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(De)costruire il potere: il caso degli eccessi di potere sugli adulti

(De)costruire il potere: il caso degli eccessi di potere sugli adulti

Tratto da: Adista Documenti n° 13 del 06/04/2024

 

Qui l'introduzione a questo testo. 

Chiesa cattolica e potere. Tema vastissimo, collegato agli abusi sessuali che monopolizzano la mia ricerca fin dagli anni '90, il tema degli eccessi di potere all'interno della Chiesa cattolica, soprattutto nei confronti delle donne adulte, spesso ne costituisce l'introduzione.

Eccessi e abusi di potere sono onnipresenti in tutte le società del mondo e a tutti i livelli strutturali. Tuttavia, il potere non si riduce alla violenza. È innanzitutto una realtà antropologica, un "posso", che richiede di essere regolato eticamente per contribuire all'umanizzazione delle persone e delle società. È poi una realtà culturale, nel senso che i sistemi simbolici sociali come le religioni e le culture esercitano un potere complesso che può essere liberatorio o oppressivo, persino schiavizzante, tanto quanto la violenza esterna. Può contribuire alla libertà e all'emancipazione degli individui proponendo un'articolazione di segni, valori, norme, rappresentazioni... che permettono loro di appropriarsene per determinarsi, dare senso alla loro esistenza, emanciparsi e contribuire a loro volta allo sviluppo creativo di questi sistemi simbolici.

Ma per molteplici ragioni che coinvolgono sia gli individui nella loro storia che le comunità umane nella loro strutturazione, le rappresentazioni ideali e normative, i funzionamenti istituzionali e gerarchici sistematici, ecc., l'esercizio di questo potere può degenerare, spesso in modo insidioso all'inizio, ma tanto più fortemente quando permea il simbolico a servizio dell'unità della persona e della sua possibilità di dare senso alla sua esistenza. L'eccesso di potere, con le sue complicità, può diventare un piano inclinato verso gli abusi caratterizzati subiti dalle vittime. Le loro modalità sono molteplici: autoritarismo, manipolazione della paura, risentimento, fake news, complottismo, oppressione, coercizione, molestie, controllo, asservimento fino alla schiavitù, abuso di coscienza, abusi finanziari, sessuali... Le comunità credenti non ne sono esenti, aggiungendo ancora a questa lista non esaustiva gli abusi spirituali e pastorali. Mi limiterò qui alla Chiesa cattolica e affronterò quattro punti. Innanzitutto gli abusi generati dall'eccesso di potere dei chierici sulle donne (1) esaminando la lenta emergenza delle rivelazioni (2), quindi alcune ragioni diventate evidenti di questi abusi (3) e infine l'immenso compito collettivo di ascoltare, discernere, riconoscere, prevenire a servizio di una dignità vulnerabile (4).

I. La cultura degli abusi

La presa di coscienza degli abusi all'interno della Chiesa avviene, ma lentamente e sotto la pressione delle testimonianze delle vittime, dei media e della società. Per la pedofilia, la Chiesa francese ha attraversato due fasi principali: innanzitutto il riconoscimento spaventato delle trasgressioni sui minori impostosi a causa della reputazione dell'istituzione; in seguito, la presa di coscienza della gravità del trauma delle vittime, bambini e persone vulnerabili, che ha portato alla creazione della CIASE nel febbraio 2019.

Questa presa di coscienza è stata accompagnata da una diagnosi sintetizzata e cristallizzata dal papa Francesco nella parola "clericalismo": questa cultura di relazioni disfunzionali tra chierici e laici a causa dell'asimmetria di potere e di un'abitudine di superiorità dei preti sui laici con, dice ancora Francesco, «un'eccessiva fissazione [del clericalismo] sul sesto comandamento». L'abuso sessuale è quindi una delle estreme conseguenze (ma non per questo rara) della dominazione e dell'eccesso di potere.

Questa presa di coscienza ha portato ad alcune misure preventive. I leader della Chiesa hanno così compiuto un primo passo necessario, ma non sufficiente rispetto alla "cultura degli abusi" che deriva da una struttura di governo che concentra tutti i poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) e sostenuta principalmente solo dal ministero ordinato, e in particolare dalla gerarchia episcopale fino ai cardinali.

Tuttavia, questi abusi di potere sono come l'anticamera degli abusi sessuali. E la pedofilia è solo la punta dell'iceberg, quella che la giustizia civile obbliga a riconoscere ma che alcuni leader ecclesiastici cercano di negare o minimizzare nella sua gravità o di soffocare. Rimane tutta la parte sommersa degli abusi sugli adulti particolarmente vulnerabili o resi tali dalle situazioni di eccesso di potere. Tuttavia, e lo dico con ancora più forza poiché questo contributo rischia di farlo dimenticare, non tutti i ministri ordinati della Chiesa sono coinvolti negli abusi. Alcuni (e non sono pochi) sono loro stessi vittime della loro gerarchia, mentre altri lottano, al loro livello e con mezzi pastorali talvolta molto limitati, contro il clericalismo e gli eccessi di potere. Ma sono legati mani e piedi dal sistema.

E poi la cultura clericale non è l'unica responsabile. Non solo a causa dell'immaturità narcisistica di molti preti, di precedenti aggressioni nella loro giovinezza, ma anche della concentrazione gerarchica di tutto il potere (legislativo, giudiziario, esecutivo) e del patriarcalismo che continua a essere prevalente. È il documentario "Religiose abusate, lo scandalo nascosto della Chiesa", trasmesso nel marzo 2019 su ARTE, a creare uno shock mondiale. Uno spettacolo di degenerazione aggravato dalle rivelazioni degli abusi commessi dai fondatori di nuove comunità.

Queste disfunzioni sistemiche non coinvolgono tuttavia solo il funzionamento dell'istituzione ecclesiastica. Si basano sulle disfunzioni sistemiche delle moderne società, caratterizzate dal potere di dominio del modello liberale, individualista e consumista e dalla sua capacità di frammentazione e accelerazione del tempo, ecc. I sistemi di dominio successivi (con abusi e maltrattamenti nell'infanzia) o contemporanei si intrecciano tra loro e si influenzano reciprocamente, o addirittura si potenziano. Le donne ne sono ancora una volta le prime vittime, prima come bambine, poi come adulte, pur rimanendo in gran parte "invisibili”. Il diffondersi del movimento #MeToo, le coraggiose testimonianze delle vittime di abusi di ogni tipo nel mondo dello sport, dello spettacolo, dei media, ecc., il numero di femminicidi, le ricerche accademiche... ricordano che le disuguaglianze di genere perpetuano le circostanze favorevoli al dominio.

II. Emergenza delle rivelazioni sugli abusi di potere sulle donne nella Chiesa

Le prime segnalazioni di abusi sessuali da parte di chierici su donne adulte risalgono agli anni '60. Richard Sipe pubblica i risultati delle sue ricerche e li invia ai vescovi americani, notando che circa la metà dei preti negli Stati Uniti praticano il celibato... Se alcune relazioni sono consenzienti, molte non lo sono. Ma denunciare è generalmente impossibile: i fatti sono conosciuti o intuiti, ma segnalarli significa rischiare il licenziamento o il discredito. Questo vale ancora oggi ampiamente per l'Africa, il Medio Oriente, l'Asia e l'America del Sud... per le donne, ma anche per le suore che generalmente hanno uno status di seconda classe; tanto più quando la loro congregazione dipende dal vescovo locale. Questa sottomissione agli uomini che dirigono la Chiesa rende quasi impossibile la denuncia di queste aggressioni.

Negli anni '90, alcune religiose preparano per il Vaticano rapporti confidenziali centrati sull'Africa. Nel 1994- 1995, due suore, Maura O'Donohue e Marie McDonald, sensibilizzano la curia sugli abusi sulle suore, soprattutto in contesto africano. Ma è solo dopo la pubblicazione di questo documento nel National Catholic Reporter nel marzo 2001 che il portavoce della Santa Sede, Joaquin Navarro-Valls, parla di un «problema limitato geograficamente e che verrà risolto tramite la formazione e caso per caso». Negazione da parte della gerarchia.

Ma durante gli ultimi due decenni, le rivelazioni sulla pedocriminalità autorizzano nuove pubblicazioni che lasciano intravedere abusi di potere prima delle aggressioni sessuali sia su bambini che su donne adulte. Sophie Ducrey è abusata da un prete della Comunità Saint-Jean; Anne Mardon è vittima del fondatore delle Fraternità monastiche di Gerusalemme a Saint-Gervais; Doris Wagner è abusata all'interno della comunità "Das Werk". Renata Patti è stata vittima di abusi di potere all'interno dei Focolari. Sarah Suco, la cui famiglia è stata "arruolata" da una comunità carismatica, ha realizzato un film autobiografico, Les Éblouis. Donne tedesche hanno reagito al documentario di ARTE raggruppando le loro testimonianze di “persone coinvolte" (Betroffene) in un libro collettivo che analizza i processi di manipolazione. E che dire dell'ex gesuita Marko Rupnik, autore di numerosi mosaici, che ha abusato di una quarantina di suore e che ha a lungo goduto di varie protezioni in Vaticano... Si aggiungono i rapporti ufficiali – come quello della CIASE – pubblicati da istanze nazionali in vari Paesi del mondo. In Cile, gli abusi sono stati particolarmente scabrosi e abietti. Régine e Guy Ringwald raccontano come il prete Fernando Karadima e il gesuita Renato Poblete abbiano agito grazie a complicità politiche ed ecclesiali, a sistemi di corruzione diffusa e a un'impresa indubbiamente settaria su vasta scala (Stati Uniti, Australia, Paesi europei...). E non è finita: il 20 marzo 2024, gli otto ricercatori della commissione Indipendente e Interdisciplinare d'inchiesta sui Foyers de charité, presieduta da Alessandra Pozzo, hanno annunciato le loro dimissioni collettive. Anche qui: abusi di potere, abusi spirituali, di coscienza e sessuali in moltissimi Foyers... Ma l'emersione delle disfunzioni disturba e gli ostacoli si moltiplicano, fino a mettere in discussione l'indipendenza della commissione e le risorse finanziarie di una segreteria.

Questa somma di testimonianze consente di basarsi sulle parole delle vittime per stabilire un'analisi interpretativa degli abusi di potere dei chierici su laici adulti, soprattutto donne. Non si possono comprendere né il trauma delle vittime né le disfunzioni istituzionali, né le distorsioni cognitive, ecc., se non si parte dalle parole delle interessate.

III. Perché questi abusi di potere sulle donne?

Ci sono diverse concause che connettono quelle relative alla Chiesa e alle sue dottrine a quelle delle società in cui questa Chiesa è radicata. Ne considereremo tre aspetti principali.

Il potere legato al contesto e al luogo dell'abuso

La stragrande maggioranza degli abusi avviene durante atti ecclesiastici esercitati da chierici in virtù del loro potere ministeriale e pastorale: 14 delle 23 donne tedesche sono state abusate durante un accompagnamento spirituale, 5 durante una confessione e 4 durante l'eucaristia. Lo stesso è accaduto a Sophie Ducrey, Anne Mardon, Doris Wagner...

E questo non è casuale, poiché questo contesto è il luogo di una grande asimmetria di potere: innanzitutto a causa del ruolo assunto dall'autore degli abusi, detentore del potere ministeriale e pastorale. Se l'accompagnatore può non essere un prete, lo è comunque nella stragrande maggioranza dei casi, anche solo per il legame con la confessione. Tuttavia, non si può ricevere questo sacramento senza la mediazione di un chierico che stabilisce luogo e ora dell'appuntamento...

Inoltre, perché l'accompagnamento spirituale richiede una reale possibilità di confidenza che rappresenta un grande pericolo per le persone accompagnate. Il consigliere/direttore spirituale e confessore sa molte cose intime legate alla vita personale delle sue dirette. Può usarle per esercitare pressioni su di loro, esigere una relazione, minacciare, molestare... giustificandosi eventualmente con argomenti teologici che manipola a proprio vantaggio. I

nfine, perché è lui a decidere, responsabile dei luoghi che spesso sono senza finestre, serrati, impedendo la fuga, talvolta con un letto nelle vicinanze...

Se nessuno è invulnerabile, la vulnerabilità effettiva delle persone dipende anche dal contesto che l'abusatore crea per sottomettere la sua futura vittima:

- contesto dell'incontro: spesso lontano dagli sguardi esterni, dalla famiglia e dal cerchio dei parenti della donna interessata;

- contesto costruito per suscitare compassione e giustificare la richiesta: quando il chierico sottolinea un eccesso di lavoro, una compensazione per il dono totale nel sacerdozio, un'infanzia difficile... Nel caso della tedesca Karin Weissenfels, il prete racconta la sua vita difficile per commuovere e chiedere l'inaccettabile;

- contesto creato da regole spirituali proprie che impongono, se necessario, vincoli canonici illegali come l'obbligo di scegliere una persona specifica della comunità come confessore e accompagnatore. Una delle donne tedesche, Miriam Leb, vuole scegliere il suo confessore e preferisce rifiutare l'assoluzione piuttosto che rinunciare a questo. Ma il prete accompagnatore le invia un SMS la sera stessa per farla sentire in colpa: «Cosa faresti se morissi stanotte?... Andresti direttamente all'inferno». Questo atteggiamento, che va contro il diritto all'autodeterminazione spirituale, viola anche il canone 630 del Codice di Diritto Canonico del 1983 (CDC);

- a volte il contesto è totalmente frammentato, illegale dal punto di vista canonico, mescolando foro interno e foro esterno, quando non dipende direttamente dalle fantasie del chierico che si prende per la voce di Dio, giustificando così ciò che impone: messe private a due (Mardon, Garnier...) o violazione del segreto della confessione da parte del confessore. Quello di Ellen Adler richiede una confessione generale (ingiustificata nelle circostanze pratiche di un monastero dove lei è solo di passaggio) e chiede inoltre a un novizio di essere presente «perché possa acquisire esperienza». Karin Weissenfels rimane incinta di un prete che poi le chiede di abortire. Per convincerla, questo prete le indica un collega che potrà darle l'assoluzione dopo il fatto; Karin, tuttavia, non convinta, spera di trovare da lui un aiuto per discernere, ma scopre che è complice del primo...;

- infine, il contesto dipende anche dalle situazioni di vita delle donne e dalla loro storia, specialmente quando sono già state vittime di abusi all'interno della propria famiglia o della loro cerchia di conoscenze (incesto, abusi sessuali, abusi di potere, maltrattamenti). O quando c'è stata la morte di un parente, quando la donna vive un dramma familiare, il bullismo a scuola o sul lavoro, una situazione di isolamento, discriminazioni... Tutto ciò è frequente e può aumentare la vulnerabilità, ma anche una sete spirituale (Sophie Ducrey, Anne Mardon...) che contribuisce a plasmare un'immagine di Dio (Padre protettore, Dio onnipotente...) che gli aggressori spesso assumono a loro vantaggio.

Perché hanno quasi sempre come un sesto senso per individuare i punti deboli delle donne che si confidano con loro e usare la loro vulnerabilità per esercitare su di loro un'oppressione distruttiva. Tuttavia, per alcune donne, non c'erano fragilità particolari all'inizio, ma la situazione di potere eccessivo le ha rese fragili, specialmente quando sono state educate a obbedire, a fidarsi dei preti. In mani giuste, queste donne avrebbero probabilmente potuto essere persone particolarmente dinamiche, creative e aperte alla novità; il loro desiderio di Dio e di un mondo più giusto ha dato loro gli strumenti per costruire un futuro significativo per loro stesse, per gli altri e per la Chiesa.

II. Il potere legato allo status dei chierici e dei vescovi

Diversi fattori si combinano per portare a eccessi di potere che possono sfociare in abusi sessuali.

La costruzione della superiorità e il potere sublimante del sacro

Un primo aspetto del loro potere risiede in una costruzione storica che risale ai primi tempi della Chiesa primitiva, poi alla riforma gregoriana e tridentina... I chierici sono ontologicamente differenziati dagli altri battezzati. La loro separazione sacerdotale, al servizio del sacrificio eucaristico, conferisce loro una superiorità e un potere sacro. Dal Concilio di Trento (XVI secolo), il sacerdote diventa l'uomo che può rappresentare la Chiesa, accedere a Dio, insegnare, predicare, celebrare, presiedere, essere mediatore della salvezza, consacrare come sacerdote (santificare) il pane e il vino affinché diventino Corpo e Sangue di Cristo... Tuttavia, questo eccesso di potere legato al cambiamento ontologico indotto dall'ordinazione si rivela per alcuni un piano inclinato verso ogni tipo di abuso, compresi quelli sessuali.

Il clero contemporaneo è diviso su questa sacralizzazione della figura sacerdotale: una parte, soprattutto i preti che si richiamano al Concilio Vaticano II e anche i più anziani, coloro che hanno vissuto il periodo preconciliare, la rifiuta visceralmente; mentre un'altra parte se ne compiace, vantandosi della risacralizzazione voluta da Giovanni Paolo II, optando non per il "presbiterato", enfatizzato dal Vaticano II, ma per il sacerdozio. Questa nuova generazione si concentra fortemente sulla liturgia, in particolare sul sacrificio eucaristico e sulle pratiche di pietà (processioni pubbliche, venerazione delle reliquie...) per le quali il prete è l'attore indispensabile e insostituibile. In nome dell'interiorità, gioca sull'esteriorità: ornamenti liturgici, immobilità ieratica...

Il sacrificio eucaristico (un "rendere sacro" che la recente riforma liturgica in Francia ha ulteriormente rafforzato), in sintonia con la figura sacerdotale del prete, è diventato così centrale nel cattolicesimo che il credente finisce per definirsi come colui che va a messa, come la pandemia ha evidenziato. Durante il lockdown, infatti, la Chiesa sembrava ridursi alla esibizione celebrativa dei preti che mostravano come mai prima d'ora la loro separazione, al di sopra di laici invisibili, con l'aura "sacrale" dell'"alter", o addirittura di Cristo stesso. Una formula molto ambigua che prima del periodo tridentino era valida per ogni cristiano ("christianus alter Christus") e che il Concilio Vaticano II, applicandola solo al sacerdozio, non ha chiarito.

Padrone del sacro, il chierico detiene "la chiave della salvezza": quindi bisogna fidarsi di lui. Una delle vittime tedesche, suor Maria Gärtner, nota così che il religioso in questione, «ordinato da Gesù per la salvezza del mondo, non poteva che essere buono». Edith Schwarländer e altre donne tedesche si convincono così che un prete non può che essere «innocuo».

Ma come scrive papa Francesco: «I preti “superuomini” finiscono male, tutti». E in contesti di sudditanza, la violenza sessuale è uno strumento di potere.

L'accumulo dei poteri

Il secondo aspetto del potere dei chierici, strettamente legato al primo, risiede nell'accumulo delle istanze di governo, dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, ministeriale, pastorale, amministrativo, di sorveglianza... Facendo ciò, scrive Daniel Bogner, la Chiesa «impone ai fedeli e ai membri della Chiesa un regime basato su una società a due classi (clero-laici) [...]. Il diritto, teologicamente legittimato (CDC), che segue la Chiesa, prescrive una forma sociale che, sulle questioni essenziali, è diametralmente opposta alla dottrina del Concilio Vaticano II».

Autoreferenzialità delle istanze di potere

I fatti dimostrano che i chierici possono accordarsi tra loro ogni favore e dispensa che rifiutano ai fedeli, fino a ribaltare il senso di colpa. Molte vittime raccontano infatti che, dal momento in cui denunciano, vengono considerate come "contaminate", "nemiche della Chiesa", "impure". Vengono evitate e praticamente non riescono più a ottenere un appuntamento (cf. Sophie Ducrey). Al contrario, il chierico presunto colpevole è stato per lungo tempo mandato in un monastero o in un altro luogo della Chiesa; o addirittura in nessun posto, perché rimane dov'è, continuando il suo servizio «affinché abbia sempre la sua remunerazione».

Attualmente, nonostante i cambiamenti introdotti da papa Francesco, siamo ancora per lo più nell'autoreferenzialità tra pari governata da uno spirito di corpo... E l'asimmetria nelle relazioni spirituali e pastorali rimane un piano inclinato scivoloso.

Il potere dell'immagine dell'esperto

Il livello di istruzione dei chierici in generale non è molto elevato, mentre sempre più laici sostengono tesi di dottorato; questo può portare a un senso di inferiorità che alcuni cercano di compensare con l'autoritarismo. Resta il fatto che l'immagine dei chierici è quella di uomini colti che dispongono della "conoscenza delle cose di Dio". Molte sono le modalità di coltivare l'immagine del dottore che il diritto della Chiesa assume a modo suo. Così, ai laici è ancora ufficialmente vietato predicare nel senso stretto del termine: la predicazione appartiene al ministero ordinato come funzione di mediazione tra Dio e gli uomini, ed è quindi propria del sacerdozio.

Tuttavia, quando un chierico cerca di abusare di una donna, spesso si riferisce a questo potere legato alla conoscenza biblica e teologica, anche se non lo utilizza correttamente, consapevolmente o meno (distorsioni cognitive), facendo dire alla Scrittura ciò che essa non dice per spezzare le resistenze della vittima e giustificare i suoi atti. Le donne vittime a volte (spesso?) si lasciano abbindolare e rispondono frequentemente qualcosa del tipo: "Lei è il prete, deve sapere". È il caso di Sophie Ducrey, di Anne Mardon e di numerose vittime dei frati Thomas e Marie-Dominique Philippe, anche quando, come Michèle-France Pesneau, la vittima ha una formazione teologica e reagisce...

L'autoritarismo sulle congregazioni religiose

L'accumulo di potere da parte dei chierici è particolarmente problematico per alcune congregazioni religiose quando dipendono giuridicamente dal vescovo del luogo e il voto di obbedienza è inteso come un "mettersi al servizio" del vescovo. In particolare in alcuni Paesi, ma anche nell'ambito della curia romana o nei dintorni di vescovi di alto rango. Le donne che hanno osato uscire dai Foyers de charité hanno spesso denunciato l'eccessivo tempo di lavoro, la retribuzione molto bassa e la scarsa segnalazione ai servizi sociali per un sussidio di disoccupazione e una pensione dignitosa.

L'eccesso di potere comincia con un uso servile della forza-lavoro (cucina e pulizia) con salari molto bassi o inesistenti. Questo può arrivare fino all'abuso sessuale, poiché le religiose sono prede facili esenti dal rischio dell'AIDS e da infezioni sessualmente trasmissibili: è quindi una tentazione, per alcuni chierici, chiedere un servizio sessuale in cambio di un aiuto materiale, finanziario o un sostegno agli studi per una giovane suora. La denuncia risulta tanto più difficile quando può esserci una complicità delle superiore della vittima (cf. il documentario di ARTE).

L'autoritarismo dogmatico

Molti discorsi dei responsabili della Chiesa impongono divieti o obblighi senza tener conto della complessità obiettiva e situazionale. L'ESF non è più un discorso ascoltabile dai fedeli. E il livellamento di tutti i peccati sessuali, gravi quindi mortali, all'interno della "valigia" del sesto comandamento, ha spinto alcuni ad abusare, pur rimanendo nel negare: nessuna relazione sessuale completa, quindi nessun peccato contro la verginità; il sacerdote ritiene così di conservare la sua purezza continente! E poi il peccato è perdonabile, come una lavagna magica, mentre la vittima non esiste... Papa Francesco è il primo a parlare di crimine piuttosto che semplicemente di peccato.

I vari insegnamenti del magistero sull'omosessualità meriterebbero un lungo sviluppo che questo articolo non permette. L'autoritarismo dogmatico in materia non ha contribuito, in alcuni Paesi, a gravi repressioni fino al carcere, in una complicità tra Stati e vescovi? La pubblicazione di Fiducia supplicans (dicembre 2023) suscita quindi una condanna la cui interpretazione non manca di suscitare interrogativi.

Un altro esempio di eccesso di potere risiede nell'associazione tra abusi e ordinazione delle donne nello stesso testo: l'aggiornamento nel 2010 del motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela e delle "norme per i delitti più gravi" (Normae de gravioribus delictis) congiunge i due temi e la sua ripresa nel 2021 nel Libro VI del diritto canonico aggiunge un'altra pezza! Non si sta forse cercando di forzare la dottrina, di imporre con autoritarismo ciò che è solo "legge puramente ecclesiastica" (e quindi riformabile), come riconosceva mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, durante la conferenza stampa di presentazione di questo Libro VI del CIC? Si potrebbero moltiplicare gli esempi.

L'autoritarismo pastorale

A causa di una certa "superiorità" legata allo stato di vita verginale e alla concezione del ministero sacerdotale, alcuni parroci o superiori religiosi pensano di poter governare da soli... Gli abusi di potere e di coscienza nelle comunità parrocchiali, religiose o altre, gli abusi spirituali, l'autoritarismo intransigente, il bullismo, e perfino le appropriazioni indebite, tutto ciò di solito non fa troppo rumore, ma causa danni enormi alle persone coinvolte e alla loro cerchia allargata. Ancora di più perché ciò non viene portato né davanti ai tribunali ecclesiastici né davanti a quelli della Repubblica che riconoscono praticamente solo le aggressioni sessuali (art. 222-22 CP) o la corruzione con eventuali abusi di debolezza (da provare). L'autoritarismo pastorale non è di solito udibile neanche dai responsabili della Chiesa... Quando il potere è nelle mani dei chierici, la regola usuale è il silenzio, il negare, il "non fare onde".

Quanti laici impegnati talvolta da molti anni ricevono un giorno, in occasione di un cambio di parroco, una lettera (o addirittura solo tramite il rumore delle nomine) per informarli che non sono più necessari? Nessun dialogo, nessuna spiegazione. Silenzio della gerarchia che non tiene conto di questi "licenziamenti" arbitrari senza nome, dal momento che il volontariato, anche se intensivo, non è un impiego e che gli interessati – spesso donne – non possono avanzare alcuna pretesa... Impossibile presentare denuncia. Contro chi, cosa, per quale motivo? Una pratica ecclesiale di impieghi confusi, con ruoli confusi, senza precisazioni sulla durata dei mandati e su come rinnovarli, apre la strada ad abusi di potere e consente ad abusatori di nascondersi dietro a strategie pericolose e di manipolare i loro collaboratori da una posizione di potere. E questi rischi non diventano forse ancora più evidenti con alcuni preti stranieri (soprattutto africani per la Francia) nominati per colmare la mancanza di preti autoctoni?

Autoritarismo pastorale del vescovo

L'autoritarismo pastorale può riguardare anche un vescovo con conseguenze tragiche, sia individualmente che per tutta una Chiesa diocesana, e persino per l'intera Chiesa universale. Poiché dal Concilio Vaticano II, il ruolo del vescovo è stato valorizzato, ma senza richiedere resoconti... Sul piano teologico, il vescovo, amministratore di una Chiesa locale, regna come capo nella sua casa senza alcun livello intermedio tra lui e il papa, garante della comunione per l'intera Chiesa. Ha così un potere quasi illimitato, a meno che non abbia abusato sessualmente di un minore o di una persona resa vulnerabile (Vos estis lux mundi apre la strada alle segnalazioni che, nella pratica, rimangono difficili).

L'esempio di monsignor Jean-Pierre Cattenoz lo ricorda, rimasto arcivescovo di Avignone per più di 18 anni nonostante tutte le segnalazioni a tutti i quadri della Chiesa, compreso il nunzio e il papa, riguardo alla sua «autorità episcopale esercitata in modo abusivo», come indicato da una «lunga inchiesta e circa 35 interviste».

3. Il ruolo della teologia e le sue ambivalenze

La teologia fa parte del sistema degli abusi attraverso la costruzione di concetti teologici, modelli di pensiero, pratiche linguistiche... Nessun discorso teologico è di per sé "nocivo" o "curativo". Ma il suo utilizzo diventa tossico quando è utilizzato in una strategia di abuso.

L'immagine della donna nella Chiesa cattolica

L'immagine della donna nella Chiesa cattolica è un tema ricorrente nelle testimonianze che mostrano quanto essa si basi sulla Scrittura (Genesi, Osea, Cantico dei Cantici) e sulla teologia come fattori di marginalizzazione, strumentalizzazione, riduzione peccaminosa della donna. Tuttavia, la donna stessa ha spesso interiorizzato questo messaggio al punto che alcuni discorsi non la sorprendono affatto.

Il sacerdote che abusa di Saskia Lang legittima così il suo sfruttamento sessuale delle vittime attraverso un'interpretazione misogina della caduta confermata dalla lettura della prima lettera di Paolo a Timoteo (2,14). Questa donna scrive:

«Ho imparato molto presto nella mia vita che la Chiesa considera le donne come fonte di peccato. Più e più volte sono stata esaminata da un sacerdote per sapere esattamente dove si trovava questa fonte. Il sacerdote usava il suo pene come oggetto di indagine e, come donna che doveva essere purificata, ne avevo bisogno».

Le donne sono in una relazione doppiamente asimmetrica rispetto ai chierici: come donne (anche se sono religiose) e come persone non ordinate. E si trovano molto presto di fronte a questo eccesso di potere di genere che le subordina al maschile e ai chierici, esigendo da loro umiltà, gentilezza, obbedienza, calma, rassegnazione, sottomissione... Tutte caratteristiche che favoriscono gli abusi spirituali e sessuali... Anche come madri, sono svalutate.

Questa doppia asimmetria facilita i meccanismi di occultamento e difesa. Quando le vittime sono donne adulte, i quadri della Chiesa tendono a deriderle sostenendo che "avrebbero dovuto solo dire di no", che avrebbero dovuto fuggire. Anche il caso Marko Rupnik ha mostrato che gli abusi sulle donne sono nella pratica giuridica ecclesiastica molto meno gravi di quelli sui bambini. L'INIRR (Istanza nazionale indipendente di riconoscimento e riparazione) istituita dalla Conferenza dei vescovi di Francia dopo il rapporto della CIASE nel novembre 2021 ha preso in considerazione solo gli abusi sessuali su minori. È necessario attendere marzo 2024 per estenderlo anche agli adulti.

La doppia asimmetria porta anche a trascurare i segni di allarme. Le parole, i discorsi, persino gli sguardi hanno un doppio significato e non consentono di discernere ciò che viene detto o insinuato... E non appena la donna fa domande, la risposta spesso arriva con tono di disprezzo: "Vuoi prendere il potere?". Un commento che dice molto sulla non condivisibilità del potere. Tuttavia, la donna già indebolita dal suo status, non vuole nemmeno sembrare sospettosa, suscettibile. Di conseguenza, ingoia tutto o finge di non capire.

Infine, la doppia asimmetria confina alcune donne nella paura di conseguenze negative. E se ci fosse un processo, sarebbe parola contro parola, e la donna rimarrebbe una Eva presunta colpevole.

L'uso della teologia dogmatica e delle Scritture

«Le citazioni bibliche vengono integrate in un quadro fondamentalista e manipolate per catturare l'apertura e l'ambiguità intrinseche al testo scritto. L'abuso di potere è un controllo sulla sovranità interpretativa necessaria all'aggressore per promuovere il proprio interesse personale». I predatori dispensano una retorica teologica, si avvalgono di figure famose rivestite di un manto di pietà...

La religiosa tedesca Maria Gärtner racconta con quale sicurezza il religioso (che la abuserà) venne nella comunità per predicare gli esercizi; molto rapidamente, chiese alle suore «di abbandonare qualsiasi altra preghiera (liturgia delle ore, rosario, adorazione) per mantenere solo la messa e la meditazione delle sue riflessioni personali. Aveva il permesso del papa di dispensare da tutte le preghiere». La comunità trovò ciò "strano", ma questa presunta autorizzazione del papa fu sufficiente a vincere la resistenza della superiora che accettò questa dispensa. La volontà dell'aggressore diventa la volontà di Dio.

Si potrebbe dire lo stesso dell'uso della liturgia.

IV. Ascoltare, discernere, riconoscere, prevenire. Un'immane compito collettivo al servizio di una dignità vulnerabile

Il compito è enorme. L'obiettivo è riconoscere gli eccessi e gli abusi di potere parlando con le vittime e discernendo, al fine di arrivare a atteggiamenti preventivi. Tuttavia, anche questo non è scontato. Le donne tedesche propongono quindi di instaurare un dialogo resiliente e discernente con le vittime e forniscono dieci punti di attenzione. L'ascolto deve consentire di prendere coscienza del dramma che si sta (si è) spesso svolgendo nell'ombra. Ma per fare questo, l'ascoltatore deve essere formato. Deve: 1. essere consapevole delle sfide di un ascolto che deve incoraggiare a causa dei molteplici fallimenti precedenti; 2. conoscere gli effetti delle esperienze traumatiche; 3. proporre parole; 4. mettere la persona interessata al centro; 5. non cadere nell'attivismo; 6. essere parte e solidale; 7. dare per scontati conflitti; 8. mettersi in rete; 9. non correre troppo verso interpretazioni religiose; 10. non dimenticare che le vittime non sono "gli altri", ma sono una parte della stessa Chiesa.

Altri punti meritano attenzione.

Prima di tutto, stabilire regole chiare e una gestione trasparente per tutti i tipi di abusi di potere.

In secondo luogo, collaborare con tutti i battezzati. La stessa linfa cristica scorre nelle vene di tutti i battezzati. E questo dovrebbe portare a promuovere un lavoro collaborativo di tutti, con ruoli e posizioni diverse, ma tutti innestati sul ceppo che è Cristo e non sulla gerarchia della Chiesa.

Uscire dall'autoritarismo dogmatico e dare da bere il Vangelo di Cristo.

Decostruire le immagini e le relazioni di potere di genere.

Eliminare il comportamento che causa vulnerabilità e riconoscere la dignità vulnerabile, ecc.

Il lavoro di riforma della Chiesa non può essere fatto senza la collaborazione di tutti i credenti, forti E vulnerabili proprio come Cristo stesso. La permeabilità della nostra indiscutibile vulnerabilità, dei nostri vuoti e delle nostre crepe può consentirci di connetterci gli uni agli altri riconoscendo la nostra interdipendenza e il nostro bisogno di essere accolti; non sono disposizioni aliene; possono essere vissute lontano dal dolorismo, come opportunità da affrontare per far entrare la luce, la grazia dell'altro, fare opera di compassione.

Jean-Baptiste Metz lo ha sottolineato a partire dalla Memoria passionis: il ricordo "pericoloso" della sofferenza. Mentre la religione cristiana è precisamente quella «che vede nella passione di Dio una compassione, un'espressione non sentimentale di un amore che ha le sue radici nell'unità inscindibile dell'amore di Dio e dell'amore dell'uomo», Auschwitz segnala un orrore per il quale la teologia non ha trovato alcun linguaggio, perché si è cristallizzata in un certo dogmatismo concentrato sul peccato, faticando a integrare l'esperienza umana nella sua complessità, riconoscendo poco o nulla la sua vulnerabilità.

L'esperienza della grazia richiede un corpo vulnerabile. Il Vangelo non è un romanzo rosa. Rende vulnerabili! La sequela Christi rende vulnerabili! Seguire il Maestro non significa affatto negare la vulnerabilità ontologica. Significa lottare contro ogni eccesso di sofferenza e fragilità e contare sulla vulnerabilità come luogo di forza evangelica e fraterna.

Nel suo discorso al momento della presentazione del rapporto finale del CIIVISE, il suo presidente Édouard Durand riprende una frase di Charles Péguy espressa nel contesto dell'affare Dreyfus (Notre Jeunesse, 1910): «La cosa più difficile è vedere ciò che si vede».

Un detto che vale tanto per il trauma delle vittime quanto per identificare le disfuzioni di alcuni discorsi e ingranaggi del sistema istituzionale.

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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