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A caccia per la città: primo altolà di Bruxelles

A caccia per la città: primo altolà di Bruxelles

Arriva un primo ammonimento da parte europea contro l’emendamento alla Legge di Bilancio 2023 che consente la caccia anche in aree protette e urbane per il contenimento di specie considerate dal governo invasive e pericolose come i cinghiali e denominato, in diverse occasioni, “emendamento far west” o “emendamento caccia selvaggia” (v. nota sul sito del WWF).

La Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea ha inviato «una lettera dai toni perentori in merito all’approvazione dell’emendamento “caccia selvaggia” con cui Governo e Parlamento hanno reso possibile di consentire ai cacciatori di abbattere gli animali selvatici anche nelle aree protette e nei periodi in cui la caccia è vietata». Ne danno notizia, in una nota diramata ieri dal WWF, alcune associazioni ambientaliste e animaliste – WWF Italia, appunto, insieme a Legambiente, Lega Anti Vivisezione, Lega Italiana Protezione Uccelli (Lipu), Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa), Lega per l’Abolizione della Caccia (Lac) – che contestualmente chiedono al governo Meloni di «cambiare rotta», perché le «scelte filovenatorie» della maggioranza «mettono l’Italia a rischio infrazione».

Cosa chiede la Commissione UE? L’Italia deve rispettare «gli obblighi di tutela derivanti dalle direttive Habitat e Uccelli», e a tal proposito «ha successivamente formulato domande molto specifiche alle quali il Governo dovrà dare risposte entro le prossime quattro settimane».

Affermano le associazioni che la lettera della Commissione era attesa, perché l’emendamento contestato «si pone in aperto contrasto sia con le direttive europee, sia con la Costituzione italiana e rende concreto il rischio di attivazione di una procedura di infrazione che peserà sulle tasche di tutti gli italiani». Secondo le associazioni, poi, «la portata di questa lettera va oltre l’ormai famoso emendamento “caccia selvaggia” e coinvolge l’intero approccio filo venatorio del Governo e di molte Regioni che porta ogni anno all’approvazione di calendari venatori che dopo essere impugnati dalle associazioni ambientaliste vengono puntualmente dichiarati illegittimi dai giudici amministrativi per violazione dei principi di tutela ambientale».

Al di là e oltre l’emendamento in questione, confermano allora le firmatarie della nota, «è giunto il momento che la politica cambi radicalmente rotta, si occupi della tutela costituzionale dei beni comuni e non continui a farsi dettare l’agenda dai cacciatori e degli armieri».

Le due direttive – Habitat e Uccelli – impongono ai governi degli Stati membri «l’obbligo di adottare misure che vietino non solo di uccidere o catturare le specie protette ma anche di arrecare disturbo, in particolare durante i periodi di riproduzione, di dipendenza, di ibernazione e di migrazione», spiegano le associazioni firmatarie. «Aprire la caccia, mascherata da controllo, anche nelle aree protette, comprese quelle della rete europea Natura 2000 e nei periodi di divieto, vuol dire evidentemente, ridurre i livelli di protezione degli habitat e delle specie così come delineati dalle Direttive e dai Trattati europei».

Ecco dunque come sono finiti i provvedimenti italiani sotto la lente dell’Europa, che ore chiede chiarimenti anche su altro: «Fondamentale, inoltre, il richiamo all’articolo 7 della direttiva Uccelli secondo cui la caccia può essere esercitata solo nel rispetto dei principi della saggia utilizzazione e della regolazione ecologicamente equilibrata delle specie animali oggetto di prelievo e che vieta espressamente la caccia durante il periodo di nidificazione, riproduzione e dipendenza e ritorno al luogo di nidificazione per le specie migratrici. Cosa che le regioni, ad oggi, non stanno affatto facendo, da cui, appunto, questo primo importante monito europeo».

Nella nota del 30 gennaio, alla vigilia della chiusura generale della stagione venatoria 2022/23, il WWF aveva lanciato l'allarme su una stagione «segnata da un numero alto e inaccettabile di morti e feriti». «Non si tratta di fatalità – aveva accusato il WWF – ma di episodi gravi che vengono spesso sottovalutati nonostante il loro ripetersi. Il settore della caccia rappresenta un centro di potere e la politica, a livello regionale e nazionale, continua a farsi dettare l’agenda dalle associazioni venatorie, finanziate con soldi pubblici e supportate dalla potente lobby delle armi. I rappresentanti del mondo venatorio eletti nelle istituzioni operano secondo precise direttive sposando totalmente le richieste delle associazioni venatorie che pretendono e ottengono, ogni anno, sempre maggiori favori». Anche il recente emendamento alla Legge di Bilancio risponderebbe, secondo il WWF, a questa logica di potere.  (v. nota sul sito del WWF)

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