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Ma le armi non ci salveranno. Inchiesta di Famiglia Cristiana sui piani di riarmo dell'Europa

Ma le armi non ci salveranno. Inchiesta di Famiglia Cristiana sui piani di riarmo dell'Europa

ROMA-ADISTA. «Ci salveranno davvero le armi?» è la copertina del settimanale Famiglia Cristiana, in edicola da ieri, che dedica un’ampia inchiesta alla questione delle armi, a partire dal piano Rearm Europe della Commissione europea.

«L’Europa sta esplorando varie piste per il riarmo. La situazione è triste: gli armamenti servono per uccidere e distruggere. Sono costosi, e la tentazione è quella di tagliare i programmi del welfare o gli aiuti allo sviluppo, già sotto grave minaccia. L’aumento della sofferenza dei più poveri non solo offende la dignità umana, ma diminuisce la sicurezza, perché questa sofferenza viene sfruttata dai violenti», scrive René M. Micallef, docente alla Pontificia università Gregoriana.

«Quale riarmo? Non tutte le armi sono uguali. La Chiesa ha ripetutamente condannato l’uso di armi atomiche, biologiche e chimiche (Abc), considerandole strumenti di distruzione indiscriminata e immorale, e sottolineandone i rischi ambientali… Papa Francesco ha duramente criticato anche il possesso: il fatto che esistano questi armenti è una struttura mondiale di peccato, e il disarmo Abc pattuito e multilaterale è un dovere di tutti. Se non lo cerchiamo attivamente con altri manterremo una situazione immorale. Il problema, però, è che il disarmo Abc unilaterale rischia di incoraggiare gli stati vicini espansionisti; l’Ucraina è il caso più emblematico. Il dibattito attuale non è tanto sugli Abc ma sulle armi convenzionali. I paesi dell’Ue spendono tanti soldi nel militare per combattere il terrorismo e per militarizzare le frontiere allontanando rifugiati e migranti. Bisogna investire diversamente?», si chiede il teologo. La risposta: «Come individui cristiani, possiamo scegliere di non resistere alla violenza. Ma siamo anche cittadini, e i nostri Stati hanno la responsabilità, con altri, di proteggere le vittime di genocidio e le gravi violazioni dei diritti umani (Benedetto XVI all’Onu, 2008). Hanno il diritto di difendere sé stessi da aggressioni e di fare alleanze per dissuadere l’aggressione da parte di terzi. Hanno il dovere di rispettare i patti. Per fare tutto questo, normalmente servono le armi convenzionali, magari rese meno letali dalle nuove tecnologie. Per queste armi serve una regolazione multilaterale, ma anche la capacità di farla rispettare. E nel contesto attuale, con il Consiglio di Sicurezza dell’Onu bloccato, serve un discernimento su quali investimenti possono più efficacemente sostenere una pace giusta in un mondo segnato dal peccato».

Nel suo editoriale, Andrea Riccardi sottolinea che la diplomazia in questi anni è stata emarginata e le istituzioni internazionali hanno perso autorità e mette in guardia sull’accordo di pace che si va cercando fra Russia e Ucraina: «Per fare pace, però, ci vuole dialogo. Una pace senza dialogo umilia una parte, quella ucraina, che ha resistito all’attacco russo. Una pace imposta pone le premesse di nuove guerre, come accadde dopo la Prima guerra mondiale. L’Europa deve agire».

Sul piano di riamo dell’Europa, Francesco Vignarca, coordinatore della rete pace e disarmo, ammonisce che «Avremo meno controlli e più ordigni all’estero», e don Renato Sacco, storico esponente del movimento Pax Christi, osserva che «Dietro il progetto di Bruxelles non vedo una politica di peacekeeping, ma solo in business di carrarmati, aerei e cannoni».

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