
Juan Luis Cipriani: cardinale dell’Opus Dei ridotto a metà
Tratto da: Adista Notizie n° 5 del 08/02/2025
42123 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Lo scoop è del quotidiano spagnolo El País. Il 25 gennaio scrive che il vescovo membro dell’Opus Dei Juan Luis Cipriani – cardinale su nomina di Giovanni Paolo II e arcivescovo di Lima dal 1999 – ormai settantacinquenne, nel 2019, in coincidenza con il termine dell’incarico episcopale, è stato punito da papa Francesco perché accusato di abuso sessuale su un minore. È stato obbligato a lasciare il Perù, a non indossare abiti e simboli cardinalizi, presumibilmente a non partecipare a un futuro conclave, e a non rilasciare dichiarazioni pubbliche. Non c'è stato alcun processo canonico, precisa il giornale, solo provvedimenti, che sono stati «accettati dal cardinale» ma non sempre rispettati. Cipriani non si è infatti peritato di tornare in Perù e «con grande rilievo: il 7 gennaio ha ricevuto dal sindaco di Lima, Rafael López Aliaga, anch'egli membro dell'Opus Dei, la medaglia dell'Ordine del Merito nel grado di Gran Croce, il massimo riconoscimento del consiglio comunale della capitale peruviana». Le foto testimoniano tuttavia che «indossa l'abito talare, senza alcun simbolo cardinalizio».
È vero che Cipriani aveva presentato la sua lettera di dimissioni per pensionamento. Ma se il papa le ha accettate subito (cosa piuttosto rara, considerando l’importanza della diocesi e il lungo mandato) è perché un minore, oggi 58enne, nel 2018 in una lettera al Papa aveva denunciato di aver ricevuto toccamenti, carezze e baci nel 1983, quando aveva tra i 16 e i17 anni. La stessa vittima ha raccontato la sua storia a El País, che poi ne ha ricevuto «conferma da fonti ecclesiastiche di Lima» e da chi ha consegnato la lettera nelle mani del pontefice, ovvero Juan Carlos Cruz, membro della Pontificia Commissione vaticana per la tutela dei minori e sopravvissuto ad abusi in Cile, che ha conosciuto personalmente la vittima. Aggiunge il quotidiano che «l'ufficio stampa vaticano, interpellato sulla questione, ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni».
Vero, vero!
Ma stavolta il consueto silenzio vaticano è durato poco più di 24 ore: il 26 gennaio, sul sito Vatican News compare la notizia che il direttore della Sala Stampa, Matteo Bruni, conferma quanto messo in luce dal quotidiano e dichiara che, «dopo l’accettazione della sua rinuncia da arcivescovo di Lima», al cardinale «è stato imposto un precetto penale con alcune misure disciplinari relative alla sua attività pubblica, al luogo di residenza e all’uso delle insegne». Dunque «esistono e sono ancora valide e vigenti le misure disciplinari» nei confronti del «porporato dell’Opus Dei», che le «firmate e accettate». Il motivo, precisa il sito vaticano, è nelle «accuse presentate alla Santa Sede nel 2018, riferite ad abusi che Cipriani avrebbe commesso a inizio anni ’80. Accuse che hanno portato a una serie di sanzioni, tra cui l’obbligo di lasciare il suo Paese natale».
L’Opus Dei sapeva
Il papa è intervenuto con determinazione, perché «non era la prima volta – sostiene il quotidiano – che c'erano accuse di questo tipo nei confronti di Cipriani, indicano le stesse fonti: almeno una era già stata presentata nel 2002, senza esito». Ma il racconto della vittima «rivela un'altra cosa: sostiene di aver raccontato all'Opus Dei gli abusi nel 1983, quando li subì. Vale a dire che, secondo il suo racconto, quando nel 2019 il papa ha costretto Cipriani a ritirarsi, l'Opera era già a conoscenza delle accuse di abusi nei suoi confronti da almeno 35 anni. L'Opus Dei dice di non avere alcuna traccia nemmeno di questa accusa, “non c'è nulla di documentato”». Scontato: Cipriani è stato nominato vicario dell'Opus Dei in Perù nel 1986, la massima autorità dell'Opus Dei nel Paese; nel 1988 è stato vescovo ausiliare di Ayacucho, e arcivescovo nel 1995, fino alla nomina ad arcivescovo di Lima nel 1999». L’Opus Dei è stata una potenza in Perù, come anche Sodalizio (Sodalitium Chrstianae Vitae, ispirato alla Falange spagnola), due gambe dello stesso potere della destra cattolica finanziaria ed economica del Paese (v. notizia seguente).
Cipriani: “Il papa mi ha dato il permesso”
Più veloce del Vaticano a reagire alle notizie di El País è stato proprio Cipriani, che lo stesso giorno invia al giornale una lettera che chiude protestando la sua più «completa innocenza». «I fatti che descrivono sono totalmente falsi. Non ho commesso nessun delitto né ho abusato sessualmente di nessuno nel 1983, né prima, né dopo», afferma. «Nell’agosto del 2018 sono stato informato di una denuncia che non mi è stata inviata. Dopo, senza essere stato ascoltato, senza aver saputo di più e senza che si aprisse alcun processo, il 18 dicembre 2019 il nunzio apostolico mi ha comunicato verbalmente che la Congregazione per la Dottrina della Fede mi aveva imposto una serie di pene», racconta. Per poi rivelare che «il 4 febbraio del 2020 ho avuto un’udienza con papa Francesco e il Santo Padre mi ha permesso di riprendere i miei compiti pastorali», come dimostra «la mia ampia attività pastorale durante questi anni». Affermazione che risulterebbe falsa, stando al direttore della Sala stampa vaticana, Bruni, che il giorno dopo ha detto: «esistono e sono ancora valide e vigenti le misure disciplinari».
«Risulta grave», chiude Cipriani, «che si pubblichino in modo parziale informazioni che sembrano provenire da documentazione riservata dalla Santa Sede e che non è neanche in mio possesso». «Per disgrazia – aggiunge – non è la prima volta che si accusa falsamente un cardinale, con storie piene di dettagli scabrosi».
Card. Castillo: “Basta negare la verità”
È del 28 gennaio, invece, la lettera «al Popolo di Dio» dell’arcivescovo di Lima, successore di Cipriani, primate del Perù e cardinale da un paio di mesi, Carlos Castillo. Scrive in merito «alle dichiarazioni del direttore dell’ufficio stampa del Vaticano, Matteo Bruni, diffuse domenica 26 gennaio mediante il portale della Santa Sede Vatican News», ma senza mai fare il nome del suo predecessore. Questi è decisamente il destinatario principale del richiamo alla verità, ma non il solo. Castillo si riferisce anche a tutti gli accusati dell'altro grande scandalo di pedofilia, il Sodalizio, Società di Vita Apostolica appena sciolta dal papa (v. Adista Notizie n. 4/25).
Gran parte della lettera è di forte solidarietà alle vittime di abusi per «l’immenso dolore e la sofferenza che sperimentano» e di profonda gratitudine a papa Francesco per «l’enorme e defatigante lavoro» messo in campo «per prevenire, indagare e sanzionare i delitti di abuso di coscienza, spirituale, sessuale e di potere all’interno della Chiesa».
E poi l’affondo: «Dato che negli ultimi mesi, dopo serie e precise indagini, esistono persone e istituzioni che si negano a riconoscere la verità dei fatti e le decisioni prese dalla Santa Sede, convochiamo tutti a rinsavire mediante un cammino di conversione che implica abbandonare le vane giustificazioni, l’ostinazione e il rifiuto della verità, che, quando è accettata umilmente, ci rende tutti liberi. Solo questo ci porterà a superare la tragedia che vive al nostra Chiesa, specialmente le vittime e anche gli aggressori».
Infine il cardinale di Lima ringrazia i giornalisti per il «positivo lavoro» con il quale «hanno collaborato alla protezione delle vittime». Non fa nomi, ma sappiamo che, pur fra vari, in particolare si sta riferendo a Paola Ugaz e a Pedro Salinas: sono stati gli iniziatori (con il libro del 2015 Mitad monjes, mitad soldados, Metà monaci, metà soldati) e gli accompagnatori delle indagini che hanno inchiodato i membri abusatori di Sodalizio, informando puntualmente in tutti questi anni, affrontando minacce e denunce e rischiando talvolta la vita.
I ricordi della vittima
È il sopravvissuto a raccontare con poche parole quali “attenzioni” gli avrebbe usato Cipriani nel 1983: «Mi sono confessato con lui ogni settimana o due settimane per più di un anno. Erano confessioni molto dure», racconta nella lettera inviata al papa. «Ero inginocchiato davanti a lui, tra le sue gambe. Quando mi aveva completamente demolito, mi abbracciava emotivamente. Erano abbracci lunghi e scomodi. Poi si allontanava dall'abbraccio per mettere la mano sotto la mia polo, lungo la schiena e la accarezzava a lungo. E alzando la giacca della tuta mi strofinava le natiche e mi diceva “questi prosciutti!”. Tutto questo era molto scomodo. Mettevo le mani tra me e lui per evitare che andasse oltre». Durante ogni confessione, erano «baci sul viso, ripetuti. Mi stringeva forte contro il suo corpo. Non sentivo nulla, ma suppongo che a causa della posizione del suo corpo facesse urtare i suoi genitali contro il mio petto. Quando i baci cominciarono ad avvicinarsi agli angoli delle mie labbra, il mio rifiuto fu immediato».
Il sopravvissuto riferisce, parlando con El País, che l'invio della lettera è diventato presto noto all'interno dell'Opus Dei, e Cipriani e il suo entourage hanno iniziato a muoversi per cercare di fermare il processo. «Sostiene di essere stato molestato da conoscenti e familiari legati all'Opus Dei per fargli ritrattare la lettera. Un vescovo peruviano dell'Opus, secondo i messaggi WhatApp a cui questo giornale ha avuto accesso, gli ha proposto di scrivere insieme una lettera in cui smentiva la precedente. El País ha avuto accesso a più di 60 pagine con i messaggi che questa persona ha ricevuto dal 2018 al 2022 per telefono e via e-mail. Messaggi con insulti e minacce di denunce e di pubblicare il suo nome sulla stampa (…) e di pensare al danno che avrebbe arrecato alla sua famiglia».
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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