vita. Laudato sì.

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