
Cei: Gratitudine a Mattarella per le parole sulla drammatica situazione delle carceri
ROMA-ADISTA. La presidenza della Conferenza episcopale italiana esprime «profonda gratitudine» al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per le
parole che ha rivolto al Paese nel Messaggio di fine anno.
«Lo ringraziamo in particolare - prosegue la nota della Cei - per aver ricordato le tante povertà che segnano il nostro tempo e le nostre comunità. Tra queste, la drammatica situazione delle carceri che impone un ripensamento radicale del sistema penitenziario. “Abbiamo il dovere – ha sottolineato il presidente – di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere. Il sovraffollamento vi contrasta e rende inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario. I detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine”.
Attualmente, i 189 Istituti italiani ospitano 61.246 persone su una capienza di 51.230 posti. L’indice di sovraffollamento, pari a 130,44%, e i suicidi, sempre più numerosi, chiedono ascolto: la disperazione non può avere come risposta l’indifferenza. Serve uno sforzo collettivo per assicurare condizioni dignitose a quanti vengono privati della libertà e per offrire percorsi adeguati perché la detenzione sia un’occasione di rieducazione e redenzione. Per garantire sicurezza, c’è bisogno di giustizia, non di giustizialismo. Esistono misure alternative che, oltre a prevenire la reiterazione di un reato, salvaguardano l’umanità e favoriscono il reinserimento nella società: se ben proporzionate e gestite con saggezza, sono in grado di produrre un cambiamento e di guardare al futuro.
Non si tratta di scorciatoie o concessioni buoniste, ma di un vero dovere costituzionale e, per i cristiani, di un atto di amore. Occorrono però strumenti e finanziamenti mirati ed efficaci, lavoro, collaborazione degli enti locali e dell’amministrazione penitenziaria. Esperienze bellissime, diffuse sul territorio, dimostrano che un’altra realtà esiste, che il traguardo della “recidiva zero” è possibile. È una sfida da affrontare insieme: Istituzioni, società civile, comunità ecclesiale, con il supporto del mondo del volontariato, fondamentale anche nel fare cultura fuori da pregiudizi e distorsioni.
A pochi giorni dall’apertura del Giubileo e della Porta Santa nel carcere di Rebibbia, a Roma, ripetiamo l’appello che papa Francesco ha lanciato nella bolla di indizione Spes non confundit: “Propongo ai Governi che nell’Anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi”. È necessario mettersi in ascolto e dare dignità al grido degli ultimi: come Chiesa in Italia continuiamo a camminare con i fratelli che hanno sbagliato, con amore, perché questo ci fa riconoscere nell’altro la persona che è sempre degna della nostra compassione».
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