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Filippo Miraglia, Arci: il vertice sui migranti? Dal governo le solite ricette fallimentari.

Filippo Miraglia, Arci: il vertice sui migranti? Dal governo le solite ricette fallimentari.

Al centro del vertice di Palazzo Chigi del 4 aprile – presenti la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, quello degli Esteri Antonio Tajani, quello dell’Interno Matteo Piantedosi e quello della difesa Guido Crosetto, e anche i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari – l’ennesima “emergenza” migranti, con particolare attenzione alla crisi sociale, politica ed economica esplosa in Tunisia, che mette in fibrillazione il governo italiano preoccupato dal pericolo di una bomba migratoria che potrebbe far esplodere definitivamente le contraddizioni di una politica che fino ad ora ha vissuto di facili slogan acchiappa-voti ma che, alla prova dei fatti, non si è dimostrata all’altezza della sfida. La proposta sul tavolo del governo, anche in questo vertice, è stata ancora una volta la solita (e fallimentare) ricetta di rafforzamento dei centri di “accoglienza”, snellimento e velocizzazione delle procedure di identificazione ed espulsione, ennesimo indebolimento della cosiddetta “protezione speciale”, istituita per offrire una forma di protezione in Italia a quei cittadini stranieri che vivono una situazione di pericolo nei loro Paesi e però non hanno i requisiti richiesti per la richiesta di asilo politico.

A parere di Filippo Miraglia (responsabile Immigrazione dell’Arci), «i contenuti di questo vertice sono la solita minestra riscaldata. Solo fuffa, nessuna sostanza. Si parla di aiuto alla Tunisia, ben venga, ma le partenze dal Paese hanno a che fare con una situazione di mancanza di democrazia, che non si risolve dando soldi» (Redattore Sociale, Eleonora Camilli, 5 aprile). In particolare, il responsabile Arci punta il dito sullo “sblocco dei fondi” e sull’obiettivo di fermare le partenze, mettendo in guardia dal rischio di generare una seconda Libia: «Bisognerebbe condizionare l’aiuto al governo tunisino al rispetto dei diritti umani e non al blocco partenze. Questa seconda ipotesi, invece, rafforza il regime. Lo abbiamo già visto in Libia, i finanziamenti per fermare il flusso dei migranti non hanno fatto altro che alimentare i conflitti interni. Anche in questo caso non si avrà una soluzione della crisi».

All’Arci non piace nemmeno il piano di accoglienza dei nuovi arrivati, in particolare la proposta di moltiplicare i grandi Centri per il Rimpatrio (Cpr): «L’idea di avere un Cpr in ogni Regione è stata riproposta nel corso degli anni, sia da governi di destra che di centrosinitra. Non ha mai funzionato. È stata modificata la durata della detenzione, sono stati aumentati i posti disponibili ma il risultato è sempre lo stesso: il numero delle persone rimpatriate attraverso i Cpr si aggira sempre intorno alle 5.000 l’anno. L’aumento dei centri serve a poco».

A preoccupare è anche l’intenzione di affossare definitivamente la protezione speciale. «I Paesi che hanno una forma di protezione complementare a quella della direttiva europea sono 18 su 27», spiega Filippo Miraglia. «In Italia abbiamo già sperimentato cosa significhi togliere questo tipo di protezione nel 2018 quando fu abolita l’umanitaria. Sono aumentati gli irregolari, ci sono stati meno esiti positivi nel nostro Paese rispetto alla media europea e più ricorsi. Questa questione è una bandiera della Lega che vuole avere più irregolarità, più disagio e più razzismo, e quindi più consenso».

Miraglia accusa il governo di procedere ancora una volta «in maniera emergenziale». «Anziché interfacciarsi con il tavolo di coordinamento, programmare le attività e fare un piano di accoglienza, si inventano interventi d’urgenza come requisire le strutture attraverso le prefetture. Questo ha già prodotto disastri in passato. Invece, lo scorso anno, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina abbiamo dimostrato di poter attivare con il coinvolgimento dei Comuni decine di migliaia di posti. Se oggi il Governo chiedesse al terzo settore di fare coprogettazione di urgenza saremmo in grado di mettere in campo le risorse giuste».

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