
La legge sull'autonomia, censurata, è ancora in vigore: avviare subito il referendum
La legge 86/2024 sull’autonomia differenziata, «malgrado le censure della Consulta, è tuttora in vigore». Resta solo il referendum «in grado di eliminare questa pessima e pericolosa legge». L’ordinanza della Cassazione ha espresso «un giudizio definitivo sulla validità costituzionale delle firme raccolte anche on line attraverso il sito pubblico». «Il governo avrebbe potuto ammettere dopo la sentenza della Consulta che occorre riscrivere in Parlamento un nuovo testo della legge, ma non l’ha fatto, in contrasto con la sottolineatura che c’è nella sentenza del ruolo primario dell’assemblea legislativa. Il governo deve ora interrompere ogni forma di attuazione della legge in attesa del voto popolare, che riteniamo debba essere ritenuto ammissibile dalla Corte costituzionale. Occorre decidere immediatamente di avviare la preparazione della campagna per il referendum abrogativo».
Il virgolettato è tratto dalla dichiarazione della Presidenza del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, resa nota in data di oggi e che pubblichiamo qua di seguito.
Il Coordinamento per la democrazia costituzionale sottolinea che l’ordinanza 12 dicembre 2024 della Corte di Cassazione ha rafforzato le ragioni che rendono possibile il referendum abrogativo della legge Calderoli 86/2024 sull’autonomia regionale differenziata.
Già la sentenza 192/2024 della Corte Costituzionale è intervenuta pesantemente sulla legge voluta da Calderoli e dalla Lega riscrivendone alcune parti, indicando per altre l’interpretazione costituzionalmente conforme e quindi dettando i binari a cui dovranno attenersi le modifiche, che dovranno essere sostanziali. Tuttavia, pur di salvare i lavori della commissione Cassese, il governo ha inserito una norma nel decreto “mille proroghe” di fine anno che ne conferma la validità.
Il ministro Calderoli in spregio alla sentenza della Consulta insiste con trattative ambigue con le Regioni, discutendo della devoluzione di poteri che non hanno attinenza alla singola regione.
È necessario sgombrare il campo da norme sbagliate e controproducenti. La maggioranza non è in grado di proporre l’abrogazione della legge 86/2024 per il rischio di crisi e perché è costitutiva del patto scellerato che regge il governo.
Quindi resta solo il referendum in grado di eliminare questa pessima e pericolosa legge, sulla quale è stato giusto raccogliere le firme per un voto popolare ai sensi dell’art. 75 della Costituzione.
L’ordinanza della Cassazione esprime un giudizio definitivo sulla validità costituzionale delle firme raccolte anche on line attraverso il sito pubblico. Inoltre, con le motivazioni addotte pone una premessa favorevole per il prossimo pronunciamento sull’ammissibilità, in quanto riconosce che la legge 86/2024 malgrado le censure della Consulta è tuttora in vigore.
Il governo avrebbe potuto ammettere dopo la sentenza della Consulta che occorre riscrivere in Parlamento un nuovo testo della legge, ma non l’ha fatto, in contrasto con la sottolineatura che c’è nella sentenza del ruolo primario dell’assemblea legislativa. Il governo deve ora interrompere ogni forma di attuazione della legge in attesa del voto popolare, che riteniamo debba essere ritenuto ammissibile dalla Corte costituzionale.
Occorre decidere immediatamente di avviare la preparazione della campagna per il referendum abrogativo nella consapevolezza che raggiungere il quorum è un compito non facile ma possibile, a condizione che si sviluppi da subito una informazione forte, diffusa, capillare, nella quale le organizzazioni sociali, le singole persone debbono far valere la priorità dell’abrogazione come una questione che punta a salvare l’unità nazionale e i diritti costituzionalmente garantiti, e ad escludere una competizione a tutto campo tra le Regioni che metta in secondo piano la solidarietà e il futuro dell’Italia. Bisogna avviare subito - senza attendere oltre - la campagna referendaria e raggiungere tutte le elettrici e tutti gli elettori, chiedendo un impegno straordinario nella campagna elettorale ai 1.291.488 firmatari del quesito abrogativo della legge 86/24.
Il referendum abrogativo non è una elezione e quindi il voto deve potersi esprimere liberamente, senza vincoli o appartenenze politiche. Anzi il referendum può contribuire a riavvicinare elettrici ed elettori al voto. Riportarli alla partecipazione è un compito democratico fondamentale a cui i referendum possono contribuire come è già avvenuto nel 2011 e nel 2016. Noi c’eravamo.
Sarebbe una scelta grave se la maggioranza scegliesse il non voto come suggerito da chi è preso da evidenti timori. Una scelta per il non voto si configurerebbe come un atto apertamente contrario alla Costituzione per cui il voto è un “dovere civico”. E sarebbe una contraddizione palese per la destra al governo da un lato proporre riforme stravolgenti come il premierato con lo slogan di far contare il voto dei cittadini, e poi sollecitarli a rinunciare a quel voto per altre riforme.
È una grande occasione per discutere, confrontarsi, far pesare il voto. Chi si sottrarrà ne risponderà all’Italia.
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