Come la Chiesa, anche la teologia sia "in uscita". Le nuove norme di papa Francesco per la Pontificia Accademia teologica
«Per promuovere la teologia in avvenire non ci si può limitare a riproporre astrattamente formule e schemi del passato». Di questo è convinto papa Francesco e lo afferma nella Lettera Apostolica in forma di “Motu Proprio” Ad theologiam promovendam con la quale vengono approvati nuovi statuti della Pontificia Accademia di Teologia. Gli attuali, scrive il papa, datano da «quasi cinque lustri» (il riferimento è alla Lettera Apostolica Inter munera Academiarum di Giovanni Paolo II del 28 gennaio 1999). È perciò «giunto il momento di revisionare queste norme, per renderle più adatte alla missione che il nostro tempo impone alla teologia».
Spiega, papa Bergoglio, che «a una Chiesa sinodale, missionaria ed “in uscita” non può che corrispondere una teologia “in uscita”. Come ho scritto nella Lettera al Gran Cancelliere dell’Università Cattolica di Argentina, rivolgendomi a professori e studenti di teologia: “Non accontentatevi di una teologia da tavolino. Il vostro luogo di riflessione siano le frontiere. […] Anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini”».
Ne consegne che la riflessione teologica è «chiamata a una svolta, a un cambio di paradigma, a una «coraggiosa rivoluzione culturale» (Lettera Enciclica Laudato si’, 114) che la impegni, in primo luogo, a essere una teologia fondamentalmente contestuale, capace di leggere e interpretare il Vangelo nelle condizioni in cui gli uomini e le donne quotidianamente vivono, nei diversi ambienti geografici, sociali e culturali». E dunque «la teologia non può che svilupparsi in una cultura del dialogo e dell’incontro tra diverse tradizioni e diversi saperi, tra diverse confessioni cristiane e diverse religioni, confrontandosi apertamente con tutti, credenti e non credenti».
«È l’approccio della transdisciplinarità», chiarisce Francesco, «un’interdisciplinarità in senso forte, distinta dalla multidisciplinarità, intesa come interdisciplinarità in senso debole». Ma «il dialogo con gli altri saperi –sottolinea – presuppone evidentemente il dialogo all’interno della comunità ecclesiale e la coscienza dell’essenziale dimensione sinodale e comunionale del fare teologia: il teologo non può che vivere in prima persona la fraternità e la comunione, a servizio dell’evangelizzazione e per arrivare al cuore di tutti».
«Si tratta del “timbro” pastorale che la teologia nel suo insieme, e non solo in un suo ambito peculiare, deve assumere: senza contrapporre teoria e pratica, la riflessione teologica è sollecitata a svilupparsi con un metodo induttivo, che – ribadisce – parta dai diversi contesti e dalle concrete situazioni in cui i popoli sono inseriti, lasciandosi interpellare seriamente dalla realtà, per divenire discernimento dei “segni dei tempi” nell’annuncio dell’evento salvifico del Dio-agape, comunicatosi in Gesù Cristo».
«Di fronte a questa rinnovata missione della teologia», la Pontificia Accademia di Teologia, certo «nella costante attenzione alla scientificità della riflessione teologica», è «chiamata a sviluppare – insiste il pontefice – il dialogo transdisciplinare con gli altri saperi scientifici, filosofici, umanistici e artistici, con credenti e non credenti, con uomini e donne di differenti confessioni cristiane e differenti religioni».
Il testo integrale del Motu Proprio è a questo link.
*Foto di dominio pubblico tratta da Pxhere
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