Manovra di bilancio: i poveri dovranno ancora attendere
In un comunicato del 3 gennaio, l’Alleanza Contro la Povertà – rete di 35 organizzazioni tra le quali Acli, Arci, Action Aid, Anci, Azione Cattolica, Cgil, Cisl, Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Jesuit Social Network, Save the Children, Umanità Nuova-Movimento dei Focolari, Croce Rossa Italiana, Focsiv, Unitalsi e Comunità Giovanni XXIII – prende una netta posizione sulla terza manovra di bilancio varata dal governo di Giorgia Meloni, passata definitivamente in Senato con voto di fiducia (112 sì, 67 no, un astenuto) il 28 dicembre, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre (Legge n. 207) e in vigore dal primo giorno dell’anno nuovo.
Secondo l’Alleanza, la manovra «non affronta il tema della povertà con la determinazione necessaria e attesa». A fine novembre, dopo l’audizione presso le commissioni Bilancio di Camera e Senato, il più importante organismo italiano di rappresentanza delle famiglie e delle persone che vivono in condizione di povertà aveva trasmesso a tutti i capigruppo di maggioranza e opposizione 6 emendamenti alla manovra, con l’obiettivo di contribuire a migliorare gli strumenti di contrasto alla povertà, aumentandone i beneficiari e rendendoli più coerenti con gli obiettivi di riduzione della povertà assoluta nel Paese.
L’Alleanza chiedeva di intervenire su: 1. “Indicizzazione piena dell’ADI [Assegno di Inclusione, ndr] per proteggerne il valore nel tempo rispetto alla crescita dei prezzi, in un contesto internazionale che presenta non pochi rischi di shock inflazionistici”; 2. “Modifica della scala di equivalenza, che valorizzi tutti i maggiorenni, così da agevolare il sostegno in particolare alle famiglie con figli”; 3. “Innalzamento della soglia di accesso alla prestazione per le famiglie in affitto (è una delle richieste che trovano soddisfazione nella legge di bilancio approvata)”; 4. “Ulteriore riduzione dei limiti di residenza in favore delle famiglie straniere”; 5. “Possibilità di cumulare almeno parzialmente il beneficio almeno in parte con il reddito da lavoro (o l’estensione della franchigia di 3.000 euro oggi prevista per i nuovi lavori anche ai lavori in essere)”; infine 6. “Dotazione ai servizi sociali dei comuni delle giuste risorse per sostenere i percorsi d’inclusione dei beneficiari, nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni”.
Di questi sei emendamenti e stato recepito solo quello relativo all’«innalzamento della soglia reddituale per l’accesso all’ADI e la soglia differenziata per chi sopporta le spese di locazione. Si agisce, come proposto da Acp, su Isee e reddito, innalzando la soglia di accesso, ma senza definire la portata del provvedimento. Ovvero non è chiaro di quanto la platea degli aventi diritto si allargherà».
Di base, contesta la rete di associazioni, «anche dopo l’approvazione di questa legge di bilancio mancano un piano complessivo di misure strutturali di breve e di lungo termine, un ritorno all’universalismo selettivo e i dati che possono consentire una valutazione effettiva della ricadute delle misure di contrasto alla povertà assoluta». In particolare l’ADI, lungi dal trasformarsi in misura universalistica di sostegno al reddito per tutte le persone in condizione di povertà, come peraltro auspicato dalla società civile, resta una «riservata alle sole famiglie che includano minori, persone con disabilità, anziani».
Oltre la misura in sé, l’Alleanza contesta la scarsa trasparenza sui sui dati relativi alla platea raggiunta dall’ADI, fondamentali a «conoscere in tempo reale l’impatto delle nuove misure su chi vive in povertà nel nostro Paese. Il monitoraggio delle misure è però fermo a oltre sei mesi fa: questo non permette di osservare la situazione che desta allarme e sulla quale si potrebbe intervenire alla luce di costanti aggiornati. AcP torna quindi a chiedere trasparenza e puntualità nella pubblicazione dei questi dati».
In ultima battuta, l’Alleanza conto la Povertà contesta la mancata convocazione dell’Osservatorio sulle povertà, istituito con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il 19 luglio 2024 sei mesi fa. L’Osservatorio, che dura tre anni e coinvolge istituzioni e parti sociali, avrebbe dovuto coordinare e monitorare le diverse misure di contrasto all’esclusione, come l’Assegno di Inclusione. «A oggi – si legge nella nota – si registra una sua sostanziale inoperosità. Anche alla luce della legge di bilancio appena approvata, si sollecita una sua tempestiva convocazione al fine di mettere sul tavolo le questioni e le sfide su cui da subito occorre impegnarsi per fermare quella che è divenuta nel nostro Paese una vera emergenza e la cui crescita è stata recentemente certificata dall’Istat».
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