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Famiglia Cristiana: le frasi di Valditara sulla fine del patriarcato «sono una riproposizione di stereotipi e pregiudizi»

Famiglia Cristiana: le frasi di Valditara sulla fine del patriarcato «sono una riproposizione di stereotipi e pregiudizi»

ROMA-ADISTA. «Abbiamo reagito con sgomento e con una gran voglia di chiamarli tutti per farli divenire consapevoli dei danni che compiono nei confronti del nostro paese e delle donne e degli uomini di questo paese», commenta Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna sul sito di Famiglia Cristiana. Le frasi di Valditara («La visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato….Il patriarcato è morto 200 anni fa ma certamente il patriarcato, come fenomeno giuridico, è finito con la riforma del diritto di famiglia nel 1975»), spiega Ercoli, «sono una riproposizione di stereotipi e pregiudizi patriarcali che con tanta fatica stiamo cercando di superare e questo sforzo di superamento è indispensabile perché, senza superarli, non si scalfisce la violenza maschile contro le donne che viene passata in maniera del tutto indisturbata da generazione a generazione senza neanche accorgercene. Lo stereotipo è che la violenza contro le donne non riguardi le nostre vite ma solo quella di uomini malati disagiati e quindi stranieri cioè distanti dalla nostra cultura. La realtà e lo studio scientifico del fenomeno ci dice che la violenza è un nostro problema sta nelle nostre famiglie, è agita da uomini normali con un lavoro anche ad alto livello culturale sociale economico».

Alberto Pellai, intervenendo sempre sul sito di Famiglia Cristiana, ribadisce che «negare il patriarcato e parlare di “migrazioni” non ha senso, perché ciò che serve su questo tema è parlare di cultura. E il patriarcato appartiene alla cultura. Forse oggi, appartiene meno alla nostra e più ad altre di diversa provenienza etnica». E ancora: «Per alcune culture, il patriarcato è una questione viva che porta gli uomini a riconoscersi in quel modello per aderire ad un ruolo di genere che non hanno saputo trasformare e far evolvere». E ha concluso: «comprendere che le relazioni uomo e donna non sono luoghi di controllo e potere, di violenza e manipolazione è la trasformazione più evolutiva che ci è stato possibile compiere e che ci ha permesso di imparare a interrogarci sulle questioni di genere, cosa mai accaduta agli uomini delle generazioni che ci hanno preceduto».

Sul numero di Famiglia Cristiana in edicola da oggi un intero servizio è dedicato alla Giornata contro la violenza alle donne (25 Novembre). A partire da un dato allarmante: è proprio nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni che si trova la percentuale più alta di coloro che accettano ancora «il controllo dell'uomo sulla comunicazione (cellulare e social) della propria moglie/compagna» (sono il 16,1%, dati Istat 2023). «L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa a non avere l’obbligo della prevenzione tra i banchi. Mentre l’educazione al genere deve diventare materia curricolare», afferma Alessia D’Innocenzo, responsabile del settore Prevenzione, attività con giovani e nelle scuole di Differenza Donna. E Greta Gasbarri, attrice diciottenne interprete di un amore tossico in Mia, film del 2023 di Ivano De Matteo in cui interpreta un’adolescente risucchiata in una relazione violenta, dice dei suoi coetanei: «siamo una generazione fragile e distaccata in amore. C’è la paura di affezionarci e abbiamo reso romantico l’aspetto tossico dei rapporti, dell’uomo che controlla come ci vestiamo e chi frequentiamo, scambiando tutto ciò per una forma di attenzione. Ma è una privazione della libertà».

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