
1.900 scienziati statunitensi denunciano l'«assalto alla scienza» da parte di Trump
Circa 1.900 scienziati statunitensi di massimo livello, tra cui premi Nobel, hanno reso pubblica una lettera inviata al presidente Trump, chiedendogli di «fermare l'assalto alla scienza degli Stati Uniti». «Abbiamo convinzioni politiche diverse – scrivono –, ma siamo uniti, come ricercatori, nel voler proteggere la ricerca scientifica indipendente. Lanciamo questo SOS per lanciare un chiaro avvertimento: l'attività scientifica del Paese sta per essere decimata».
Della lettera, pubblicata su Scientific American dà notizia su “Scienza in rete” , il 4 aprile, Natalia Milazzo, giornalista specializzata in comunicazione tecnico-scientifica, che commenta: «In più di trent'anni di lavoro nel giornalismo indipendente sulla salute e sui farmaci - non so contare le volte in cui ho consultato, citato, fatto riferimento a contenuti pubblicati dalle agenzie per la salute statunitensi come il National Institutes of Health (NIH), i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), la Food and Drug Administration (FDA). Ora anche queste agenzie subiscono un violento attacco, con una strategia concentrica che unisce a licenziamenti, censure e tagli anche la nomina di personaggi controversi alla loro guida. A partire dal segretario alla salute Robert F. Kennedy. Nel lasciare in questi giorni la FDA, Peter Mark, direttore del Center for Biologics Evaluation and Research, scrive nella sua lettera di dimissioni «it has become clear that truth and transparency are not desired by the Secretary, but rather he wishes subservient confirmation of his misinformation and lies» (è diventato chiaro che la verità e la trasparenza non sono desiderate dal Segretario, ma piuttosto desidera una conferma servile della sua disinformazione e delle sue bugie).
«Mi si stringe il cuore – confessa – al pensiero delle decine di migliaia di lavoratori che si ritrovano improvvisamente per strada, all'umiliazione dei ricercatori, agli studi e ai lavori interrotti. Penso anche agli straordinari risultati della ricerca scientifica in campo medico negli ultimi anni, a come ha cambiato la vita di tante persone ammalate – i primi a venirmi in mente sono i risultati contro l'HIV, l'immunoterapia contro i tumori, il vaccino contro il COVID – e a come si rischia di tornare indietro. Come già si è tornati indietro, dovrei dire, se oggi negli Usa di nuovo ci sono morti per morbillo».
Milazzo fa seguire alla sua riflessione la parte introduttiva di un lungo documentato articolo pubblicato sempre su “Scienza in rete” (“Trump e i suoi primi 60 giorni di assedio alla scienza”) dall’epidemiologo Francesco Barone Adesi.
Questa l’introduzione: «I primi due mesi della presidenza Trump sono stati caratterizzati da una lunga serie di decisioni politiche che hanno conseguenze dirette sulla comunità scientifica, sia statunitense sia internazionale. In particolare, alcuni di questi provvedimenti hanno coinvolto diverse agenzie federali, fondamentali per l’ecosistema della ricerca scientifica mondiale. Istituzioni come i National Institutes of Health (NIH), i Centers for Disease Control (CDC), la Food and Drug Administration (FDA) e la Environmental Protection Agency (EPA) - solo per citarne alcune - hanno un prestigio che va ben oltre i confini nazionali e influenzano profondamente la ricerca mondiale, finanziandola, emanando raccomandazioni che vengono adottate anche altrove, o producendo e custodendo dati e archivi di interesse globale. È possibile riconoscere almeno quattro strategie che sono state utilizzate dall’amministrazione Trump per impedire le normali attività di queste agenzie: blocco di tutte le comunicazioni con l’esterno; licenziamenti di massa a carico del personale; taglio dei finanziamenti delle agenzie federali alle università; nomina di personaggi controversi alla loro guida».
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