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Sette e movimenti ecclesiali: un parallelismo

Sette e movimenti ecclesiali: un parallelismo

Tratto da: Adista Documenti n° 10 del 15/03/2025

Qui l'introduzione a questo testo. 

Congregazioni religiose e movimenti ecclesiali nascono da specifici carismi provenienti dall’ispirazione di mistici fondatori che hanno saputo interpretare il soffio dello Spirito Santo per incarnare l’opera di Dio nella storia per il bene della Chiesa e dell’umanità.

Secondo l’interpretazione della dottrina della Chiesa, il progetto di Dio per il mondo si realizza attraverso il popolo di Dio nella comunione ecclesiale, in cui si delineano diverse specificità chiamate carismi. «[…] I carismi sono grazie dello Spirito Santo che, direttamente o indirettamente, hanno un'utilità ecclesiale, ordinati come sono all'edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 799).

Il popolo di Dio viene quindi arricchito da carismi che rispondono all’esigenza dei tempi, attraverso l’esperienza spirituale e apostolica dei loro fondatori a servizio del mondo e della Chiesa.

La teologia sui carismi prende avvio dall’interpretazione paolina del carisma come dono dello Spirito Santo alla sua Chiesa. Nella prima lettera ai Corinzi Paolo di Tarso dichiara che «vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito»(1 Cor 12,4).

Tuttavia le intuizioni mistiche di molti fondatori, ben lungi dall’essere espressione dei principi evangelici, portano in sé il rischio di confondere il disegno di Dio con la creatività soggettiva o peggio con le brame velleitarie di individualità narcisistiche con conseguente inganno degli adepti.

Le narrazioni agiografiche che esaltano la personalità dei fondatori hanno causato una percezione alterata della reale natura del carisma, causando nei fedeli e nella Chiesa esaltazioni psicologiche delle condotte di vita proposte dalle nuove comunità ecclesiali. All’entusiastica valorizzazione di queste comunità e movimenti da parte della Chiesa, attraverso l’approvazione dei loro statuti, non è seguito un opportuno monitoraggio nella gestione della vita comunitaria e pastorale.

Si sono così sviluppati stili di vita che, pur nell’intenzione di testimoniare l’autenticità del messaggio di Dio, hanno incarnato in modo distorto i valori evangelici, con interpretazioni teologiche e morali poco ortodosse.

Dai contenuti dei principi originari si definisce nel tempo una spiritualità che, pur essendone patrimonio diretto, con l’andare del tempo non corrisponde più al valore ideale che discende dal carisma, ma si trasforma in molti casi in impianto dogmatico sterile che perde di vista il vero significato della vocazione a cui il carisma è orientato.

Di fronte al fiorire di movimenti e nuove comunità, che favoriscono l’adesione di molti alla vita di fede, la Chiesa tende a riconoscerne l’identità carismatica con la conseguente esigenza di approvarne la missione evangelizzatrice, ma senza approfondirne adeguatamente gli aspetti principali e le ricadute sul piano sociale e psicologico.

L’interpretazione controversa del messaggio evangelico in chiave personalistica e autoreferenziale, porta a trasformare l’ideale in ideologia, in cui il potere decisionale è concentrato nel fondatore o nei vertici, l’istituzione viene posta prima della persona e del bene individuale, il sistema dogmatico è accettato da tutti gli aderenti incondizionatamente e i processi deliberativi non sono democratici.

La raccolta delle testimonianze degli aderenti ha permesso di individuare nei percorsi spirituali delle congregazioni religiose e dei movimenti ecclesiali molteplici elementi comuni nelle condotte di vita, caratterizzate da manipolazione psicologica, sfruttamento e abusi che denotano pertanto la presenza di derive settarie.

La Chiesa rifiuta la qualifica di settarismo, mettendo in evidenza che l’esperienza religiosa è caratterizzata da un cammino di discernimento e di libera adesione alle proposte di fede e che la radicalità nel vivere il vangelo porta il fedele ad accettare liberamente anche comportamenti rigorosi perché orientati alla santificazione e alla realizzazione del progetto di Dio che si realizza tramite il carisma. Pertanto le situazioni di abuso riscontrate nella vita religiosa sarebbero attribuibili a singoli comportamenti devianti contrari alla logica del Vangelo e alla Regola.

Tuttavia il racconto di moltissimi fuoriusciti evidenza invece che è la stessa struttura carismatica della Regola delle opere religiose a essere connaturata di elementi controversi, di natura settaria, a cui il comportamento degli aderenti si uniforma.

Poiché il termine setta si riferisce a organizzazioni di carattere religioso, che affermano propri principi e insegnamenti, distanziandosi dalle religioni ufficiali o dal contesto sociale di riferimento, le esperienze delle congregazioni religiose e dei movimenti carismatici, approvati e riconosciuti dalla Chiesa cattolica, non possono essere connotati come “sette”, ma è possibile rinvenire nei loro percorsi spirituali dei tratti settari che ne caratterizzano le condotte di vita.

Molti fuoriusciti raccontano particolari inquietanti rispetto alla vita vissuta all’interno delle comunità ecclesiali di appartenenza, che propongono valori condivisibili dal punto di vista umanitario e cristiano, ma che all’interno vengono realizzati in modo non conforme a quanto proclamato.

Non è possibile offrire statistiche che rispecchino i reali numeri di fuoriusciti né raccogliere tutte le prospettive di chi, ancora all’interno, vive situazioni di disagio, perché è presente una forte reticenza a parlare causata sia dal timore di contrapporsi al sistema costituito sia dalla convinzione che il problema risieda nel singolo e non nella struttura dell’organizzazione.

I fuoriusciti tuttavia raccontano di essere testimoni di molte criticità che hanno causato centinaia di allontanamenti che sono tuttavia tenuti nascosti al gruppo e all’opinione pubblica. Il fatto che non sia possibile trovare riscontro nella voce dei seguaci e dei vertici di queste comunità ecclesiali non rende meno credibile il racconto dei fuoriusciti.

L’analisi proposta, che si basa esclusivamente sulle testimonianze, raccolte e pubblicate, di chi ha scelto di dissociarsi, intende perlustrare gli aspetti problematici e critici delle realtà ecclesiali, per arrivare a costruire un quadro completo delle strutture analizzate e per permettere di sviluppare un pensiero critico per chi si avvicina a queste esperienze religiose.

Tra gli elementi comuni di criticità raccolti sono stati individuati quelli che denotano derive settarie e situazioni di abuso e prevaricazione.

Ruolo del leader carismatico

Sia le congregazioni religiose che i nuovi movimenti ecclesiali si caratterizzano per l’esistenza di un fondatore e leader carismatico, che ha ricevuto rivelazioni mistiche, elargite, per suo tramite, alla Chiesa e all’umanità.

Alcuni sono ancora in vita, altri, scomparsi e magari dichiarati santi o beati, sono rimasti come riferimento costante nell’impostazione valoriale del gruppo.

Il leader normalmente presenta una personalità molto forte e costruisce un sistema di regole, che procedono solo dalle sue intuizioni, proposte come totalitarie.

Mentre negli studi sulle sette emerge che il leader spesso ha una personalità enigmatica, intenzionalmente manipolativa, patologicamente squilibrata a causa di problematiche personali, nel caso dei gruppi religiosi riconosciuti dalla Chiesa cattolica, i leader sono sedicenti ambasciatori di Dio, per lo più in buona fede, ma con una percezione in molti casi distorta delle pratiche religiose rispetto al sistema di regole sociali del contesto di riferimento.

Da parte degli aderenti l’atteggiamento nei confronti del fondatore è di totale devozione, più spesso di idolatria, al punto da porre un’enfasi eccessiva sulla sua persona e da esaltare ogni suo comportamento o messaggio come profetico.

Le rivelazioni, spesso tenute segrete e rivelate solo man mano che si procede nel percorso iniziatico del cammino spirituale, sono considerate dagli aderenti messaggi divini di cui egli dice di porsi umilmente come intermediario.

Si impone l’obbligo agli aderenti di leggere e meditare solo sui testi del fondatore, di pregare servendosi delle sue parole, di escludere ogni proposta spirituale e organizzativa che non proceda direttamente da lui o dai vertici che sono una di lui emanazione.

Nel momento in cui giunge alla mente del fondatore un’intuizione, viene spontaneo chiedersi quale possa essere il confine tra rivelazione mistica e interpretazione personalista o narcisista. La struttura organizzativa e la leadership sono necessarie in qualsiasi formazione sociale, per raggiungere i fini che essa si pone, ma è importante che sia presente un costante monitoraggio degli stessi per garantire il rispetto delle norme sociali e giuridiche.

Poiché la Chiesa ha approvato gli statuti di congregazioni e movimenti, ora non si tratta di sospettare aprioristicamente della buona fede di questi leader o di mettere in dubbio l’impianto spirituale della comunità, ma piuttosto di porre l’accento sul mancato controllo di come i valori ideali siano stati incarnati nella vita concreta e nelle dinamiche relazionali dei membri.

Il problema pertanto non sta nella leadership, tipica di tutti i gruppi organizzati, ma nel presentare il messaggio carismatico come assoluto, ponendo l’istituzione prima della persona e ritenendo che il “fine giustifichi i mezzi”.

Love bombing e proselitismo

Negli studi dei fenomeni delle sette si mette in evidenza che il love bombing, come tecnica di adescamento degli adepti, che elargisce attenzioni e permette all’individuo di sentirsi accettato nel gruppo come parte integrante della comunità, fa leva sulle fragilità e sul bisogno di attenzione. Nelle comunità religiose della chiesa cattolica invece sembra che si faccia leva sul bisogno di trascendenza tipico di tutti gli esseri umani e sulle dinamiche emotive come il bisogno di appartenenza, lo slancio verso grandi ideali religiosi o umanitari, il sentimento di affetto tipico delle relazioni amicali e familiari.

Il love bombing si concretizza in eventi suggestivi, musica o canti coinvolgenti, incontri spirituali che toccano le corde emotive, concerti, apparizioni o manifestazioni dello spirito santo, esercizi spirituali, preghiere autosuggestive, messe cantate e animate con danze e simboli, eventi per giovani e bambini, progetti educativi e umanitari.

In tutti questi momenti si mette in evidenza il valore trascendentale dell’esperienza, per cui i partecipanti hanno la sensazione che tutto ciò che avviene durante le proposte spirituali e tutto il tempo dedicato a diffondere il messaggio del carisma concorrano a conquistare il paradiso o a costruire il regno di Dio sulla terra.

Si crea così una sorta di ipnosi collettiva che porta poi ad accettare completamente e incondizionatamente l’impianto normativo e dogmatico del gruppo di riferimento.

La spinta quindi a conquistare anime all’ideale dei vari movimenti e congregazioni diventa consequenziale all’idea di far scoprire a tutti il vangelo in un’azione di sfrenato proselitismo, che tuttavia spesso è più orientato a fare numeri eclatanti che a comprendere veramente se nell’anima dei seguaci si sia realizzato un progetto di felicità e di benessere.

Dalle testimonianze è emerso che in alcune realtà i numeri sono addirittura ingigantiti per permettere di mantenere l’immagine dell’organizzazione, mettendo in evidenza sempre e solo gli aspetti positivi.

Si fa leva sulla dimensione emotiva dei fedeli, come la speranza di vita e salvezza eterna, l’appartenenza affettiva a un gruppo di riferimento, il bisogno di essere validi e utili all’interno di un progetto, la ricerca di un senso, la sete di risposte a eventi inspiegabili della vita.

Chi si sente oggetto di queste attenzioni è portato a idealizzare tutto quello che gli viene proposto fino al punto da ritrovarsi in una bolla spirituale. A questo punto le strade, secondo le testimonianze, sono due: la bolla può scoppiare di fronte alla presa di coscienza delle gravi criticità che i vari cammini spirituali presentano e si verifica il momento della crisi che può rivelarsi particolarmente traumatico, quando non si è in grado di rielaborare in modo obiettivo il problema a causa delle reticenze dei vertici o della comunità ad accogliere le critiche o le difficoltà degli aderenti; si resta nella bolla, accettando passivamente tutto ciò che viene proposto o convincendosi che non esistono criticità, perché il carisma procede da Dio.

Questa modalità di azione ossessiva di proselitismo porta a distorcere la realtà in una finzione spirituale che nega la dimensione umana degli individui.

Manipolazione mentale e dipendenza psicologica

Dopo la fase di conquista, si passa a quella del controllo e della coercizione psicologica.

Tutte le esperienze raccolte raccontano che si esercita sui membri un forte condizionamento psicologico e spirituale, orientato a indurre un atteggiamento di docilità e sottomissione fino alla passività. Non si possono discutere le regole, non si possono esprimere idee né proposte proprie, ma solo obbedire alle indicazioni dei superiori perché sono espressione della volontà di Dio in virtù della cosiddetta “grazia di stato”1.

L’impossibilità di esprimere riflessioni personali e di dedicarsi ad attività diverse da quelle stabilite dalle decisioni dei superiori o dalle attività previste negli schemi dell’Opera, blocca la possibilità di autodeterminazione degli individui.

Si realizza quello che viene definito “rinforzo intermittente”, ovvero l’alternanza di benessere e sofferenza in una relazione di abuso psicologico.

La paura dell’abbandono e il senso di colpa mantengono i membri dipendenti dalla comunità o dai superiori, senza la possibilità di costruirsi un percorso autonomo di scelte e di crescita equilibrata.

Il legame con la comunità viene supportato dall’alimentazione della paura di essere giudicati, di pensare in modo autonomo, di abbandonare l’opera, da una visione positiva della vita, che impedisce di accogliere difficoltà e fallimenti e dall’utopia della santità come perfezionismo.

La manipolazione delle coscienze e l’ingerenza eccessiva nell’intimità del singolo, come bisogno di controllo, porta all’usurpazione del ruolo di Dio.

Come nella “Sindrome di Stoccolma”: l’individuo resta intrappolato nella situazione abusante per il legame di affetto e il senso di protezione, che lo spinge a mantenere un rapporto di lealtà, arrivando, in una sorta di inganno mentale, al convincimento che la strada scelta è positiva per la sua vita, oppure vive situazioni di abbandono e prevaricazione, che lo allontanano dal mondo esterno e generano vissuti di ansia e disturbi depressivi.

Viene controllata la sessualità senza un percorso di educazione all’affettività appropriato sia per chi abbraccia la scelta di consacrazione sia per giovani e famiglie; ciò impedisce di fronteggiare in modo equilibrato le relazioni nel rispetto della propria specificità e dell’altro. Vengono imposti i dogmi della Chiesa cattolica ai consacrati, anche sposati, sul valore della sessualità o della fertilità, per esempio il divieto di aborto anche in situazioni di rischio per la donna, ma senza una valutazione personale all’interno di consapevoli percorsi di discernimento.

Sono presenti discriminazioni contro persone LGBTQIA+ con l’uso indiscriminato di metodi pseudo-scientifici per “curare” i diversi orientamenti sessuali o interferenze nelle scelte personali affettive, anche con matrimoni combinati.

In alcuni casi è emerso che anche la scelta di consacrazione non sempre è libera, ma viene indotta attraverso un indottrinamento costante con l’intento di incrementare le file dell’Opera.

Poiché si viene bombardati da altisonanti promesse spirituali, come la pienezza della gioia, la costruzione del Regno di Dio, la remissione di tutti i peccati, si è maggiormente soggetti a farsi confondere e a prendere decisioni solamente in base alla spinta emozionale.

In caso di difficoltà emotive o fisiche, che impediscono di seguire la vita rigorosa della comunità, le persone vengono allontanate o isolate, a volte in centri di spiritualità specifici con imposizione di cure farmacologiche, per fronteggiare problemi di depressione, senza tuttavia coglierne la reale essenza e le reali cause. Sono stati documentati istinti suicidari e suicidi indotti da una vita nevrotica, a causa di una gestione poco equilibrata delle difficoltà emotive.

Le contrapposizioni alle regole stabilite vengono considerate opera del Maligno, convincendo chi le avanza a essere causa del problema segnalato.

Molte testimonianze hanno rilevato anche il divieto di libera corrispondenza e la censura di libri e mezzi di comunicazione, come televisione, internet, giornali, il divieto di gestione autonoma del denaro, l’imposizione di scelte professionali decise dall’alto, senza tenere conto del titolo di studi conseguito o dei desideri personali.

Questa dinamica di manipolazione trova terreno fertile nei percorsi di direzione spirituale in cui il sacerdote o il superiore, per nulla preparati professionalmente e spesso anche spiritualmente a questo ruolo, si pongono come profeti della volontà di Dio senza possibilità di esprimere intuizioni interpretative della propria vita.

Un altro strumento che genera dipendenza nelle istituzioni cattoliche per i consacrati è la pronuncia dei voti o degli impegni di obbedienza, povertà e castità.

L’attitudine alla sottomissione e al sacrificio si propaga poi a tutti i livelli di adesione, anche per gli aderenti non consacrati, attraverso pratiche religiose che autoalimentano la dipendenza psicologica.

La prevaricazione, agìta in nome di Dio, ha portato anche ad abusi sessuali nei confronti sia di minori che di religiose.

Struttura gerarchica e organizzazione autoreferenziale

Tutte le esperienze religiose presentano una struttura gerarchica in cui i ruoli sono rigorosamente definiti e rispettati da tutti. Molto spesso l’organizzazione dei ruoli non viene determinata da procedimenti deliberativi democratici, ma stabilita dall’alto. Anche se all’esterno viene proclamata l’intenzione di essere a servizio della Chiesa e l’apertura alla collaborazione con altre realtà ecclesiali, molto spesso si ritiene che il proprio carisma sia l’autentica e l’unica via per arrivare a Dio. I membri, quindi, vengono formati con questa convinzione, attraverso la ripetizione costante dei dogmi, l’indottrinamento e il rifiuto obbligatorio di qualsiasi altra concezione, considerata come eresia da purificare.

L’obbedienza cieca ai superiori, l’obbligo di applicare regole e dogmi in modo asettico, l’ipercontrollo da parte delle autorità sulla vita dei singoli e della comunità, il controllo sociale, l’omogeneità totale, la selezione arbitraria di chi può partecipare alla vita comune e di chi invece è relegato ad attività secondarie determinano una struttura ingessata e autoreferenziale.

L’utilizzo di un linguaggio di tipo gergale, incomprensibile per le persone non appartenenti, pur essendo tipico di realtà sociali aggregative, è un tratto distintivo della chiusura verso l’esterno. La vita della comunità diventa predominante rispetto alla comunità parrocchiale di riferimento, in una prospettiva di autoreferenzialità che impedisce il dialogo con altre esperienze ecclesiali. Per questo motivo i movimenti e le nuove comunità ecclesiali possono essere definite “chiese parallele”2.

Allontanamento dalle relazioni familiari e amicali

Oltre alla destabilizzazione personale causata dall’indottrinamento e dalla coercizione, si determina anche un allontanamento dalla vita sociale e dal contesto familiare degli aderenti (Mt 10, 34-39) che vengono isolati e inghiottiti nel sistema delle opere religiose per donare tutta la loro vita e il loro tempo alla realizzazione del progetto di Dio. Per rimanere puri e preservati dal peccato si diffonde l’idea che i familiari possano distogliere dagli obiettivi della vita religiosa, a meno che non siano anche loro aderenti.

L’isolamento acuisce ancor più l’impossibilità di allontanarsi dal gruppo. Tutto ciò che appartiene al mondo è considerato “peccato” (Gv 15, 18-21); la salvezza è possibile solo all’interno del cammino abbracciato e del gruppo di riferimento con cui condividere la propria vita, lasciandosi alle spalle quella precedente. In molti casi non è possibile parlare agli esterni o ai familiari della struttura dell’opera, se non per fare proselitismo.

Il distacco obbligato dal mondo, dalla famiglia, dagli amici, l’obbligo di rompere ogni legame precedente, il divieto di scegliere le proprie amicizie, di avere contatti esterni, genera nei membri una destabilizzazione psicologica e un’incapacità a gestire le relazioni umane diverse da quelle del gruppo di riferimento. I fuoriusciti raccontano di crisi personali causate dalla mancanza di maturità nei rapporti affettivi con conseguenti rischi sociali rilevanti. Vengono scoraggiate tutte le relazioni amicali esterne e vietata la partecipazione a occasioni di svago, manifestazioni, eventi sociali o di lavoro, se non direttamente autorizzati dai superiori.

Le testimonianze raccontano situazioni in cui non è stato possibile aiutare genitori ammalati, o familiari in difficoltà, anche economicamente, o non è stata concessa la possibilità di tornare a casa per il funerale dei genitori.

Tutto viene riferito alla nuova comunità come famiglia accogliente e unica realtà per raggiungere la santificazione, ma molto spesso questa famiglia si dimostra distante e poco attenta ai bisogni dei propri membri.

Business e potere economico

La dipendenza dal gruppo non è solo psicologica, ma anche economica. Gli aderenti vengono sollecitati a donare denaro, beni e proprietà, che permettono di sostenere le attività, le strutture e l’organizzazione.

La principale fonte di finanziamento di queste comunità infatti sono le donazioni dei membri.

Viene attribuita una notevole importanza al denaro e vengono esercitate forti pressioni per donarlo. I membri consacrati sono quasi sempre obbligati a donare il proprio stipendio.

In occasione dei voti perpetui in moltissimi casi si chiede di fare testamento per il lascito di tutti i propri beni all’Opera o a strutture a essa collegate.

Molti aderenti, soprattutto consacrati, prestano la loro attività lavorativa per le strutture dell’associazione in una condizione di sfruttamento, a volte di schiavismo, senza retribuzioni e senza previdenza sociale né copertura per gli infortuni.

Nonostante i valori proclamati di povertà si riscontrano situazioni in cui da una parte gli aderenti non possono sostenere nessuna spesa senza autorizzazione, dall’altra i superiori o i membri ai vertici dell’Opera assumono uno stile di vita che prevede privilegi, come spese di lusso, libertà di muoversi e di decidere autonomamente sulla propria vita, possibilità di fare vacanze e di utilizzare beni costosi. Le risorse raccolte non sono rivolte ai benefici del singolo, ma del gruppo. Inoltre non sempre sono utilizzate per i bisogni umanitari o ecclesiali, ma restano nelle casse dell’Opera.

Nonostante venga sollecitata la donazione totale dei beni personali all’Opera, i membri non hanno voce in capitolo sull’utilizzo, e non possono valutarne la destinazione e l’impiego in modo trasparente, perché in molti casi non sono previsti rendicontazioni o bilanci pubblici né approvati con procedimenti deliberativi assembleari.

La gestione dei centri, che svolgono attività commerciali, non sempre rispetta le regole previste dall’ordinamento giuridico, come la corrispondenza dello scontrino fiscale, il pagamento delle imposte, un regolare scambio di denaro tra la struttura e gli utenti/clienti.

In caso di fuoriuscita dall’Opera, nella maggior parte dei casi non è previsto un sostegno economico e questo porta al rischio di indigenza, per il fatto di non avere un reddito proprio poiché si sono donati stipendi e beni durante la permanenza. Le regole e gli statuti non prevedono infatti una modalità specifica di aiuto, il cui ammontare viene lasciato alla valutazione discrezionale dei superiori.

In questi casi la debolezza economica impedisce di uscire dalla comunità e porta ad accettare le prevaricazioni e gli abusi anche in condizione di gravi irregolarità.

Note

1. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2003 – […] doni che lo Spirito concede per associarci alla sua opera, per renderci capaci di cooperare alla salvezza degli altri e alla crescita del corpo di Cristo, la Chiesa); Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2004 - Tra le grazie speciali, è opportuno ricordare le grazie di stato che accompagnano l’esercizio delle responsabilità della vita cristiana e dei ministeri in seno alla Chiesa; Rm 12,6-8 - Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l’insegnamento all’insegnamento; chi l’esortazione all’esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia; Ef 4,11 - È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri per rendere idonei i fratelli a compiere un ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo.

2. Gordon Urquhart, Le armate del papa, Ponte alle grazie, Firenze 1996.

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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