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Anche le donne? Sì, anche

Anche le donne? Sì, anche "laici e laiche" voteranno al Sinodo sulla sinodalità

In virtù del comune battesimo e dunque del sacerdozio comune, laici e laiche saranno ammessi al Sinodo con diritto di voto al pari dei vescovi. Un “momento” di parità fra uomini e donne e fra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale che ha del rivoluzionario. Una grande novità che stupisce sia stata annunciata un po’ in sottotono, si direbbe, anche se con un briefing con i giornalisti, seguito da un comunicato della Sala stampa vaticana (26 aprile). D’altronde la modifica non richiedeva cambiamenti di rilevante portata a livello statutario o canonico. Il comunicato della Sala stampa (stilato sotto forma di domande e risposte) inizia infatti definendo il quadro legale entro cui si colloca l’iniziativa, riportando cioè il canone 346 del Diritto Canonico (i canoni dal 346 al 348 accolgono il Motu Proprio di Paolo VI Apostolica sollicitudo istitutivo del Sinodo). Esso stabilisce che, dei membri partecipanti all’Assemblea, «la maggioranza sono vescovi». La maggioranza appunto, per il resto nulla è escluso.

Queste le tre modifiche:

«1° modifica . Non sono più presenti i dieci chierici appartenenti a Istituti di vita consacrata, eletti dalle rispettive organizzazioni che rappresentano i Superiori generali. Vengono sostituiti da cinque religiose e cinque religiosi appartenenti a Istituti di vita consacrata, eletti dalle rispettive organizzazioni che rappresentano le Superiore Generali e i Superiori Generali. In quanto membri hanno diritto di voto.

2° modifica.  Non ci sono più gli uditori, ma si aggiungono altri 70 membri non Vescovi che rappresentano altri fedeli del popolo di Dio [sacerdoti, consacrate(i), diaconi, fedeli laici] e che provengono dalle Chiese locali. Vengono scelti dal Papa da un elenco di 140 persone individuate (e non elette) dalle sette Riunioni Internazionali di Conferenze Episcopali e dall'Assemblea dei Patriarchi delle Chiese Orientali Cattoliche (20 per ognuna di queste realtà ecclesiali). Si chiede che il 50% di loro siano donne e che si valorizzi anche la presenza di giovani. Nella loro individuazione si tiene conto non solo della loro cultura generale e della loro prudenza, ma anche della loro conoscenza, teorica e pratica, oltre alla loro partecipazione a vario titolo nel processo sinodale. In quanto membri hanno diritto di voto. Inoltre, oltre ai 70 membri non vescovi di cui sopra è opportuno ricordare che, anche tra i membri di nomina pontificia, sarà possibile aver membri non-vescovi.

3° modifica. I Rappresentanti dei Dicasteri che parteciperanno, sono quelli indicati dal Santo Padre».

A sottolineare la novità, la sottolineatura in grassetto nella frase «in quanto membri hanno diritto di voto» è del comunicato stesso.  

Non manca, nella parte finale del comunicato la spiegazione del contesto che rende necessario e possibile il cambiamento. «L’Assemblea [del Sinodo sulla sinodalità, ndr] che ci prepariamo a celebrare a Roma nel prossimo ottobre appartiene alla fase celebrativa, in continuità con la prima fase, che si è svolta con la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari e le successive tappe di discernimento ecclesiale nelle Conferenze Episcopali e nelle Assemblee continentali. L’Instrumentum Laboris che costituirà la base dei lavori per l’Assemblea di ottobre è il frutto di questo processo di ascolto a tutti i livelli della vita della Chiesa».

«In questa prospettiva – afferma il comunicato – va compresa la decisione del Santo Padre di mantenere la specificità episcopale dell’Assemblea convocata a Roma, ma al tempo stesso di non limitarne la composizione ai soli vescovi, ammettendo un certo numero di non vescovi come Membri a pieno titolo.

Questa decisione rinforza la solidità del processo nel suo insieme, incorporando nell’Assemblea la memoria viva della fase preparatoria, attraverso la presenza di alcuni di coloro che ne sono stati protagonisti, restituendo così l’immagine di una Chiesa-Popolo di Dio, fondata sulla relazione costitutiva tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale, e dando visibilità alla relazione di circolarità tra la funzione di profezia del Popolo di Dio e quella di discernimento dei Pastori. Grazie a una migliore integrazione con la fase preparatoria, l’Assemblea rende concreto l’auspicio che essa possa «diventare espressione della collegialità episcopale all’interno di una Chiesa tutta sinodale» (Francesco, Discorso nel 50° del Sinodo).

È dunque nel registro della memoria che si iscrive la presenza dei non vescovi, e non in quello della rappresentanza. In questo modo la specificità episcopale dell’Assemblea sinodale non risulta intaccata, ma addirittura confermata. Lo mostra innanzi tutto il rapporto numerico tra vescovi e non vescovi, risultando questi ultimi meno del 25% del totale dei Membri dell’Assemblea. Ma soprattutto lo evidenziano le modalità di designazione dei non vescovi: essi infatti non sono eletti da un qualche demos o coetus, di cui assumerebbero la rappresentanza, ma sono nominati dal Santo Padre su proposta degli organi attraverso cui si realizza la collegialità episcopale a livello di aree continentali, radicando la loro presenza nell’esercizio del discernimento dei Pastori» (grassetto nel testo).

Merita un’annotazione la frase conclusiva: «L’Assemblea avrà modo di riflettere sull’esperienza concreta che farà, in vista della formulazione di proposte sul modo di procedere in futuro». Come a dire che le novità presentate riguardano l’Assemblea sinodale di questo ottobre. Non è detto che si procederà così nelle prossime, neanche in quella conclusiva del Sinodo sulla sinodalità che è prevista per l’autunno del 2024.

*Foto dell'incipit comunicato della Sala stampa della Santa Sede

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