
Il rilancio può attendere
Tratto da: Adista Documenti n° 2 del 18/01/2025
Qui l'introduzione a questo testo.
Politica economica e riduzione delle tasse
Le minori entrate fiscali strutturali legate alla Legge di Bilancio per il 2025, diversamente da quelle una tantum del 2024, ammontano a quasi 18 miliardi di euro, poco meno di un punto di Pil, e hanno un impatto dirompente sulle scelte di politica economica pubblica: se il 70% della manovra è fatta da tagli delle tasse, quello che rimane da spendere sono solo le briciole da destinare ai cosiddetti beni di merito: sanità, scuola, previdenza. Inoltre, le necessarie coperture finanziarie per sostenere le minori entrate si traducono in tagli lineari ai Ministeri e agli Enti Locali che, nei fatti, sono le istituzioni che pagano il conto più salato. (…).
Vale la pena di ridurre le entrate fiscali per quasi 18 miliardi di euro se questo comporta il taglio di un bel pezzo di spesa pubblica? (…).
La Legge di Bilancio proposta dal Governo Meloni per il 2025-2027 è un guscio vuoto, un documento contabile poco trasparente. Non contiene nessuna politica economica di rilancio del Paese, di lotta alle diseguaglianze, di vero sostegno ai redditi, di disegno di politica industriale. Non risponde ai veri bisogni del Paese, non traccia la strada di uno sviluppo sostenibile e della necessaria transizione verso un modello economico fondato sui diritti, la pace, la qualità dello sviluppo, l’ambiente.
Quello che invece prova a fare la campagna Sbilanciamoci! con la sua Controfinanziaria 2025.
Le proposte di Sbilanciamoci!
Imposta sulle grandi ricchezze: in Italia ci sono più di 1 milione e 400mila persone che detengono patrimoni finanziari e immobiliari milionari. Sbilanciamoci! propone – con esenzione sui patrimoni inferiori a 1 milione di euro – una tassazione progressiva dallo 0,5% per chi ha più di 1 milione di euro di patrimonio al 2% per chi ha patrimoni superiori ai 500 milioni di euro. Questa misura potrebbe far entrare 24 miliardi di euro nelle casse dello Stato. (…).
Tassazione delle rendite finanziarie: attualmente la tassa flat sulle rendite finanziarie (imposta sui redditi da capitali e plusvalenze) è del 26% e origina un gettito di 3,2 miliardi l’anno.
Sbilanciamoci! propone di assoggettare questi redditi alla dichiarazione Irpef, ma in via transitoria proponiamo di portare la tassazione flat dal 26 al 30%, con un aumento di gettito di 500 milioni di euro.
Revisione dell’imposta di successione: come è noto, l’imposta di successione in Italia ha franchigie altissime (1 milione di franchigia per ciascun erede in linea diretta – coniuge e figli) e aliquote bassissime pari al 4% (eredi in linea diretta), al 6% (eredi di secondo grado) e all’8% (altri sopra la franchigia). Sbilanciamoci! propone di portare la franchigia a 1 milione di euro, indipendentemente dal numero di eredi in linea diretta, e di raddoppiare le attuali aliquote: dal 4 all’8%, dal 6 al 12% e dall’8 al 16%. In questo modo si passerebbe dall’attuale gettito di 831 milioni di euro a 2,8 miliardi di euro. La stragrande maggioranza delle successioni piccole e medie sarebbe così esente, ma non le successioni delle grandi ricchezze.
Progressività dell’Irpef sulle classi alte di reddito: attualmente in Italia sopra i 70mila euro di reddito si applica un’aliquota Irpef del 43%. Sbilanciamoci! propone l’introduzione di tre nuovi scaglioni – con aliquote più alte – per i redditi che superano di almeno 5 volte il reddito medio dichiarato in sede Irpef: del 45% tra i 100 e i 200mila euro, del 50% tra i 200 e i 300mila euro e del 55% sopra i 300mila. In questo modo si originerebbe un maggiore gettito pari a 2,8 miliardi di euro.
Tassazione dei diritti televisivi legati allo sport spettacolo: per trasmettere le partite di calcio di serie A, Sky e Dazn pagano per i diritti televisivi ben 900 milioni di euro l’anno. Si tratta di un enorme business che produce ingenti profitti, alimentando dinamiche sbagliate di mercato, drogando lo sport professionistico e portandolo a una folle intensificazione e diversificazione degli eventi. In Francia è stata avviata in passato l’esperienza della tassazione del 5% dei diritti legati allo sport spettacolo, per finanziare lo sport dilettantistico di base. Sbilanciamoci! propone di fare lo stesso anche in Italia.
Tassazione della pubblicità: il mercato pubblicitario ha raggiunto nell’ultimo anno la cifra record di 10,2 miliardi di euro, in forte crescita rispetto all’anno precedente. La pubblicità ha un effetto distorsivo sul mercato, a favore dei grandi gruppi che possono investire nel settore. Dal punto di vista sociale, si producono effetti negativi e nocivi sugli stili di vita, alimentando abitudini alimentari sbagliate, sviluppando tendenze all’iperconsumismo, e via dicendo, senza peraltro avere un impatto rilevante sull’occupazione. Per questo, Sbilanciamoci! propone una tassazione aggiuntiva dell’1% sul fatturato.
Tassazione delle imbarcazioni da diporto di lusso: Sbilanciamoci! propone di aumentare la tassazione per le imbarcazioni da diporto con scafi oltre i 14 metri (a vela e a motore) che, secondo il Dipartimento Nautico del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in Italia sono 23.018. Si chiede l’aumento della tassazione delle imbarcazioni in oggetto – che, con un valore d’acquisto di 20 volte superiore, pagano molte meno tasse in proporzione rispetto alla proprietà di un’autovettura – dai 100 ai 2.000 euro in più in modo modulare: dai 100 euro in più per le imbarcazioni dai 14 ai 17 metri ai 2.000 euro per le imbarcazioni oltre i 64 metri di scafo.
Tassa sulle speculazioni finanziarie: il Governo Monti ha introdotto nel 2012 una misura denominata “Tassa sulle transazioni finanziarie” (Ttf), che appare però lontanissima dalla proposta avanzata dalle reti europee e discussa tra 10 Paesi dell’Unione Europea sotto la procedura di cooperazione rafforzata. (…). In termini di gettito, nella versione attuale la misura genera circa 500 milioni di euro l’anno. A giugno 2016 la Commissione Europea ha stimato che una Ttf che rispecchi l’avanzamento dei negoziati potrebbe generare per l’Italia un gettito di 4,2 miliardi di euro. (…).
Recupero delle aree dissestate da opere abusive: si propone l’implementazione di trasferimenti statali per un valore di 2 miliardi di euro con destinazione vincolata all’abbattimento degli abusi e recupero delle aree deturpate dagli abusi medesimi. In proposito, occorre sottolineare che la lotta agli abusi consente agli Enti locali di aumentare il gettito fiscale derivante dalle sanzioni e dagli interessi per le azioni in danno. Tali entrate attese possono, a loro volta, essere destinate a ulteriori investimenti per il recupero e il risanamento delle aree deturpate.
Reddito
Il Rapporto annuale 2024 dell’Istat ci consegna una fotografia preoccupante per l’Italia. Gli indicatori di povertà sono ai massimi negli ultimi 10 anni: un totale di 5,7 milioni di persone si trovano sotto la soglia di povertà assoluta. Di questi, 1,3 milioni sono minori. Negli ultimi dieci anni, l’incidenza della povertà assoluta è salita fino al 9,8%, un record assoluto per il nostro Paese. Le persone hanno visto crollare il loro potere d’acquisto, che è sceso del 2%, mentre nell’Unione europea è salito del 2,5%.
Questo è legato da un lato all’inflazione, che ha contribuito a far aumentare la spesa media delle famiglie del 3,9%, cioè di oltre 1.200 euro l’anno, e dall’altro al costante aumento della precarietà: rispetto all’anno precedente, nel 2023 sono diminuiti di 33mila i contratti a tempo indeterminato, mentre tra contratti a tempo determinato e autonomi, cioè precari, si segnala un aumento di 47mila unità. I lavoratori poveri sono oggi il 7,6% del totale. Questo è il quadro in cui il Governo Meloni ha deciso, oramai un anno fa, di abolire il Reddito di Cittadinanza (RdC) in favore del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL, per gli “occupabili”) e dell’Assegno di Inclusione (AdI, per coloro considerati non “occupabili”). Il Reddito di Cittadinanza era stato concepito per sostenere una platea ampia di persone. In particolare, si rivolgeva a famiglie con un reddito inferiore a una certa soglia (definita in base all’Isee), includendo non solo i disoccupati, ma anche le famiglie numerose, gli anziani con pensioni minime e le persone con disabilità. Nel 2022, ad esempio, con uno stanziamento complessivo di circa 8 miliardi il Reddito di Cittadinanza ha raggiunto circa 1,6 milioni di famiglie, per un totale di circa 3,5 milioni di individui, molti dei quali residenti nelle aree del Sud Italia dove il tasso di povertà è più alto. La misura prevedeva anche dei programmi di inserimento lavorativo e formazione, vincolanti rispetto al godimento del beneficio, e offriva maggiore stabilità economica rispetto a politiche che puntano solo sull’occupazione.
Le riforme introdotte nel 2024 hanno cambiato radicalmente l’approccio, riducendo sia la platea dei beneficiari sia le risorse stanziate. (…).
Per quanto riguarda le risorse stanziate, l’Assegno di Inclusione e il Supporto per la Formazione e il Lavoro comportano una spesa ridotta rispetto al Reddito di Cittadinanza, con una previsione di spesa complessiva di circa 5 miliardi di euro l’anno.
Questa scelta è stata unicamente guidata dalla volontà di tagliare sul capitolo delle politiche sociali: a fronte di un risparmio di circa 3 miliardi, l’abolizione del Reddito di Cittadinanza e la conseguente introduzione di AdI e il SFL ha ridotto del 44% le famiglie beneficiarie italiane e del 66% quelle straniere (Rapporto Commissione europea). La sbandierata lotta ai “divanisti” si è concretizzata nella rigida divisione tra occupabili e non, basata unicamente su criteri formali, non attinenti a una valutazione reale della situazione degli individui e delle famiglie. Il contrasto al lavoro povero non è presente nell’agenda del Governo, e il contrasto all’inflazione si è effettuato solo attraverso il ricorso a misure spot, di importo molto ridotto, come la card “Dedicata a te” finanziata con soli 500 milioni di euro. (…).
Un’altra economia per il Paese
Austerità per i servizi essenziali e investimenti che chiameremmo “reaganiani”: armi, industria fossile e grandi monopoli privati. (…). Se aggiungiamo, a questo distopico quadro, la previsione di crescita ridotta determinata dall’esaurirsi dell’effetto speciale del Pnrr sui conti pubblici e dalle molteplici crisi industriali di un Paese che non riesce a ricollocarsi nell’attuale fase sociale, ambientale e geopolitica, si capisce l’urgenza di spingere per un’innovazione di modello complessiva per il Paese, più lungimirante, inclusiva e sostenibile.
Soprattutto a livello locale, l’innovazione e la vitalità organizzativa e costituente delle forze sociali sono ancora vibranti. Pensiamo alle molte iniziative legate alle proposte di rilevazione cooperativa di imprese, di politiche urbane per la mobilità e per il cibo, ma anche alla transizione energetica diffusa promossa dalle comunità energetiche o alla ricucitura delle periferie realizzata attraverso l’integrazione tra pubblico e attivazione civica, anche informale, promossa dai poli civici: tutte iniziative dal basso che stanno realizzando un’innovazione anche istituzionale e normativa del Paese.
Stupisce al contrario l’ostinata negazione della necessità di mettere in sicurezza il territorio dai cambiamenti climatici, non soltanto con infrastrutture, ma con una profonda riprogrammazione urbanistica basata sull’osservazione della natura e l’adattamento alle sue trasformazioni. E, in questa logica, appare fuori da ogni razionalità l’attribuzione di ben 9 milioni di euro per la sperimentazione in campo aperto e la brevettazione, dunque la privatizzazione, di risorse genetiche vegetali attraverso le nuove tecniche Ogm. (…).
A maggior ragione, dunque, appare anacronistica la dispersione di ben 88 milioni per le infrastrutture necessarie ai grandi eventi del Giubileo della Chiesa cattolica, in larga misura finalizzati alla generazione di profitto privato di grandi gruppi e piattaforme alberghiere e correlate, in una città come la Capitale già sotto pressione per un turismo speculativo e poco rispettoso delle specificità di una grande città storica e dei suoi abitanti. (…).
Altro, oggettivo, indicatore di retromarcia rispetto a un cambio quantomai necessario di paradigma di spesa è il taglio ulteriore di oltre l’11% delle risorse in capo alla missione “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente”.
A essere tagliate sono l’Attività internazionale e comunitaria per la transizione ecologica, con -0,2 miliardi nel 2025 al Fondo rotativo italiano per il clima e sempre per 0,2 miliardi alla Tutela e gestione delle risorse idriche e del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico, cioè alle spese per il finanziamento di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Una scelta gravissima fortemente determinata da un negazionismo climatico cieco anche alle ultime tragiche, ma evitabili, catastrofi che hanno colpito territori tra i più vitali del Paese, indebolendone anche il tessuto produttivo in modo difficilmente recuperabile con le politiche di finanziamento appena illustrate.
AMBIENTE E SVILUPPO SOSTENIBILE
Scelte energetico-climatiche
La Campagna Sbilanciamoci! chiede che il Governo mantenga saldi gli obiettivi e l’ambizione per una giusta transizione energetica promossa dal Green Deal europeo, al fine di contrastare l’aggravarsi della crisi climatica, che ha dimostrato i suoi effetti drammatici anche nelle regioni mediterranee, e per rendere l’Italia indipendente dalle fonti fossili, innovando al contempo la catena di valore del sistema produttivo. Impegnarsi in questa direzione contribuisce anche a prevenire conflitti e a dare speranza ai giovani e alle generazioni future, nel rispetto dell’articolo 9 della Costituzione.
Rispetto agli obiettivi europei di “Net zero” entro il 2050 e al pacchetto “Fit for 55”, manca ancora una strategia per raggiungerli, sia nei provvedimenti governativi dell’ultimo anno sia nel Disegno di Legge di Bilancio 2025-2027. Al contrario, vengono fatti passi indietro attraverso la rimodulazione dei bonus edilizi, allontanandosi ancor di più dagli sforzi necessari per raggiungere gli obiettivi della direttiva europea “Case green”, con un ridimensionamento consistente dei bonus preesistenti e il mancato divieto delle caldaie autonome a combustibili fossili.
Non vi è poi un chiaro processo per l’eliminazione graduale dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (Sad), pur contenendo, l’articolo 7, due elementi positivi in tal senso. La manovra, però, non contribuisce ad accelerare il processo di decarbonizzazione, percorso che andrebbe intrapreso nel rispetto degli impegni internazionali (Cop28 di Dubai), anche attraverso l’istituzione di un Fondo per l’eliminazione dei combustibili fossili.
Permangono poi scelte con un forte orientamento verso il gas naturale, un combustibile fossile ad alto impatto climatico, e un’immotivata fiducia nelle tecniche di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (Ccs), dimostratesi inefficaci, energivore e molto costose. Infine, si continua a considerare il ritorno al nucleare, nonostante questo sia insostenibile sul piano energetico, ambientale, economico e sociale e si tratti di una fonte energetica bocciata dalle cittadine e dai cittadini italiani attraverso due referendum popolari.
Tutela della biodiversità
A seguito dell’importante approvazione a giugno 2024 da parte di Parlamento e Consiglio europeo del Regolamento (Ue) 2024/1991 sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), che modifica il Regolamento (Ue) 2022/869, è stato stabilito che almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Unione europea dovranno essere ripristinate entro il 2030 e che occorrerà recuperare il 30% degli habitat terrestri e marini considerati in un cattivo stato di conservazione entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050. Entro l’estate del 2026, l’Italia dovrà dotarsi di un Piano di ripristino nazionale che mappi le necessità di conservazione del proprio territorio e identifichi le misure per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030, il 2040 e il 2050.
Ristabilire il naturale equilibrio ecologico di foreste, fiumi, zone umide, praterie, mari e oceani contribuirà ad aumentare la biodiversità e salvaguardare i servizi ecosistemici che sono di fondamentale importanza per la salute del genere umano e la prosperità. Infatti, le attività di conservazione e recupero della biodiversità comportano importanti benefici economici: in Italia, secondo la Commissione europea, le attività di ripristino e tutela della biodiversità porterebbero a benefici economici complessivi per quasi 70 miliardi entro il 2050, grazie alla capacità delle aree naturali di offrire servizi ecosistemici fondamentali, come lo stoccaggio e il sequestro del carbonio, la regolazione della qualità dell’acqua e il controllo dell’erosione, l’impollinazione, la produzione di materie prime rinnovabili e la gestione dei rischi.
A questo importante programma di ripristino e recupero degli ecosistemi si affiancano anche le misure derivanti dalla Strategia Europea per la Biodiversità, che si pone l’obiettivo di proteggere, entro il 2030, almeno il 30% delle aree terrestri e marine. Obiettivo per il quale l’Italia, dopo aver adottato la propria Strategia Nazionale per la Biodiversità, deve adesso predisporre il relativo Piano attuativo.
Quello della tutela della biodiversità e degli ecosistemi è un percorso che meriterebbe maggiore attenzione, non solo da parte del Ministero dell’Ambiente, ma di tutto il Governo, che necessita di risorse certe, posto che, come ricorda il Comitato per il Capitale Naturale, il sistema delle aree protette nazionali e regionali, insieme alla Rete Natura 2000, oggi interessa più del 20% della superficie terrestre nazionale e dell’11% della superficie marina di giurisdizione italiana.
I traguardi al 2030 sono dunque raggiungibili solo se vi sarà una seria volontà politico-istituzionale di perseguirli e se, con la consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla crisi ecologica che si sta vivendo, si vorranno cogliere i benefici derivanti da ecosistemi sani che sono di fondamentale importanza per la salute del genere umano e la prosperità dell’economia globale.
Adattamento climatico e tutela del territorio
La Campagna Sbilanciamoci! ritiene che la proposta di Legge di Bilancio 2025-2027 mostri non solo un totale disinteresse verso la crisi climatica, ma, incredibilmente, contribuisca ad alimentarla con misure regressive in campo ambientale. Non solo non si investe sulla prevenzione, ma la maggioranza delle voci inerenti alla salvaguardia delle risorse naturali (es. suolo, aria, risorse idriche, dissesto, ricerca) sono oggetto di tagli.
Il già magro bilancio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica si assottiglia ulteriormente: rispetto alla Legge di Bilancio 2024 è previsto un taglio nel 2025 di 346,9 milioni (pari a -9,4%), nel 2026 un taglio di altri 42,9 milioni e nel 2027 un più pesante taglio di 982,2 milioni. L’incidenza percentuale dei finanziamenti assegnati al Ministero sulle spese finali dello Stato passa dal già misero 0,4% del 2024 allo 0,3% del 2027. La voce dedicata alla Tutela e gestione delle risorse idriche e prevenzione del rischio idrogeologico, fatte salve le spese per il personale, subisce un ulteriore taglio nel triennio 2025-2027 di 179 milioni di euro. Rispetto alle previsioni inserite nella Legge di Bilancio 2024, le risorse previste nel 2027 saranno il 52% in meno, ovvero meno della metà. In Europa nel 2021 gli eventi metereologici estremi hanno causato 43,2 miliardi di euro di danni, in aumento esponenziale rispetto agli anni precedenti. Si stima che dal 2013 al 2019 il danno economico provocato da frane e alluvioni in Italia sia stato pari a 20,3 miliardi, per una media di quasi 3 miliardi l’anno, mentre nel 2023 l’alluvione di maggio in Emilia-Romagna, da sola, ha causato danni stimati di circa 9 miliardi. È un fatto oramai conclamato che la regione mediterranea sia tra i luoghi più vulnerabili al cambiamento climatico e l’aumento della temperatura delle acque marine è persino più veloce della media globale degli oceani.
A dicembre 2023 è stato approvato il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Pnacc), in cui sono previste 361 azioni che hanno bisogno di risorse economiche per essere realizzate. Per questo, occorre finanziare subito, a partire da questa Legge di Bilancio, sia la transizione energetica sia il Pnacc, perché i costi dei danni causati dal cambiamento climatico sarebbero decisamente superiori a qualsiasi investimento sul buon adattamento: se infatti fino a 10 anni fa la media annua dei danni era di circa 3 miliardi, oggi questi sono più che triplicati con una tendenza che non accenna a diminuire.
Investire in prevenzione e adattamento salva vite umane, conviene per le casse dello Stato e rappresenta una formidabile leva economica.
Grandi opere
Nel Disegno di Legge di Bilancio 2025-2027 rimane invariato lo stanziamento previsto negli anni 2024-2032 di 11,630 miliardi per il Ponte sullo Stretto di Messina.
In una stagione di scarsità di risorse, tagli e mancati investimenti per la prevenzione, tagli alla mobilità pubblica e sostenibile (parco rotabile, bus, piste ciclabili), tagli alla rigenerazione e all’innovazione industriale (si veda la pesante decurtazione al Fondo per la rigenerazione della filiera dell’automotive), si insiste caparbiamente nel destinare importanti risorse pubbliche a un’opera fallimentare. Agli oltre 780 milioni stanziati e spesi nel 2024, si confermano gli stanziamenti di 1.035 milioni per il 2025, di 1.300 milioni per il 2026, di 1.780 milioni per il 2027 e così negli anni seguenti. Con il decreto-legge n. 89 del 29 giugno 2024 si è stabilito che il Ponte verrà realizzato attraverso “fasi costruttive” non meglio definite e in assenza di una progettazione esecutiva, per cui i tempi rimangono indefiniti e i costi di realizzazione fuori controllo. Si sta procedendo, nonostante manchi ancora il parere del Comitato Interministeriale per la Programmazione economica e lo Sviluppo sostenibile. Associazioni e comitati hanno elaborato peraltro numerosi dossier, evidenziando il pericolo sismico e i danni ambientali, paesaggistici, naturalistici e sociali annessi alla realizzazione dell’opera. Infine, occorre ricordare che gli espropri legati alla costruzione del Ponte coinvolgono quasi 3mila imprese e 450 nuclei familiari: cittadini costretti a lasciare da un giorno all’altro le proprie abitazioni, senza la certezza dell’effettiva concretizzazione dell’infrastruttura. A fronte di tale situazione, si rischia di sprecare ulteriori risorse pubbliche per aprire cantieri incompiuti.
La scure dei tagli quest’anno si abbatte pesantemente anche sui trasferimenti alle Regioni e ai Comuni, definanziando opere piccole e medie (articolo 104), tra cui la messa in sicurezza dei territori, la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico, la rigenerazione urbana, e il sostegno alla progettazione utile per accedere ai bandi. L’ANCI stima una riduzione di circa il 20-30% degli investimenti nel prossimo quinquennio. (…).
Zootecnia e agroecologia
Il settore zootecnico richiede una grande quantità di risorse naturali (due terzi dei terreni agricoli europei sono destinati all’alimentazione animale) e produce pesanti impatti sull’ambiente, nonché grandi quantità di sostanze inquinanti, con gravi ripercussioni sulla salute umana.
Gli impatti degli allevamenti intensivi, soprattutto nelle zone in cui queste attività sono più concentrate, come la Pianura Padana, sono ormai ampiamente documentati e riguardano principalmente le emissioni di ammoniaca (NH3) e il conseguente inquinamento da polveri fini (PM 2,5), responsabili ogni anno di migliaia di morti premature in Italia. Le grandi quantità di azoto prodotto rappresentano inoltre un problema per l’inquinamento del suolo e dei corpi idrici, soprattutto nelle regioni ad alta densità zootecnica. (…).
Al fine di tutelare l’ambiente, la salute umana e anche il benessere degli animali, la Campagna Sbilanciamoci! propone di avviare un percorso di transizione in chiave agroecologica della zootecnia attraverso l’istituzione di un “Fondo per la riconversione agroecologica della filiera zootecnica intensiva”, con una dotazione di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2027, destinato alla concessione di incentivi economici finalizzati a interventi tecnici, strutturali e relativi all’innovazione e alla ricerca, destinati alle aziende che attuano pratiche sostenibili contribuendo al conseguimento degli obiettivi internazionali ed europei quali la tutela della biodiversità e la circolarità di prodotti, risorse e nutrienti. (…).
Cancellazione dei SAD e Fondo per l’eliminazione dei combustibili fossili
Sbilanciamoci! propone l’introduzione e la dotazione di un “Fondo per il percorso di eliminazione dei combustibili fossili” pensato per promuovere la produzione energetica da fonti rinnovabili, un trasporto pubblico locale completamente elettrico, la riconversione ecologica dell’economia e la giusta transizione. Il Fondo andrebbe finanziato attraverso l’eliminazione del 50% annuo dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (Sad) destinati alle fonti fossili, con un risparmio pari a circa 7 miliardi, e la destinazione del 50% delle risorse rinvenienti dalle aste Emission Trading System (Ets), calcolabili in 3 miliardi. Il Fondo escluderebbe categoricamente qualsiasi investimento in tecnologie ancora non disponibili e inadatte ad accelerare la transizione, compresi nucleare a fissione e a fusione, cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (Ccs), tecnologie legate al consumo di combustibili fossili, tra cui il gas naturale e altre tecnologie non finalizzate alle fonti rinnovabili o a emissioni tendenti allo zero. (…).
Sbilanciamoci! propone di istituire presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica un “Fondo per il ripristino della natura”, con una dotazione iniziale di 1 miliardo a decorrere dall’anno 2025 e fino al 2036. Il Fondo inoltre concorrerebbe anche al raggiungimento degli obiettivi della Strategia Nazionale per la Biodiversità 2030.
Sbilanciamoci! propone di istituire un “Fondo nazionale di adattamento al cambiamento climatico” per finanziare il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (Pnacc) con una dotazione di almeno 10 miliardi di euro, a partire da uno stanziamento di 800 milioni di euro dal 2025. (…).
*Foto presa dalla pagina Facebook della Campagna Sbilanciamoci, immagine originale
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