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Abusi e manipolazione nella Chiesa: un approccio psicologico

Abusi e manipolazione nella Chiesa: un approccio psicologico

Tratto da: Adista Documenti n° 24 del 29/06/2024

Qui l'introduzione a questo testo. 

Abbiamo sondato gli aspetti dell’abuso psicologico perpetrato all’interno delle comunità di vita consacrata e nei gruppi di adesione a diversi movimenti ecclesiali, raccogliendo centinaia di esperienze da tutto il mondo.

Le condotte riferibili a intimidazioni e minacce spirituali, critiche, insinuazione del senso di colpa, abusi economici, violazione della coscienza personale, possono configurarsi come vere e proprie violenze, fino al punto da integrare diverse fattispecie di reato contro la persona. Spesso non si è in grado di riconoscere la violenza, per il fatto che le pratiche religiose sono orientate al sacrificio e alla totale adesione a un comando imposto dall’altro. La tensione alla santità, il timor di Dio, la necessità di essere in comunione con la Chiesa, si aggiungono all’impossibilità di riconoscere che molte richieste fatte ai fedeli non sono affatto orientate all’elevazione spirituale e portano invece a tradire la fiducia delle persone.

La vita spirituale all’interno delle esperienze di appartenenza alle comunità ecclesiali spesso è caratterizzata da regole e strutture rigide accettate come via di fede per la comunione con Dio. I coordinatori o i responsabili delle comunità o dei rami delle associazioni ecclesiali tendono a impartire ordini e richiami intenzionalmente con spirito di correzione fraterna, ma praticamente con modalità subdole di svalutazione, violazione della dignità personale, ricatti spirituali e soprattutto controllo della libertà e del diritto di autodeterminazione, per garantire l’unità del cammino comunitario espressione del carisma e della Chiesa. Queste condotte si configurano come violenza e abuso psicologico.

Pur nella proposta di valori positivi le modalità relazionali tra superiori e sottoposti si configurano come maltrattamenti che vengono compiuti attraverso richieste di obbedienza e accettazione incondizionata di dogmi e di riti per realizzare un ideale divino, per cui diventa ammissibile qualsiasi tipo di sacrificio. Tale sopraffazione nel tempo annulla la persona nella propria identità e nel proprio valore sociale, minandone la dignità e l’autostima.

Nell’esperienza religiosa l’obbedienza cieca diventa addirittura il metro per misurare la capacità di essere pienamente aderenti alla volontà di Dio e viene elogiata dalla Chiesa come virtù, tanto da proporre ai fedeli esempi da imitare come i patriarchi, pensiamo al “sì” di Abramo che ha accettato di sacrificare il figlio, i santi, pensiamo a Santa Rita che, per obbedienza alla superiora, innaffiò per molto tempo una pianta secca, e soprattutto Maria, presentata come immagine suprema della fede obbediente. Eppure nelle esperienze che abbiamo raccolto questo atteggiamento di imposizione di norme e scelte di vita, fino a confondere il foro esterno con il foro interno, sembra portare a crisi psicologiche anche gravi e a squilibri di personalità che non sempre vengono riconosciuti come tali, ma vengono interpretati come incapacità di seguire il carisma di Dio.

Per comprendere la gravità di questo stile relazionale abbiamo chiesto alla dott.ssa Lorita Tinelli di spiegarci come avviene l’abuso spirituale nelle comunità religiose e quali conseguenze può portare.

Lorita Tinelli, psicologa clinica e di comunità, criminologa, studiosa di culti e manipolazione mentale, ha fondato nel 1999 il CeSAP - Centro Studi Abusi Psicologici - e ne ricopre la carica di presidente. Il CeSAP fa parte di una rete più ampia di studiosi e associazioni che si occupano del settarismo, la FECRIS (European Federation of Centres of Research and Information on Cults and Sects) ed è un membro del suo Direttivo.

È affiliata all'APA -American Psychological Association e all'ICSA - International Cultic Studies Association.

Si può affermare che i movimenti ecclesiali abbiano le stesse caratteristiche delle sette?

Esistono dei movimenti ecclesiali, i cosiddetti “gruppi di frangia”, che sembrano assumere dinamiche e caratteristiche riconducibili al settarismo. Essi cioè si aggregano attorno alla figura del fondatore, che incoraggia il culto della personalità, e si attengono in maniera radicale e incondizionata ai suoi scritti e alle sue determinazioni, giustificando anche le eventuali divergenze dalla Chiesa cui sostengono di appartenere. L'ideologia promossa viene riconosciuta come più pura e più corretta, e l’adesione incondizionata a essa genera una netta differenza tra la Verità assoluta e tutto il resto, ovvero una dicotomia di pensiero tra il bene e il male, tra quello che è giusto e quello che è sbagliato. Alcuni di questi gruppi, quando messi alle strette, si sono distaccati dalla Chiesa, creando delle monadi portatrici di “Verità”, disconoscendo totalmente il valore spirituale dell'organizzazione più grande cui ritenevano di appartenere.

È corretto pensare che le persone che aderiscono a queste esperienze sono vulnerabili, come spesso viene affermato, o sono invece i voti di obbedienza, povertà e castità che inducono situazioni di abuso all’interno delle comunità religiose?

Sono corrette entrambe le affermazioni. La gente si avvicina ai movimenti religiosi per un proprio bisogno di spiritualità, o anche per una fragilità del momento che la porta a porsi problemi di tipo esistenziale. Ma anche per una perdita, per un lutto. Si affida (e si fida) a un gruppo o a un pastore, piena di domande. E viene incoraggiata a vivere una esperienza di fede. Se essa è guidata da una persona sana, anche l'esperienza di fede sarà utile ed arricchente. Quando invece dall'altra parte incontriamo chi si mette al centro della domanda e porta alla radicale adesione alle sue teorie, allora il discorso è diverso. Se il dubbio diventa fuorviante e fortemente scoraggiato allora c'è qualcuno che sta abusando psicologicamente e spiritualmente di noi. In questa esperienza abusante ci si uniforma gradualmente al gruppo, scivolando via via in dinamiche incontrollabili e nell'adesione incondizionata a principi quali quello dell'obbedienza, in primis, e di povertà e castità, perdendo completamente la capacità di autoderminazione. In sostanza, si viene privati di tutto, pensando che questo sia necessario a vivere una fede più autentica, quando nella realtà si diventa vittima di un sistema generato da uomini, con le loro regole e leggi.

Quali sono i segnali che aiutano una persona a riconoscere di essere vittima di abusi e di manipolazione mentale nell’ambito religioso?

Innanzitutto l'impossibilità di porre domande, di esprimere dei dubbi e di ricevere precise risposte. Nei gruppi a deriva settaria l'autonomia di pensiero è fortemente scoraggiata e si chiede all'adepto una adesione incondizionata al leader e alla sua ideologia. Un altro importante segnale è la possibilità o meno di uscire liberamente dal gruppo e di frequentare contestualmente altre realtà. I gruppi settari richiedono una assoluta fedeltà e inducono a una dicotomia di pensiero che vede tutto il buono all'interno e il marcio all'esterno. Nella maggior parte delle volte i gruppi isolano la persona dal suo mondo circostante, che viene fatto percepire come totalmente sbagliato, evitandole di confrontarsi e di mantenere attivo il senso critico.

Nell'abuso spirituale il leader dell'organizzazione religiosa utilizza i testi sacri o le credenze per controllare il comportamento dei membri del suo gruppo, per umiliare, punire e mettere in imbarazzo chi dubita, per chiedere sempre più denaro, per far sentire tutti sotto pressione o obbligati a far cose anche contro la loro volontà. Tutto questo ha gravi conseguenze sugli adulti e sui bambini.

Si possono inquadrare caratteristiche particolari sotto un profilo psicologico nelle persone che mettono in atto comportamenti abusanti nei confronti dei propri sottoposti?

Il profilo di chi perpetra abusi sui propri affiliati è generalmente quello del narcisista. La personalità del narcisista è caratterizzata dall'essere auto-centrato e dalla necessità di “nutrirsi” dell'energia e dell'appoggio dei propri affiliati per rafforzare il suo potere. Egli appare amabile e comprensivo, ma nella realtà sottopone a continue verifiche la fedeltà dei suoi adepti ed esplode facilmente dinnanzi alle critiche. I leader con queste caratteristiche sono capaci anche di sadismo. Giustificano sempre le loro deprecabili azioni nei confronti degli altri, come necessarie e utili a permettere loro il raggiungimento del bene supremo e a realizzare la migliore esperienza di fede.

Quali conseguenze produce un’esperienza di abuso psicologico di carattere religioso?

L'abuso psicologico porta la vittima in uno stato di confusione. Tutti i suoi valori precedenti e la sua visione del mondo sono stati sufficientemente alterati e trasformati da quelli indicata dalla missione del gruppo e del suo leader. Anche la sua capacità di auto-difendersi sarà ormai fuori uso. L'abuso psicologico è caratterizzato da continui induzioni di sensi di colpa e di vergogna e giustificato come mezzo per rendere migliori e per favorire la corretta esperienza trascendentale offerta dal gruppo. Le conseguenze possono portare a disturbi dell'umore, alla depressione, ma anche a condotte autolesive.

Ha riscontrato differenze di genere in chi mette in atto condotte abusanti? Si può parlare di atteggiamenti misogini e di retaggio patriarcale?

Nella mia esperienza ho potuto verificare la presenza predominante di leader uomini al comando di gruppi totalitari, ma anche una rappresentanza femminile. Mi riferisco ai diversi ordini monastici, a gruppi di frangia, ma anche a movimenti incentrati su ideologie differenti. È molto evidente in ciascuno un retaggio patriarcale, ma anche una visione fortemente gerarchica della organizzazione.

Molte vittime non hanno il coraggio di denunciare. Cosa si può consigliare alle persone che si sono rese conto di volersi allontanare da un’esperienza religiosa, ma non hanno la forza a causa dell’isolamento che viene attuato nei loro confronti da parte della comunità? E alle persone che si sono allontanate e ora vivono una situazione di sofferenza psicologica?

Il mio consiglio è quello di rivolgersi ad associazioni o professionisti che si occupano da tempo del fenomeno, per un sostegno adeguato all'elaborazione dell'esperienza della fuoriuscita. La letteratura scientifica parla di “sindrome da trauma post setta” evidenziando una serie di problematiche che la vittima può portarsi dietro anche a distanza di anni. Alcune sono: il pianto improvviso, senso di perdita, depressione e pensieri suicidi, timore di ricevere una condanna direttamente da Dio per aver abbandonato l'unico gruppo da lui riconosciuto. Ma c'è anche da affrontare il mondo esterno, ritenuto fonte di peccato, le persone precedentemente abbandonate, la complessa realtà che era stata semplificata e trasformata nei suoi significati dal culto.

Le persone fuoriuscite per decisione personale o perché allontanate devono riconsiderare anche la loro esperienza di fede slegata dalla superstizione indotta dal gruppo di appartenenza.

Si può fare una stima in termini numerici del fenomeno di abuso in ambito religioso?

Purtroppo in assenza di un osservatorio istituzionale è molto difficile fare una stima anche approssimativa del fenomeno dell'abuso spirituale. Si tratta di un fenomeno sommerso, anche perché difficilmente denunciato. L'associazione che rappresento raccoglie decine di segnalazioni alla settimana da parte di famigliari o amici di persone perdute in ambiti settari, ma i numeri di chi chiede aiuto per aver vissuto l'esperienza diretta è ancora ridotto. Non è semplice riconoscere l'abuso, specialmente dopo anni di condizionamento.

Sarebbe diverso se l’Italia reintroducesse nel Codice Penale il reato di manipolazione mentale (plagio)?

Sono certa che l'introduzione di una leggere sulla manipolazione mentale possa essere d'aiuto alla lotta contro questo fenomeno. Ma non basta. Negli anni passati il Consiglio d'Europa ha più volte chiesto agli Stati membri di adottare delle politiche preventive sull'argomento delle derive settarie e di dotarsi di un Osservatorio. In Italia nel 1981 è stato abrogato il reato di plagio, perché ritenuto incostituzionale, lasciando un vuoto enorme che ha impedito di affrontare il problema, che nel frattempo ha assunto forme sempre più importanti, distruggendo famiglie e vite.

Una legge, assieme a delle politiche preventive, capaci di sensibilizzare e formare, aiuterebbero ad acquisire maggiori consapevolezze e a creare anticorpi per meglio difendersi dai pifferai magici che ormai occupano tutti gli spazi della nostra vita, approfittando delle nostre debolezze.

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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