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Alto Mare: un Trattato storico per salvare gli oceani dalle attività dannose

Alto Mare: un Trattato storico per salvare gli oceani dalle attività dannose

Dopo anni di negoziati, il 5 marzo scorso (ancora il 4 marzo a New York) gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno finalmente trovato l’accordo sulla protezione degli oceani e firmato il testo del “Trattato globale sull’Alto Mare” che sarà legalmente vincolante per tutti quei Paesi che, dopo la firma, lo ratificheranno.

Per “Alto Mare” si intende una quota di circa due terzi delle acque marine fuori dalla giurisdizione degli Stati e, proprio per questa ragione, anche fuori dalle responsabilità dei singoli Stati costieri, e quindi più vulnerabili e permeabili alle attività illecite e ambientalmente nocive.

Il WWF, in una nota del 6 marzo, saluta «con grande favore l’accordo» che «crea finalmente un quadro normativo per la conservazione della biodiversità marina e per frenare le attività dannose in due terzi degli oceani. Dopo quasi vent’anni di negoziati, il testo ora definisce i meccanismi per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità marina in quelle aree che restano al di fuori della giurisdizione nazionale, compreso l’Alto Mare».

«Ciò che accade in Alto Mare, non sarà più lontano dagli occhi, lontano dal cuore», ha dichiarato Jessica Battle, senior global Ocean Governance and Policy expert, che ha guidato il team del WWF durante i negoziati Onu. «Il Trattato sull’Alto Mare consentirà quella supervisione e integrazione di cui abbiamo bisogno se vogliamo che l’oceano continui a fornire i benefici sociali, economici ed ambientali di cui l’umanità gode attualmente». La sigla del testo a New York «è un momento fondamentale per gli oceani, una tappa che inaugurerà una nuova era di responsabilità collettiva per i beni comuni più significativi del nostro pianeta a livello globale», ha detto anche Pepe Clarke (Global Ocean Practice Leader per WWF). «Lo scorso anno, i membri delle Nazioni Unite si erano impegnati ad arrestare e invertire la perdita di natura entro il 2030. Il risultato di oggi è un passo significativo verso il mantenimento di questa promessa».

Il Trattato segna una svolta anche per il “nostro” Mar Mediterraneo, ha infine sottolineato Giulia Prato (responsabile Mare del WWF Italia), «in quanto fornisce uno strumento giuridico più forte che ci è mancato finora per proteggere efficacemente gran parte del nostro mare che è al di fuori della giurisdizione nazionale e ridurre l'impatto delle crescenti attività industriali e produttive. Ora i Paesi del Mediterraneo potranno presentare proposte per l'istituzione di Aree Marine Protette in alto mare e mettere in atto l'attuazione dell'obiettivo 30x30 su scala regionale. L'alto mare svolge un ruolo fondamentale nel sostenere cruciali attività di pesca, nel fornire habitat a migliaia di specie e nel mitigare gli impatti climatici, con il 23% delle emissioni di carbonio prodotte dall'uomo assorbite dall'oceano negli ultimi 10 anni. Appena un numero sufficienti di Paesi adotterà e ratificherà questo accordo, così da permettere a questo strumento di entrare in vigore, l’Alto Mare e le specie che migrano in queste acque riceveranno finalmente l'attenzione che meritano».

Greenpeace, in una nota del 5 marzo, parla di «vittoria monumentale per la protezione degli oceani e un segnale importante del fatto che il multilateralismo funziona ancora, in un mondo sempre più diviso». Un’occasione unica per avvicinarci all’obiettivo 30x30 (la protezione del 30% degli oceani entro il 2030). Greenpeace riscontra anche «punti critici» nel testo approvato, ma auspica che i governi lo ratifichino e lo attuino «in modo rapido, efficace ed equo».

Il Trattato apre anche alla possibilità, secondo l’organizzazione, di «fermare vecchie e nuove minacce (come lo sfruttamento minerario degli abissi marini, il cosiddetto Deep Sea Mining) e mettere al centro la tutela del mare. Oltre cinque milioni e mezzo di persone hanno firmato».

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