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Ma lei gli replicò: signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli (mc 7,28)

Ma lei gli replicò: signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli (mc 7,28)

Tratto da: Adista Documenti n° 6 del 18/02/2023

Qui l'introduzione a questo testo.

Presentazione

Dopo l'incontro del 9 gennaio 2022, promosso e realizzato dalle realtà LGBT in cammino sinodale, e il laboratorio ecumenico del 14 marzo 2022 dal suggestivo titolo: Lena la balena, una Chiesa di sconfinamenti, il 20 marzo 2022 i gruppi di donne che aderiscono o partecipano a vario titolo alla Rete sinodale hanno convocato un'assemblea, a partire da quelle parole del Vangelo di Marco: «Ma lei gli replicò» che annunciano la "conversione" di Gesù, dopo lo straordinario dialogo con la donna siro-fenicia.

Nella locandina, che riporta l'opera di Guia Barbarossa, un’intensa provocazione artistica sul ribaltamento della struttura gerarchica della Chiesa, sono indicati i gruppi che hanno animato l'incontro: il Centro Italiano Femminile della Lombardia, il Coordinamento Teologhe Italiane, le Donne delle Comunità cristiane di Base e le molte altre, Donne per la Chiesa, Noi siamo il Cambiamento, l'Ordine della Sororità.

La volontà di camminare insieme, scaturita dalle molteplici esperienze di sinodalità attuate da molti anni in questi gruppi di donne, ha portato alla decisione di approfondire, tra i 10 punti tematici del Documento preparatorio del Sinodo dei vescovi:

il punto VIII- AUTORITÀ E PARTECIPAZIONE, che abbiamo preferito declinare in PARTECIPAZIONE E AUTORITÀ;

e il punto IX- DISCERNERE E DECIDERE, snodi fondamentali nel percorso di questa rete sinodale e, come abbiamo scoperto insieme, da tempo sviscerati e condivisi nelle stesse reti di donne.

Pur nei limiti di un incontro online, abbiamo condiviso momenti simbolici di preghiera, una meditazione biblica, le esperienze dei nostri gruppi e associazioni di donne, una relazione canonistica, le testimonianze di esercizio di un ministero autorevole di donne italiane, tedesche e brasiliane. Abbiamo fatto emergere anche le competenze delle donne e uomini presenti all'incontro, circa 170, attraverso la suddivisione in 14 stanze virtuali, un luogo di confronto libero e aperto per condividere pensieri, parole, opere e ... omissioni, suscitate dall'ascolto, dalle visioni, dalle esperienze, dal partire da sé.

Vogliamo condividere con voi, fratelli vescovi, alcune suggestioni emerse dal lavoro comune delle associazioni che aderiscono alla Rete sinodale, permettendoci anche qualche provocazione emersa nel dibattito appassionato che ha messo in luce un grande amore per le nostre comunità cristiane, nella speranza che possano contribuire alla riflessione sui punti VIII e IX del Documento preparatorio. Vi offriamo la nostra riflessione comune, così articolata: Parole-chiave /Criticità e omissioni /Visioni.

PAROLE-CHIAVE

Le suggestioni create dalle relazioni, dalla visione dei video, dall'ascolto delle esperienze suscitano emozioni e producono pensieri che diventano parole significative e assertive, strumenti per narrare la realtà, sguardi per scrutare l'invisibile.

EXOUSIA: quando il “replicare” genera

Nel racconto del Vangelo di Marco incontriamo una donna siro-fenicia che non arretra: è l'unica in tutta la tradizione sinottica ad avere una parola diretta con Gesù, non tace, non litiga, non contesta e non si fa ingabbiare dalla definizione ostile e sgarbata (se lei e sua figlia meritino di essere paragonati a cani bastardi). La donna vede altro e così riconfigura la metafora, riconfigura il contesto e la rimanda a Gesù contro il suo punto di vista inizialmente sprezzante. Gesù vede il lancio del pane a dei cani come se fossero un branco famelico in attesa di sbranare, divorare il boccone; con le parole della donna, cambia la scena: un pranzo in famiglia, una tavola apparecchiata insieme ai bambini che lasciano cadere le briciole e sotto la tavola le briciole raccolte dai cani domestici. Sono queste parole, sono le parole di lei che Gesù riconosce autorevoli. Sotto la tavola si vedono cose a cui lo sguardo di Gesù sembrava essere cieco, perché da dove guardi il mondo tutto dipende e guardare il mondo da sotto il tavolo cambia la prospettiva. Cambiare prospettiva, cambiare mentalità: questo è l’ascolto autentico. È Gesù a fare metanoia: la donna diventa maestra di Gesù, che riconosce l’autorevolezza delle sue parole. Gesù si fa suo discepolo. Come spesso succede alle donne, della donna che fu per un giorno maestra di Gesù non conosciamo il nome.

Questo è un passaggio essenziale per poter ripensare la Chiesa tutte e tutti insieme, con il contributo che le donne – non da ora – stanno dando da “sotto la tavola”, come ha fatto la donna siro-fenicia, che converte la prospettiva di Gesù e lo costringe a ripensare la sua missione. E incredibilmente riesce a farlo senza mettere in discussione sul piano teorico i suoi programmi e le sue priorità.

L’esperienza delle donne insegna che tutta la Chiesa, per seguire il Maestro, ha bisogno della presa di parola di ogni battezzata e battezzato, specialmente di chi sta “sotto la tavola” e può provocare un cambio di prospettiva. È importante che trasmettiamo alle nuove generazioni il senso dell’exousìa derivante dal battesimo, perché non assumano un atteggiamento passivo nelle relazioni ecclesiali.

AUTORITÀ: quando chi è preposto “autorizza”

L'autorità appartiene a chi per vocazione, per riconoscimento della comunità e per l'ufficio che ricopre, deve assumersi la responsabilità di far crescere la partecipazione degli altri (auctoritas da augere). L'autorità autentica “autorizza”, cioè rende le persone autrici della propria vita e vocazione, liberandone abilità e talenti. Il massimo di abuso di potere da parte dell'autorità è schermirsi e affermare di non avere il potere. Questa forma di deresponsabilizzazione produce il blocco della tradizione (che è un flusso), del discernimento comunitario, delle riforme necessarie e richieste dallo Spirito nella storia.

Generalmente quando si parla di autorità emerge solo l’aspetto del potere, del controllo, del giudizio; invece, esercitare l’autorità significa autorizzare, abilitare, riconoscere, dare fiducia e far nascere qualcosa. È un'autorità che genera, che fa fiorire le esistenze, come ci hanno insegnato gli studi di genere e le prassi di comunità soprattutto femminili.

POTERE: quando la potestas si fa servizio

La potestas nella Chiesa è diaconia, e le persone sono abilitate ad esercitare uffici e poteri in base ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. L’abilitazione fondamentale a svolgere i tria munera di insegnare, santificare e governare, è data dal battesimo e confermata nella appartenenza a una chiesa particolare e nella comunione con quella comunità che ascolta la Parola e spezza il Pane. Ogni persona è abilitata a svolgere i tria munera Christi secondo la vocazione propria, secondo le esigenze della comunità, secondo quello che la comunità riconosce in questa persona e secondo la chiamata dello Spirito e le condizioni storiche.

La questione del potere, insieme a quelle dell’ordinazione diaconale e presbiterale delle donne e della riformabilità della Chiesa cattolica, sono gli ambiti nei quali si è manifestata la grande ricchezza dell'incontro e la preziosità di mettere in dialogo esperienze e visioni differenti. Si disvelano concezioni diverse sulla definizione di potere, a volte sovrapposto o addirittura coincidente con quello di autorità, a volte contrapposto, a seconda della accezione positiva o negativa assegnata ai due termini, soprattutto se in relazione al desiderio femminile di avere o non avere potere, alla decisione di esigerlo o rifiutarlo. Quello che ci trova d’accordo è che siano le donne, alla luce del Vangelo, a identificare il proprio ruolo nella Chiesa, perché non venga, qualunque esso sia, calato dall’alto.

Nella Chiesa, siamo tutte e tutti soggetti a condizionamenti mondani, per cui l’esercizio del potere comporta violenza ed esclusione.

D’altro canto, la leadership è una dimensione imprescindibile di ogni società, e nella Chiesa deve essere esercitata alla maniera del Maestro, che ha lavato i piedi agli apostoli.

La mancanza di una leadership femminile non è “un problema delle donne” (semmai troppe donne ancora non lo percepiscono come problema, e anche questo è indice di inconsapevolezza ecclesiale), piuttosto determina una minore autorevolezza della Chiesa e una debolezza dell’attuale assetto dei poteri, concentrati nella figura del presbitero.

Che cosa può rendere più funzionale il potere? Si possono identificare alcuni pilastri: la condivisione della leadership, la condivisione e trasparenza delle informazioni, l'accessibilità dei linguaggi, l'uso della tecnologia nonché la formazione, in particolare della leadership femminile.

COMUNIONE: quando la gerarchia genera partecipazione

La comunione è gerarchica, ma non secondo lo schema semplicistico alto-basso (con una categoria di fedeli ben definita che è sempre “sopra”, e una categoria di fedeli sempre sottomessa). In un popolo di uguali nella dignità e nell’agire (can. 208 CJC), si realizza una comunione asimmetrica secondo il modello della Chiesa apostolica, dove non vigeva l’uniformità, “l'uno vale uno”, ma c'erano tante funzioni, ministeri, ruoli profetici, ruoli carismatici, ruoli istituzionali… La communio è gerarchica in questo senso: che in base alle materie, all’oggetto delle deliberazioni, alle situazioni esistenziali… si strutturano dei centri di potere che non sono sempre necessariamente gli stessi e composti dalle stesse persone. Si tratta di passare a un paradigma complesso: dalla piramide semplice (e non importa che sia rovesciata! Anche se rovesciata, confermerebbe la passività di una categoria statica) alla comunione asimmetrica e multicentrica in una Chiesa tutta ministeriale e sinodale, una Chiesa “comunione di comunità”. Le persone battezzate svolgono diversi ministeri, hanno diverse vocazioni che le abilitano a esercitare una maggiore autorità in luoghi differenti, dentro e fuori l'ambito ecclesiale, il tutto in una Chiesa tutta ministeriale in cui si sviluppano centri di imputazione di diritti, doveri, responsabilità e poteri.

Allo stato attuale, il popolo di Dio svolge sempre e solo una funzione consultiva, su qualsiasi materia, anche laddove avrebbe maggiore competenza, esperienza e autorevolezza. Dal confronto nei gruppi di lavoro, emerge la frustrazione di donne e uomini impossibilitati a partecipare e non riconosciute/i nel loro impegno e nelle loro azioni.

Non mancano esperienze di nuove forme di servizio, di partecipazione, di ascolto e di confronto, con l’attuazione di forme di autorità condivisa. Ma anche in questi casi, quando cambia il parroco si rischia di perdere tutto. Così accade nelle diocesi: la partecipazione e la corresponsabilità dipendono dall’impostazione data da un vescovo, e possono venir meno quando il vescovo cambia. Il vescovo è un piccolo monarca e questo lo si vede molto bene nello scandalo e nella gestione degli abusi sessuali che sono sistemici, riflessi di un sistema malato, monarchico e patriarcale.

Le comunità parrocchiali sono strutturate in modo verticistico, con la difficoltà dei parroci – per oggettiva mancanza di consuetudine e di formazione – a delegare qualsivoglia incarico o decisione. È comunque discutibile che siano sempre i parroci a distribuire gli incarichi e ad affidare i ministeri, prescindendo dal riconoscimento della comunità. Il ruolo consultivo dei consigli pastorali viene inteso in modo restrittivo (non nella logica ecclesiale della comunione, ma nella logica democratica per cui il voto consultivo non vincola il parroco che ne è il presidente con potere deliberativo).

La Chiesa non si riconosce puramente come una democrazia, ma le istanze ecclesiali di decisione devono essere di tutto il popolo di Dio, sempre alla luce del Vangelo e questo deve essere vincolante per chi decide, cioè i vescovi, a meno che i vescovi non sentano messo in gioco il deposito della fede.

La Chiesa “dal basso" soffre, quindi chiede: un’autorità condivisa, una decentralizzazione, cioè una Chiesa come comunione di chiese, la sinodalità del popolo di Dio, non soltanto a livello episcopale o del clero ordinato.

È urgente una riforma della Chiesa, del diritto canonico e della organizzazione ecclesiastica. Il principio di uguaglianza nella dignità e nell’agire deve permeare le strutture e gli organismi decisionali, con una con-divisione di poteri anche tra laiche, laici, presbiteri, almeno fin tanto che rimarrà questa reformanda distinzione, con la conseguente previsione di una presenza delle donne negli stessi organi decisionali.

Le donne possono essere il motore di tutti questi cambiamenti. Vivere fuori dai luoghi istituzionali è stata per le donne un’occasione di cammino, di risveglio, di consapevolezza, di scelta di essere testimoni e profete, senza aspettare di essere autorizzate dall’alto a cambiare, a essere ministre di profezia. Le donne vogliono essere autorevoli nella Chiesa per riscrivere lo scenario, con i criteri dell'assertività, della libertà, dell'alleanza femminile.

CRITICITÀ E OMISSIONI

Sul Sinodo

Una prima valutazione condivisa riguarda l’inadeguatezza della Chiesa, che nelle sue strutture istituzionali, in particolare nella sua articolazione delle parrocchie, appare lontana dalle esigenze dell’oggi, almeno nelle nostre realtà territoriali, orientata ad affossare ogni iniziativa, compresa quella del cammino sinodale, caldeggiato dal Papa, ma poco sentito nelle diocesi.

Il tutto è lasciato alla buona volontà dei parroci e alla loro sensibilità, salvo che gruppi laicali prendano l'iniziativa. Anche nelle diocesi più aperte sono state date consegne così rigide da inibire le persone che hanno partecipato ai gruppi. La stragrande maggioranza delle persone, nel ruolo accettato di semplici fruitori e fruitrici, ignora ciò che è stato chiesto o quanto stia avvenendo. Forse non è del tutto un caso che la maggior parte dei contributi stia nascendo da questa rete o anche da altre realtà simili alla nostra. C’è anche un po’ di pessimismo: quanto passerà di ciò che viene proposto e quanto invece verrà “censurato” o filtrato? Dalle esperienze precedenti sappiamo che, se non tutto è passato, qualcosa comunque è rimasto ed ecco che emerge l’esigenza della TRASPARENZA e massima pubblicità dei dibattiti e dei conflitti, che fanno parte di un confronto autentico.

Sulla Chiesa istituzione

La Chiesa ha urgente bisogno di rivedere certi approcci teologici e certe strutture, trovando magari il coraggio di dire: “abbiamo sbagliato, anche quando abbiamo messo a tacere i profeti e le profete”.

È importante il riconoscimento degli errori fatti anche nei confronti delle donne: si è peccato contro di loro, si sono commessi dei crimini, si è sostenuta e tramandata una tradizione che le ha offese e occultate. Viene ricordata l'iniziativa promossa da alcune donne e sostenuta anche dall’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne e dalle Comunità cristiane di base, che ha contribuito alla diffusione del documento “Chiesa chiedici scusa” – la pace nel mondo non potrà mai esistere senza la giustizia tra uomini e donne. La Chiesa intera deve convertirsi e chiedere perdono nei confronti delle donne e delle persone LGBT, deve denunciare gli abusi sui minori, su uomini e donne, sulle suore da parte del clero e dei religiosi.

In questo momento storico nella società civile l'autorità delle donne sta crescendo continuamente, mentre nella realtà ecclesiale le donne sono totalmente escluse dai ruoli di autorità: questa discrepanza non è più accettabile. Il mancato riconoscimento delle donne mette in discussione l'intera autorevolezza della Chiesa perché una Chiesa che discrimini una categoria al proprio interno non è credibile. Dietro la necessità di riconoscere l’autorità delle donne nella Chiesa non c'è una strategia di marketing per affrontarne la decrescita o la mancanza di vocazioni, c'è in gioco l'autorevolezza della Chiesa tutta. Parlare di donne e di potere significa parlare della mancanza di potere o di autorevolezza di una Chiesa che non perde potere solo a causa della secolarizzazione, ma piuttosto perché in-credibile, così distante dall'annuncio evangelico, da quello stile evangelico che fa la differenza, da quel "tra voi non sia così". Dunque è per il bene della Chiesa tutta che questo nodo va sciolto!

Sul ministero ordinato e i ministeri

Un altro nodo da sciogliere è quello del ministero ordinato, che non si esaurisce nella questione dell’ordinazione delle donne, sulla quale i nostri diversi percorsi di vita e di crescita nella fede ci portano a considerazioni diverse. Si è aperto un dibattito appassionato.

Il non accesso delle donne ai ministeri ordinati nasce da quelle strutture storiche che inglobano maschilismo e clericalismo, strutture che non hanno un’origine evangelica, che oggi non hanno più senso e che rendono la Chiesa gerarchica così lontana da ciò che accade nella realtà sociale. Per una riforma del ministero, è anzitutto necessario liberarlo da clericalismo, maschilismo e sacralizzazione.

Occorre poi entrare nell’ottica di una Chiesa tutta ministeriale, dove carismi e poteri non vengono riconosciuti solo ai ministri ordinati.

In questa prospettiva, si potrà e dovrà ragionare sull’ordinazione delle donne, che non chiedono di replicare un modello clericale.

Sul modello di governo della Chiesa

Nella Chiesa non esiste il principio di divisione dei poteri. Il vescovo detiene il potere esecutivo, giudiziario e legislativo, potere legislativo che nell'ordinamento attuale non è assolutamente delegabile: questo è un punto che fa sì che la Chiesa sia strutturata oggi più come una monarchia che come una democrazia. Tuttavia sia la monarchia, sia la democrazia sono due modelli che, pur avendo qualcosa da dirci, non corrispondono alla peculiarità di questa società sui generis, di questa società teandrica (LG 8) che è la Chiesa. Attualmente, il ministero del vescovo è stagliato sul modello di un piccolo monarca isolato, spesso attorniato e supportato da un apparato curiale consenziente, anche se per vivere il diritto-dovere della comunione deve avvalersi di tanti organismi consultivi. Questa consultazione non lo vincola quasi mai: il sinodo diocesano non vincola il vescovo che è l'unico legislatore, i consigli pastorali tendono più a recepire che a produrre le riforme. Le Conferenze Episcopali hanno una scarsissima competenza legislativa perché si è voluto salvaguardare l'autonomia del singolo vescovo nella sua diocesi e i concili particolari – che sono previsti dall’ordinamento e avrebbero un potere deliberativo a livello di regioni ecclesiastiche – non vengono convocati. Se questi aspetti monarchici contraddicono la communio e la tradizione, cosa dovremmo auspicare? Una riforma democratica? La democrazia non è il modello della Chiesa. La Chiesa non è semplicemente una democrazia delegata. La sinodalità è molto più impegnativa rispetto alle dinamiche democratiche (ricerca del consenso, deliberazioni a maggioranza, divisioni per interessi…).

Dalla tradizione ecclesiale, ereditiamo il principio Quod omnes tangit, ab omnibus tractari (deliberari) debet.

Ciò che tocca tutti e tutte deve essere da tutti e tutte trattato, da tutti e tutte discusso, quindi tutti e tutte devono essere informati/e, avere voce in capitolo, in certi casi da tutti e tutte deve essere approvato. Questo principio ci permette di contemperare il principio della maior pars con il principio della sanior pars (la parte che sostiene l’opinione più forte e più evangelicamente argomentata), in una società complessa dove nella comunione esistono diversi centri di autorità che si contemperano a vicenda. Una deliberazione prevale sull'altra non perché c'è semplicemente la maggioranza, ma perché è la più evangelica, la più costruttiva nell’ottica della comunione; se un organismo si spacca tra maggioranza e minoranza, allora si coinvolge un organismo sinodale terzo, si allarga il cerchio della consultazione per poi arrivare a una deliberazione che non fa sentire nessuno sconfitto. La contrapposizione consultivo-deliberativo, troppo enfatizzata nell’attuale ordinamento, dove perfino consessi di vescovi non fanno altro che dare un parere autorevole, non appartiene alla tradizione. Il consultivo ecclesiale è al servizio della comunione, della ricezione delle riforme, e anche della deliberazione matura. In una Chiesa complessa e asimmetrica, con diversi e diffusi centri di imputazione di potere, se un sinodo non riesce a decidere a maggioranza o si divide, si dovrà ricorrere a organismi interpluri-ministeriali, che portino un punto di vista più profondo; i poteri dovranno controllarsi a vicenda e ogni organismo dovrà rendere ragione delle sue scelte e deliberazioni.

VISIONI

L'incontro ha visto germogliare non solo proposte, ma anche nuove visioni.

Abbiamo incontrato e intervistato donne che occupano ruoli di guida delle comunità e svolgono ministeri: Lidia Maggi, pastora battista; Sandra Schnell, responsabile parrocchiale nella diocesi di Essen, per tanti anni sotto la tutela del parroco, dal 2021 nominata guida della parrocchia con un rapporto alla pari; Gigliane Leite, laica, che nel 2020 ha assunto la diaconia nella Parrocchia di Santa Cruz in Brasile e ci offre, con il suo sorriso e il suo calore, le parole di una storia vivente.

Vediamo anche donne che si sono proposte a occupare spazi senza chiedere permesso: hanno i volti della teologa francese Anne Soupa, candidatasi alla guida della diocesi di Lione, delle donne tedesche di Maria 2.0, di quelle di Voices of Faith e del Catholic Women’s Council, delle donne delle Comunità cristiane di Base.

Sono tante le donne che ci mostrano i tratti di un'altra Chiesa possibile con proposte, gesti e visioni:

Un volto di Chiesa non come appartenenza solo territoriale, ma dove si vivono esperienze di fraternità-sororità. Dove si vive l’autorevolezza e la ministerialità diffusa in grazia del battesimo, aprendo alla partecipazione responsabile delle laiche e dei laici.

Dove si spezza la Parola che diventa via di guarigione e di conversione grazie ai vari ministeri nuovi che nascono dai talenti di tutti e tutte messi a disposizione. Dove la Chiesa istituzionale apre più spazi alla visione teologica femminista e alla presenza autorevole delle donne.

La consapevolezza che deriva dall’apporto delle teologie di genere e femministe deve essere assunta dal magistero, può contribuire a diffondere una maggiore consapevolezza tra le donne ed è uno strumento importantissimo per la formazione del clero.

La parola delle donne non deve però essere solo sulle donne, ma deve essere essa stessa inclusiva e parlare alla e della Chiesa tutta, perché la Chiesa è anche delle donne.

In una Chiesa composta esclusivamente da maschi ai suoi livelli decisionali, qualsiasi decisionalità è stata tradizionalmente identificata con il genere, o meglio, il sesso maschile.

È necessario per una Chiesa che si vuole realmente rinnovata attraverso una dimensione sinodale un ripensamento del paradigma maschile, non più percepito come unico depositario della sacralità e del potere, ma disponibile a com-partecipare, segnatamente con le donne e a pari dignità, le prese in carico, le deliberazioni e le relative responsabilità.

Gesù è capace di cambiare idea di fronte al coraggio e all’assertività della donna siro-fenicia, che non teme di entrare in dialogo con lui.

Gesù viene mostrato portatore di un modello di mascolinità inedito per la sua epoca e per il suo contesto, disponibile ad ascoltare e imparare dalla donna e anche a farsi ri-orientare da lei. Questo suggerisce come per un cammino sinodale non sia da mettersi al centro del dibattito solo la questione del femminile ma anche quella del maschile.

Molte delle rigidità che improntano tuttora l’istituzione sono da ricondursi alla diffusa tendenza degli uomini di Chiesa al trincerarsi in schemi fissi, al sentirsi in dovere di continuamente definire, classificare, quasi “ingabbiare” tutta la realtà, compreso Dio. Pare quindi opportuno rivolgere a essi un pressante invito a un ripensamento del loro essere maschi e a una rivalutazione del modo con cui tale essere uomini e, in qualche misura, uomini di potere è da essi portato nell’esperienza.

Ci sembra di poter dire che in primo luogo tale cambio di paradigma significhi essere capaci di ascolto e disponibili al cambiamento, anche laddove questo dovesse comportare l’abbandono di privilegi.

Occorre raccogliere la provocazione profetica delle chiese missionarie per cogliere la bellezza di nuovi ministeri, nuovi ambiti, nuovi luoghi in cui le donne e gli uomini possono esprimere la loro capacità di entrare e di offrire un cammino totalmente nuovo fatto di affetti, di incoraggiamento, di perdono, di pane e vita “spezzata”, condivisa.

Il Sinodo che è accaduto nell'incontro del 20 marzo ha allargato l’ambito del possibile, ha creato una cosa nuova.

Le donne che amano le comunità cristiane, la Chiesa e le chiese, oggi ancora sono molte, possono avere una libertà interiore da mettere in gioco, per far rinascere, far fiorire il deserto e, come ha dichiarato commossa una sorella in una delle stanze virtuali: le donne in Cristo mi hanno fatta nuovamente innamorare della Chiesa. A tutte il mio ringraziamento per tutto ciò che ho sentito e che è avvenuto oggi.

L'incontro, durato oltre quattro ore, si è concluso con una benedizione e un canto di pace di due musiciste, una ucraina e l’altra russa, precedute dalla memoria del salmodiare insieme delle 700 donne al Sinodo delle donne di Barcellona del 2003: Danos un corazón grande para amar. Danos un corazón fuerte para luchar (Dacci un cuore grande per amare, dacci un cuore forte per lottare) e dalla riscrittura delle Lettere alle Chiese nell’Apocalisse, proposta dalle donne del SAE (Segretariato Attività Ecumeniche) e della FDEI (Federazione Donne Evangeliche in Italia) per la celebrazione ecumenica della scorsa Pentecoste:

«Molte di voi Chiese nelle vostre strutture negate alle donne la dignità e l’autorevolezza di cui mi sono compiaciuto! Considerate da quale altezza siete cadute, e ritornate alla condotta che vi ho insegnato!».

29 aprile 2022, Festa di S. Caterina da Siena, Dottora della Chiesa.

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