
La destra vince, la destra perde. La ruolette politica alla scommessa di Europa e America Latina
ROMA-ADISTA. Non si può dire che la destra politica arretri nel mondo, ma sembra marciare sul posto, perlomeno in Europa e malgrado il buon risultato ottenuto al rinnovo del Parlamento l’8 e 9 giugno. Non solo ha perso le elezioni in Inghilterra e in Francia, rispettivamente il 4 e il 7 luglio, ma si sta imbattendo, anche come conseguenza del flop elettorale, in un fenomeno tipico della sinistra: lo “spezzatino”, quella funesta divisione che è foriera di indebolimento. Da due che erano, i gruppi di destra al Parlamento europeo sono diventati tre: al gruppo già esistente dei Conservatori e dei Riformisti (ERC, quello di Giorgia Meloni), si sono aggiunti i “Patrioti” (terzo gruppo dell’Emiciclo, con 84 eurodeputati di 12 Paesi), su iniziativa del primo ministro ungherese Victor Orbán e con l’adesione, fra gli altri, di Matteo Salvini; e 48 ore dopo, e ancora più a destra, il gruppo “Europa delle nazioni sovrane” proposto dal partito di estrema destra ceco Spd e dal tedesco Alternative für Deutschland (AfD, che nel precedente Parlamento era con Matteo Salvini nell’ormai defunto “Identità e democrazia”). Vi si ritrovano in 25 membri di 8 partiti nazionali, e sarà la più piccola formazione tra gli 8 gruppi di questa decima legislatura.
In America Latina, la destra ha apparentemente segnato un passo avanti: se alle ultime elezioni presidenziali in due dei più grandi Paesi (Brasile e Cile) ha perso, è stato Javier Milei a riscattarne l’orgoglio guadagnando la presidenza del terzo più grande Paese, l’Argentina. Ottima occasione per gonfiare il petto celebrando, in due giornate (6 e 7 luglio), la Conferenza Politica di Azione Conservatrice (CPAC), principale piattaforma di incontro dell'estrema destra globale (v. Adista Notizie nn. 35 e 41/22), ostentando Milei come vessillo.
Animata da convegni ed eventi, la CPAC, che si è svolta a Balneario Camboriú in Brasile (dunque vi sono accorse decine di parlamentari dell’opposizione a Lula da Silva), è stata tuttavia la passerella dei trombati della destra latinoamericana, roboanti e in armi: il brasiliano, predecessore di Lula, Jair Messias Bolsonaro (peraltro organizzatore dell’evento), il cileno José Antonio Kast battuto dall’attuale presidente Gabriel Boric, il messicano Eduardo Verástegui (cattolico, attore presentatosi come politico di belle speranze; candidatosi per le presidenziali del 2 giugno scorso, non ha passato neanche il turno delle primarie disputate l’autunno scorso, v. Adista Notizie n. 22/2024).
Le 3.500 persone presenti (un pienone a 200 reais, ovvero, 36 dollari, a biglietto) hanno incoronato Bolsonaro – attualmente sotto inchiesta per tentato colpo di Stato dell’8 gennaio 2023 e per altri reati, fra cui epidemia colposa, uso illegale di fondi pubblici, falsificazione di documenti, promozione di false cure e crimini contro l’umanità – come unica opzione per i conservatori brasiliani al prossimo turno presidenziale. «Ho solo tre opzioni per il 2026: la prima è Jair, la seconda è Messias e la terza è Bolsonaro», ha detto nel suo intervento il deputato Nikolas Ferreira, astro nascente dell'estrema destra brasiliana». Gli ha fatto eco deputato Marcos Pollon, uno dei volti più visibili della lobby brasiliana delle armi (v. El País, 7/7): «Non esiste un diritto in Brasile, esiste Jair Messias Bolsonaro. Chi vuole camminare con noi deve riconoscere la sua leadership».
Racconta l’agenzia Efe (8/7) che Bolsonaro ha tenuto in discorso ampio, accennando rapidamente ma con soddisfazione alla scena internazionale, sottolineando la svolta a destra del Parlamento europeo, la presenza di Giorgia Meloni in Italia, i buoni sondaggi, smentiti dal risultato elettorale francese, per il partito di Marine Le Pen e, «a Dio piacendo, Trump a novembre» (e qui difficilmente le sue benauguranti attese non andranno deluse).
E poi le salve di applausi, il secondo giorno, per Milei, che, forte del suo successo, ha incoraggiato i presenti chiamando all’imitazione: la sua ideologia libertaria può essere applicabile in altri Paesi dell’America Latina che sono stati rovinati dal socialismo. «Voglio dirvi che nel mondo soffiano venti di cambiamento e che le persone sanno già che il socialismo è un sistema che impoverisce e per questo cominciano a rifiutarlo». «Li cacciamo via da qualunque posto siano», è la sua convinzione. In attesa dei venti di cambiamento – perché la destra politica non ha conquistato il cuore delle maggioranze dei popoli – lamenta il boicottaggio delle sue iniziative, con gli scioperi indetti per paralizzare il Paese, e l’invio di gruppi inviati a organizzare manifestazioni violente davanti al Congresso per sabotare «impedire i cambiamenti che la società richiede». «I meno ottimisti, che credono che la battaglia sia persa e che non si possa affrontare le strutture già predisposte, sappiano che il presidente è arrivato al potere senza quelle strutture grazie alla convinzione che la vita senza libertà non vale la pena di essere vissuta. Quindi abbiate fiducia in voi stessi e abbiate fede che se lo farete con convinzione ce la farete», ha concluso.
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