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Clima, sviluppo sostenibile, emergenze umanitarie? No, il mondo preferisce spendere in armi

Clima, sviluppo sostenibile, emergenze umanitarie? No, il mondo preferisce spendere in armi

Si torna a parlare di spese militari sul sito di Sbilanciamoci!, con un articolo editoriale del suo portavoce, Giulio Marcon, datato 27 aprile. Stando agli ultimi dati diffusi dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2022 si sono spesi in tutto il mondo 2.240 miliardi di dollari. Il Rapporto del Sipri – i cui dati sono stati diffusi il 24 aprile in Italia anche da Rete italiana Pace e Disarmo e dalla stessa campagna Sbilanciamoci! – attesta dunque un incremento di 127 miliardi rispetto al 2021 della spesa militare mondiale, così suddivisa: il 39% a carico Usa, il 55% al blocco NATO, l’82% concentrata in soli 15 Paesi. Con il suo 13% sul totale, la Cina conquista il secondo sulla classifica mondiale della spesa militare, seguita a distanza da Russia (3,9%), India (3,6%), Arabia Saudita (3,3%), Ucraina (2%). «La spesa militare italiana (1,5% della spesa mondiale) – aggiunge Marcon – è stata in costante aumento negli ultimi anni».

Marcon denuncia le «scelte scellerate dei governi» e spiega cosa si potrebbe fare con quei soldi: «Con 25 miliardi di dollari si potrebbero affrontare e risolvere le emergenze umanitarie più gravi del pianeta, con 100 miliardi si potrebbe aggredire efficacemente la crisi climatica globale e con 200 miliardi di dollari si potrebbero raggiungere tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite».

Certo, si dirà, le guerre esistono e non si possono ignorare. «Invece di affrontarle con gli strumenti dell’interventismo militare», suggerisce Marcon, «bisognerebbe investire nella prevenzione dei conflitti, nello sradicamento delle condizioni di povertà e di degrado economico che sono la spesso la causa delle guerre, nel ruolo delle istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, prive di risorse, di strumenti, di autorevolezza. Invece di proseguire sulla strada della guerra (che interessa in varie forme quasi 60 aree del mondo) e del riarmo, bisognerebbe affrontare le sfide reali di una umanità sofferente e di un pianeta sempre più vicino al collasso».

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