Il cammino dell'Europa nella nuova era trumpiana: nuovo numero di "IRIAD Review"
Pubblicato e disponibile online sul sito dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo il numero di novembre di IRIAD Review, rivista mensile di studi sulla pace e sui conflitti. Il tema portante di questa nuova pubblicazione è “Armi come vaccini?” e tocca temi come: l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, il rapporto tra spesa militare e bisogni delle comunità, il Rapporto Draghi, la distanza tra governi e opinioni pubbliche sulle armi nucleari, l’intelligenza artificiale, la transizione ecologica in Congo, l’impatto ambientale dei miliardari, le guerre e i bambini, il conflitto a Gaza.
Nel consueto “Focus”, il direttore editoriale Maurizio Simoncelli affronta le ripercussioni dell’elezione di Trump sulle grandi scelte dell’Unione Europea. «La recente vittoria elettorale alle presidenziali statunitensi da parte di Trump sta già facendo sorgere numerose preoccupazioni ancor prima di insediarsi alla Casa Bianca agli inizi del 2025». In particolare, gli annunci sulla composizione della squadra di governo – «composta da superfalchi e da miliardari (in primis Elon Musk, ma anche Vivek Ramaswamy)» – «fa presagire scenari internazionali oscuri»: si annunciano grandi problemi per la condizione dei palestinesi in caso gli Usa dovessero guidare gli accordi di pace, posizioni «molto dure» commerciali e geopolitiche nei confronti di Cina e Iran, tempi bui per i migranti, grandi affari per le lobby delle armi, rallentamenti sul fronte della transizione ecologica, isolamento sovranista anche nei confronti degli alleati storici.
Che ruolo giocherà l’Unione Europea – già lacerata dall’avanzata delle destre, dalla crisi economica e dalla guerra russo-ucraina – nel nuovo scenario geopolitico trumpiano? «Il quadro che si sta delineando per l’UE – dice Simoncelli – è gravido di scelte che andranno fatte, a partire della necessità di superare l’attuale impasse di una comunità che non riesce a crescere politicamente in modo unitario, frammentata nei divergenti nazionalismi dei suoi membri».
Uno dei nodi affrontati da Simoncelli e dalla rivista è quello della spesa militare, che si vorrebbe in continuo aumento: «L’aumento delle spese militari, come richiesto anche recentemente dal Rapporto Draghi (...) non risolverà la questione della difesa europea. Essa può discendere unicamente da un reale governo europeo, con una sua politica estera e di difesa unitaria, che non veda azioni unilaterali e non condivise dei singoli governi nazionali».
Secondo i dati SIPRI, nel 2023 i Paesi europei della NATO hanno già speso più della Cina (376 mld di dollari contro 296 mld di dollari) e più del triplo della Russia (109), «ma male, in forma scoordinata e con chiari sprechi di scala. Le forze armate europee esisteranno se esisterà un governo europeo, altrimenti l’incremento delle spese militari servirà solo a pesare sui bilanci di Paesi con ruoli puramente ancillari della politica estera e di difesa degli Stati Uniti». Per l’Europa, insomma, occorre abbandonare l’ambizione di diventare una grande potenza deterrente (magari anche nucleare) sullo scenario internazionale; occorre invece recuperare «le motivazioni e l’ispirazione originaria del Manifesto di Ventotene», e progettare «un futuro diverso da quello di una permanente corsa agli armamenti, che già tanti lutti ha portato nel secolo scorso e in questo. È ora di scegliere».
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