
Dalla denuncia all’azione: la proposta della Comunità di Sant’Egidio dopo il naufragio
La Comunità di Sant’Egidio ha espresso «profondo cordoglio ai familiari delle vittime e dei tanti migranti dispersi per il naufragio». E ha invitato a sostituire tristezza e indignazione con una seria proposta politica: «Di fronte alla morte di intere famiglie con bambini e persone fragili che fuggono da paesi come Iran, Pakistan e Afghanistan, non ci si può fermare al semplice sdegno. Occorre continuare e incentivare il salvataggio», ha affermato l’organizzazione nel comunicato del 26 febbraio, richiamando l’appello a salvare e accogliere lanciato da papa Francesco all’Angelus la mattina stessa.
La Comunità ha poi proposto alle istituzioni italiane di implementare i programmi di reinsediamento, incrementando da un lato le quote di lavoratori immigrati nei decreti flussi e, dall’altro, predisponendo vie di ingresso regolari e sicure per chi fugge da situazioni di pericolo, «unica soluzione per poter gestire un fenomeno che è di vaste proporzioni». Un esempio di grande successo in tal senso, legato proprio all’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio avviata nel 2016 con la Fcei, è rappresentato dai “corridoi umanitari”, che garantiscono ai rifugiati assistenza, accoglienza e integrazione, sottraendoli ai traffici di esseri umani e ai rischi connessi.
Guardando infine a lungo periodo, Sant’Egidio ha chiesto «all’Europa di uscire dal suo torpore e da logiche di chiusura che non favoriscono l’immigrazione regolare, incrementando la cooperazione e attivando subito un "piano speciale" di aiuti e di sviluppo per i Paesi di provenienza dei migranti, sull’altra sponda del Mediterraneo e nell’Africa subsahariana. Se non si affronta questo nodo, che potrebbe fornire, almeno a medio termine, una risposta concreta, con la creazione di posti di lavoro e un futuro vivibile nei paesi di partenza, insieme a nuove politiche sull’immigrazione, saranno purtroppo inevitabili nuove tragedie del mare o nel deserto africano».
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