Nessun articolo nel carrello

In Sudan troppi interessi. E la pace è sempre più lontana. Intervista al comboniano Filippo Ivardi

In Sudan troppi interessi. E la pace è sempre più lontana. Intervista al comboniano Filippo Ivardi

Quella del Sudan è una guerra tra fazioni, tra leadership militari - sostenute da partner internazionali - che si contendono il potere per la guida del Paese, ma la popolazione civile, soprattutto nella capitale Khartoum, resta pesantemente colpita. Già 500 sono le persone rimaste uccise e oltre un terzo dei sudanesi (che in totale sono 46 milioni) ha bisogno di aiuti umanitari per sopravvivere. «La popolazione guarda fuori: in molti cominciano a lasciare il Paese», con l’agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr) che parla di 270mila persone pronte a varcare i confini con il Sud Sudan e il Chad.

A riflettere sulle conseguenze umanitarie dell’attuale conflitto in Sudan, e anche sul ruolo fondamentale che giocano i missionari a sostegno della poplazione colpita, è p. Filippo Ivardi Ganapini, missionario comboniano ed esperto di Africa, intervistato ieri da Radio Vaticana-Vatican News.

«Il Paese è in preda a uno scontro che non sembra avere termine», denuncia p. Filippo, «e quello che doveva essere un colpo di Stato da parte delle Forze di Supporto Rapido (il numero due del Paese, il generale Hemetti) si sta trasformando sempre più in una guerra civile». Al di là delle tregue di pochi giorni, che servono per consentire alla popolazione di accedere ad acqua, medicinali e cibo, che tra l’altro cominciano a scarseggiare, «non c’è la volontà di fermare le ostilità per mettersi a dialogare».

Difficile anche che la Comunità e le organizzazioni internazionali possano intervenire in maniera compatta e decisiva per imporre la pace: «Il Sudan è una terra contesa che fa gola a troppi», spiega p. Ivardi, «in questo momento gli interessi sono davvero tantissimi. Da una parte c’è la Russia che, tramite i paramilitari della Wagner sta appoggiando il generale Hemetti, che è a capo delle forze di supporto rapido e che è l’uomo più ricco del Paese perché controlla l’oro del Paese» e «dall’altra c’è al-Burhan, sostenuto dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi e dal vicino Egitto, che ha le mani sui militari e sul commercio del Paese e sugli interessi petroliferi».

La fedeltà alla missione di Daniele Comboni per quella terra ci impone di restare, afferma p. Filippo Ivardi alla giornalista della testata vaticana. C’è un gran bisogno di rimanere a fianco a chi soffre: quando tutti se ne vanno questo, conclude il missionario, «è un segnale profetico e importante».


* Sudan Grunge Flag, di Nicolas Raymond, tratta da Flickr. Immagine originale e licenza.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.